What about tonight?

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"Sento che la testa mi scoppierà entro un'ora!"
"Oh, andiamo Mills, stai su! Vedrai che finirà presto! Prendi."
Noah le porse un bicchiere d'acqua e le accarezzò lievemente una guancia: Millie era spesso nervosa in giornate piene come quella, ma lui sapeva bene il vero motivo che si celava dietro la mano della sua migliore amica che picchiettava nervosa sul davanzale o dietro la gamba che non smetteva di ballare.
Ci fu qualche istante di silenzio tra loro, intervallato solo dal rumore delle unghie di lei che tamburellavano sul marmo, poi Millie inspirò profondamente e disse, con un filo di voce:
"E se non riuscissi a vederlo?"
Noah le sorrise, teneramente, e la abbracciò da dietro, cingendole le spalle.
"Andrà tutto bene, Mills. Ci sono qui io. E sono qui apposta! Fidati di me."
"Noah Schnapp, tu sei la mia persona preferita al mondo, te l'ho già detto?"
"Ovvio!"
Risero entrambi, a quel punto, più leggeri e si avviarono a braccetto verso la stanza numero 353, al terzo piano, dove tutto era stato preparato per lo svolgimento delle varie interviste.
Mentre camminavano verso gli ascensori, Millie prese a guardarsi intorno: l'hotel si era gremito di centinaia di persone, tutte avvolte nei loro completi lucidi ed intente a scambiarsi i convenevoli.
Riconobbe molti dei suoi colleghi ed un volto noto o due nel gruppo di giornalisti che saliva e scendeva dalle scale, ma ciò che lei realmente cercava in quel marasma di luci era, in realtà, un'unica luce.
Una luce nascosta sul fondo di due occhi neri e profondi.
La stessa luce che quella notte aveva sognato e che quella mattina l'aveva fatto svegliare serena.
Continuò a scrutare quella folla con gli occhi, senza però trovarla.
-Che cosa ti aspettavi, Millie?-

Finn si fermò a guardare l'imponente facciata del Ritze sentì l'impellente bisogno di correre via, perché iniziava a sentirsicompletamente fuori posto: c'erano decine e decine di persone che salivano lescale ed ovunque i flash dei fotografi, come stelle artificiali, brillavano, catturando i fotogrammi di quella giornata.
Finn strinse un po' più forte le rose al petto, inspirando lievemente il loro profumo, per tentare di infondersi un po' di coraggio, poi furono le sue gambe a fare il resto.
Salì le scale rapidamente, mantenendo lo sguardo basso per tentare di passare il più inosservato possibile e si diresse nella hall, trovando ad aspettarlo una marea di giacche e cravatte, con microfoni al seguito.
-Okay, Finn, va tutto bene, ora ti metti seduto in un angolo e ragioni su cosa far ... -
"Bene, signori, Miss Brown è già di sopra, seguitemi prego."
-O cavolo! Che cosa faccio adesso? Me ne resto qui? O forse non posso ... Oddio!-
Non ebbe il tempo neppure di rendersi perfettamente conto di dove si trovasse che prese a camminare al seguito di sconosciuti incravattati verso chissà quale meta.
Si fermarono dopo il primo piano di scale e si accomodarono in un'ampia sala,con una grande vetrata che affacciava sul cortile retrostante all'hotel.
-E ora dove cavolo sono?-
Finn stava seriamente per andarsene, in preda ad una crisi di panico,quando la sua attenzione fu catturata da un ragazzo minuto, con grandi occhi che viravano al verde e capelli castano chiaro tirati indietro con un po' di gel.
Lo stava guardando, o per meglio dire, squadrando, sorridendo appena e sollevando un sopracciglio.
Finn non seppe proprio cosa lo spinse a fare quello che stava per fare, ma dati i recenti avvenimenti stava imparando a non farsi domande sul senso delle sue azioni, e, dunque, si avvicinò.
"Oh, ehm, salve, io mi chiamo Finn, e ... ecco credo che Miss Brown mi stia ...aspettando?"
