What a night! (Part 2)

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Una delle cose che Millie aveva sempre amato di Londra e che cercava di godersi al meglio, ogni volta che tornava in città per motivi di lavoro, erano le sue luci.
Poteva sembrare strano, a dirlo così, eppure era proprio la verità: le luci.
Con il lavoro che faceva, Millie aveva avuto la possibilità di girare letteralmente per il mondo, passando da un red-carpet all'altro di fronte a volti sempre nuovi: i suoi occhi erano stati colpiti dai neon abbaglianti di New York, dallo sfavillio di LA e dai colori unici di Sidney, ma mai nessuna città e in nessun caso era riuscita, con le proprie luci, a trasmetterle ciò che invece le trasmetteva Londra con le sue.
Era complicato da spiegare e, infatti, era una sensazione che si era sempre tenuta per sé: era questione di 'elettricità', di una scossa che sentiva lungo la schiena e nel petto ogni volta che, di notte, si trovava ad ammirare lo skyline illuminato della bella città sul Tamigi, che fosse da Millennium Bridge o dal finestrino della macchina, con la musica a tutto volume e il McDonald in delivery.
Se qualcuno le avesse chiesto quale fosse la sua serata ideale, avrebbe decisamente risposto così.
"A che cosa stai pensando?"
La voce di Finn vicino al suo orecchio, unito al brivido che le fece provare il suo fiato caldo contrapposto al freddo della sera sulla sua pelle, la fece smettere di fantasticare su quella città magica, fra le strade della quale, proprio adesso, i due ragazzi avevano ripreso a camminare fianco a fianco, con ancora il calore dei baci che si erano scambiati vivo e presente sulle loro labbra.
"Io? Niente, niente. Solo che amo questa città!" rispose Millie, sincera, posando gli occhi sui ciliegi attorno a loro.
Non c'erano state molte parole fra di loro, da quando avevano ripreso a camminare, ma Millie doveva ammettere che non si era mai sentita tanto a suo agio con qualcuno, anche nel silenzio.
"Già. Ho i miei ricordi migliori e peggiori, qui a Londra. A volte mi fa impazzire, ma ammetto che non la cambierei per nulla al mondo."
Millie annuì, comprendendo esattamente il tipo di sensazione da lui descritto: anche lei tante volte, chiusa nella sua stanzetta della casa gialla in Georgia, aveva pensato di scappare via per sempre, verso possibilità nuove, ma poi, guardandosi intorno e sentendo quel calore unico che riescono a trasmettere solo i posti che si è abituati a chiamare 'casa', si era limitata a sospirare, abbracciando più forte il cuscino, e a sorridere.
Con ogni pregio e difetto, casa era sempre casa.
Restarono in silenzio qualche altro secondo, con il solo rumore dei loro passi sul marciapiede a scandire il tempo di quella passeggiata, poi Millie, ridacchiando, si parò davanti a lui, senza smettere di camminare.
"Mmm ... 'a volte mi fa impazzire' ... Se non sbaglio poco fa hai detto qualcosa di simile anche su di me, Finn, o sbaglio?"
Il ragazzo quasi inciampò, sentendola dire quelle parole, e iniziò ad aprire e chiudere la bocca a ripetizione senza saper bene cosa dire.
"Io ... Io, beh, in realtà ..."
"In fondo ti capisco, Finn, neanche io mi cambierei per nulla al mondo!" continuò l'attrice, spostando teatralmente i capelli con la mano e facendogli l'occhiolino.
Finn la guardò con un'espressione rassegnata, iniziando a ridere in un modo che gli fece brillare gli occhi e scoprire due piccole fossette agli angoli della bocca.
"Millie Bobby Brown, confermo: mi farai impazzire."
Millie rise, tornando a camminare al suo fianco, sfiorando, neanche troppo distrattamente, il suo fianco con il proprio.
"E, comunque, è un discorso che non può valere per te, questo ..." continuò il ragazzo, con un ghigno sulle labbra sottili.