-Ben fatto, Finn! Neanche sai chi sia questo tipo, magari neanche parla la tua lingua e ora ... -
"Finn? Finn Wolfhard? Mi segua, la stavo aspettando."
No, decisamente quella non era più la sua vita – Finn pensò.


Millie aggiustò la camicetta dentro la gonna, mentre sorseggiava distrattamenteil suo cappuccino.
Sentiva una strana sensazione allo stomaco e continuava a chiedersi cosa la aspettava.
Prese a camminare su e giù per la stanza, canticchiando un motivetto a caso per cercare di calmarsi, poi tornò a sedersi di fronte alla finestra.
Era talmente assorta nei suoi pensieri che non si accorse della porta che si apriva e di Noah che entrava seguita da qualcuno.
"Millie? Mills!"
Lei scosse rapidamente la testa, girandosi verso la porta per rispondere.
Fu come una scossa, il flash di un'istantanea scattata dalla sua mente nel momento in cui il suo sguardo si era incatenato a quello dell'uomo davanti a lei.
Allo sguardo di quello sconosciuto dall'aria così familiare e rassicurante.
Di quello sconosciuto che stava lentamente diventando il suo pensiero fisso.
Dovette letteralmente farsi forza per smettere di fissarlo in silenzio e dire qualcosa.
"Oh, oh, scusa Schnipp, scusate, io ... io ero distratta. Grazie mille, Noah."
Rivolse un caldo sorriso al suo migliore amico, che dopo un occhiolino, chiuse la porta dietro di sé, lasciandoli soli.
"Ciao, Finn."
Lo vide sussultare, poi lo sguardo le cadde sul bouquet che l'altro stringeva al petto e sorrise.
"Salv – ehm , ciao, ciao Millie."
Le porse delicatamente il bouquet di rose, tenendo gli occhi bassi.
"Avevo portato queste, ma vedo che probabilmente i fiori stanno iniziando a stufarti." Disse, con un filo di voce, indicando i numerosi mazzi colorati che riempivano la stanza.
"Sono tutti omaggi fatti dai soliti leccapiedi o semplicemente per dovere, neppure li ho guardati.
Come facevi a sapere che amo le rose?"
"Beh, sesto senso direi."
Il sorriso che Millie vide delinearsi sul volto dell'altro illuminò la stanza e la giornata e quella sensazione alla bocca dello stomaco si fece più intensa e piacevole.
"Mi spiace comunque. Per la questione della telefonata, intendo. Il mio coinquilino è davvero il più grande idiota d'Inghilterra, se non del mondo, e ho faticato a ricostruire il nome che avevi lasciato in segreteria."
"Oh, quello? Sì. È una stupidaggine che faccio ogni volta per questioni di privacy, a volte sono un personaggio dei cartoni, a volte attingo dai musical o addirittura dai familiari sconosciuti. Più spesso dai cult del passato."
Finn rise di gusto a quell'affermazione e Millie sentì distintamente dentro sé crescere la volontà di continuare a farlo ridere sempre.
"Beh, molto originale direi. Devo ringraziare qualche sconosciuta divinità che ha fatto sì che per una volta i neuroni di Gaten abbiano funzionato nel modo giusto."
"Già. Oh, ma che stupida, vieni prego accomodati!"
Sedettero entrambi sul divanetto vicino alla finestra, uno di fronte all'altra, con le ginocchia pericolosamente vicine.
"Mi spiace di essere piombato qui così, senza presentazioni o altro, ma quando sono entrato mi sono ritrovato a seguire questa marea di gente senza sapere esattamente dove andare o altro e poi quel ragazzo mi ha portato qui."
"Oh, sì, lui è Noah, il mio manager e migliore amico da praticamente sempre. Dispiace a me, in realtà, le cose con la questione delle interviste per il nuovo film stanno andando davvero per le lunghe, però sono contenta che tu sia qui. Ci tenevo davvero a scusarmi per la questione del bacio, cioè, insomma,devo ... Devo esserti sembrata una psicopatica o roba del genere, ma ti assicuro che non sono assolutamente il tipo di persona che prende gli sconosciuti e li bacia senza motivo, davvero, spero che tu non l'abbia presa male ..."