"Elabora, Wolfhard!" disse lei, fintamente stizzita.
Finn la guardò, ridendo di come sembrasse piccola di fianco a lui e stretta nel suo cappotto troppo lungo.
"Beh ... E' vero, ho detto che non cambierei Londra per nulla al mondo ... E che mi fa impazzire ..."- le rivolse uno sguardo eloquente, sottolineando ancora una volta quell'ultima parola – "Ma ho anche detto che qui ho tutti i miei ricordi, migliori o peggiori che siano."
"Dove vuoi arrivare, Finn?"
"E' semplice, Brown: con te non ho ancora nessun ricordo, o sbaglio?"
La ragazza lo fissò, senza dire niente, e rallentò leggermente la sua andatura.
Si sentì strana dopo quell'affermazione e non seppe spiegarsi il perché.
Ma, d'altro canto, con Finn quello stava diventando un'abitudine.
In un certo senso, si sentì triste: provò di nuovo quella sensazione sentita qualche ora prima, mentre erano seduti fianco a fianco nella sua macchina e le luci della città correvano rapide al di là del finestrino.
-Chi sei, Finn?-
Quella domanda non faceva che ronzarle a ripetizione nella testa.
"Beh ... tecnicamente potrei essere d'accordo con te, però ..."
Si interruppe a metà, fermando al contempo anche le sue gambe e voltandosi indietro: il vento continuava a soffiare forte lungo la strada che avevano percorso, fischiando tra le foglie dei ciliegi.
"...Avremmo camminato per quanto, cinquecento metri? E che ore sono? Le undici e mezza, su per giù? Beh, allora, Wolfhard, ti informo che abbiamo passato insieme quasi cinque ore, nelle quali abbiamo mangiato fino a svenire, fatto almeno una dozzina di brindisi e io ho avuto il piacere di sentirti cantare!"
Finn seguì la direzione del suo sguardo ambrato, che era adesso fisso a scrutare la strada buia alle loro spalle, curioso di scoprire dove sarebbe arrivata.
"Sì ...?" accennò, con tono interrogativo.
"E poi ci siamo già baciati qualcosa come una decina di volte. Non credi di poter iniziare a mettere tutto questo in lista come 'ricordi con Millie'?"
Il ragazzo alzò un sopracciglio, divertito dal suo tono e, al contempo, in leggero imbarazzo per la questione dei baci che, come tutto nella sua vita ultimamente, doveva ancora razionalizzare.
Ma, ancora una volta, doveva proprio farlo? Non poteva continuare a cullarsi in quella strana situazione a metà tra realtà e fantasia?
"Potrei, in effetti ... Ma hai dimenticato un dettaglio ..."
"Io?"
"Sì, Brown. Dov'è che devo mettere la tua lista? Tra i ricordi migliori o peggiori?"
Lei si passò la lingua sulle labbra, che il vento freddo stava torturando, e, senza aggiungere nulla, gli pose una mano sul braccio, facendolo fermare di fronte a lei.
-Tu sei qualcosa di diverso, Wolfhard- pensò, avvicinandosi in punta di piedi al suo viso.
E anche ogni bacio, con lui, era diverso: Finn aveva questa straordinaria capacità di trasportarla lontano, anche con il più leggero sfiorarsi di labbra, e di farla sentire leggera, così leggera che avrebbe potuto raggiungere le luci di Londra da lei tanto amate solo allungando la mano.
Quel bacio, comunque, durò solo pochi istanti, ma fu abbastanza per far venire ad entrambi la pelle d'oca.
"Sta a te, Wolfhard. La notte è ancora lunga." Disse lei, bisbigliando, con le braccia ancora ancorate alle sue spalle.
Finn rimase incantato, non sapeva se più da ciò che lei aveva appena detto o dalle sfumature nei suoi occhi che solo ora, a quella distanza, era riuscito a cogliere meglio.
Sorrise, arricciando una ciocca dei suoi capelli tra le dita: Londra di notte era magica e questo era un dato di fatto.


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