"Oh, no, no, affatto! E non penso assolutamente niente di tutto ciò riguardo a te ... Tu, ecco, sei sempre ... Sempre divina."
Il cuore di Millie mancò un battito sentendo quelle parole: Finn aveva, senza dubbio, fatto un passo in più in avanti verso il suo cuore.
- Millie, respira, respira!-
"Vedi, queste ... Questo genere di cose non succedono nella vita reale. O almeno, non a gente come me.
Fino a tre giorni fa la cosa più emozionante nella mia vita era la cena fuori del weekend e, Dio, io davvero devo sembrare patetico, ma la mia vita è davvero questo: sono io, il mio negozio, la mia musica e Notting Hill. E, beh, ora invece ho questa assurda e perenne sensazione di essere sonnambulo o qualcosa del genere perché tutta questa faccenda somiglia paurosamente ad uno dei miei sogni e la cosa è davvero ... wow."
Millie restò a guardarlo qualche istante, con le labbra dischiuse, e ,seriamente, sarebbe rimasta a guardarlo per ore.
"E cosa succede poi, in quei sogni?" sussurrò poi, senza fiato, quasi sperando che lui non la sentisse.
Ma lui la sentì eccome, forte e chiaro, e si schiarì leggermente la voce, senza decidersi ancora a parlare.
Avrebbe voluto dire tante cose: che se avesse potuto davvero 'dirigere' i suoi sogni, senza la sveglia che gli ricordasse puntualmente che era ancora lì, nel suo letto, con Gaten che spesso russava affianco a lui, steso sul tappeto dopo una sbronza, avrebbe preso coraggio, un coraggio che spesso gli mancava, e avrebbe preso la ragazza più incredibile del mondo per mano, portandola vicino, più vicino.
E che poi la distanza tra loro, lui, l'avrebbe chiusa, che fosse di fronte al portone azzurro del suo appartamento polveroso o su un divanetto di un hotel esclusivo, di fronte alla finestra ...
"Beh, ecco io ... vedi, Millie, io ..."
Millie sentì il suo intero corpo andare a fuoco e chiuse lievemente gli occhi,sentendo le ginocchia di Blaine scontrarsi piano con le sue, segno che il ragazzo si stava avvicinando e lei non voleva altro, davvero.
Quell'attimo di magia fu però breve, perché l'improvviso rumore della porta che si apriva li fece destare da quello stato di trans in cui erano caduti insieme,tenendosi forse sul serio per mano.
Millie riconobbe immediatamente la figura esile di Noah, che con lo sguardo sembrava volersi scusare.
"Tesoro, mi dispiace interrompere, ma il signor Levy è qui, per la prima intervista del pomeriggio. Hai 5 minuti."
"Oh, sì, certo, come no, ti ringrazio tanto Schnipp, non preoccuparti."
Millie si alzò istintivamente dal divanetto, quasi scottata dalla pelle colortortora, seguita immediatamente da un Finn che, resosi meglio conto della situazione in cui erano, aveva le guance in fiamme.
"Mi spiace davvero, queste interviste mi fanno davvero diventare matta."
Finn la guardò intensamente e lei si sentì quasi a disagio, perché mai, mai nessuno l'aveva guardata in quel modo.
Ma forse era perché nessuno aveva i suoi occhi.
"Nono, anzi, sono io qui che sono decisamente di troppo."
"Affatto, credimi. Tu sei molto meglio di quei noiosi reporter!"
Risero piano, senza staccarsi gli occhi di dosso.
"Beh, ha detto cinque minuti quindi forse ho tempo per un'ultima domanda."
"Ah sì? E quale sarebbe?" rispose Millie, ridendo ancora.
"Sei libera stasera?"

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