capitolo quattordici

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trigger warning: s.uicidal thoughts



"La continuavo a stringere a me, la tenevo stretta il più possibile, cercando di passarle la mia energia vitale, se solo mi fosse stato possibile, aspettando con impazienza l'arrivo dell'ambulanza". Seokjin tirò su con il naso, lasciando andare un respiro profondo, mentre cercava un po' di conforto nel calore delle sue mani strofinate contro il tessuto delle tasche del cappotto. Gli occhi rossi per le lacrime, non riuscivano a staccarsi dalle gelide acque del fiume Han che scorreva tranquillo nelle vicinanze. 

"Non volevo che soffrisse, avrei dato qualsiasi cosa affiché non provasse alcuna sofferenza - continuò poi, mentre il freddo si era fatto ancora più penetrante e avvolgeva le sue ossa, stringendole in una morsa - morì qualche giorno dopo. Mi scusai con i suoi genitori per non essere andato io stesso a prenderla e, per quanto mi dicessero che non era colpa mia, non c'è giorno in cui io non mi senta oppresso dal suo ricordo".

Ad abbracciarli in quel momento c'era solamente il silenzio più assoluto. Namjoon, che camminava al suo fianco, stava facendo tesoro di tutte quelle informazioni, di tutte quelle emozioni che si stavano sprigionando dal maggiore, incapace però di fare una qualsiasi mossa; non voleva sembrare troppo azzardato o dire qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi, quindi rimase semplicemente in silenzio, ascoltando e lasciando sfogare Seokjin.

Seokjin si lasciò scappare un singhiozzo che non riusciva più a controllare. "Sono passati sei anni ormai, ogni volta che torno a casa non manco mai di andarla a trovare e, a dir la verità, è un sollievo poter parlare con lei, la sento ancora vicina".

Gli occhi di Seokjin erano ormai un oceano di emozioni, una tempesta che sembrava non avere la minima intenzione di volersi fermare ma, anzi, impetuosa continuava a tormentare ogni parte di lui. Non aveva mai parlato con nessuno del peso che portava sul proprio cuore, solamente Yoongi ne era a conoscenza - avendolo vissuto a sua volta, sulla propria pelle. Non era facile parlarne, non era facile cercare le parole; ma, soprattutto, non era facile esporsi, disfarsi di quella barriera che si era costruito attorno. Ma Namjoon, oh, per Namjoon lui si sentiva di poter fare qualsiasi cosa. 

Mentre si arrestava, Seokjin continuava a tenere lo sguardo fisso sulla superficie del fiume, incantato dalla sinuosità con cui si muoveva. Mentre i suoi genitori lo avevano supplicato di attendere le sedute dallo psicologo della scuola, Seokjin attraversava i propri stadi del dolore senza provare alcuna emozione.
Era entrato in uno stato di intorpidimento in cui tutto aveva smesso di avere senso. Non aveva senso svegliarsi la mattina, prepararsi e uscire di casa per andare a scuola; non aveva senso percepire che fuori dalle pareti della sua stanza il mondo continuava a girare, ignaro di tutto il dolore che una singola persona sopportasse. Nemmeno andare a spaccare il viso dello stronzo ubriaco che gli aveva portato via lei, avrebbe potuto alleviare il suo dolore.

Si rese conto che il dolore non aveva senso. 

Come per una malattia, Seokjin voleva diventare immune al dolore perché non aveva senso. Mangiare non avrebbe fatto svanire i ricordi di quella notte; dormire non faceva altro che sbattergli in faccia l'incubo che lo tormentava; studiare non gli teneva impegnata la mente. Aveva solamente un pensiero ed era quello di volerla far finita una volta per tutte.

A due mesi esatti dalla scomparsa di lei, Seokjin si era arreso al fatto che non riusciva più nemmeno a respirare senza che gli occhi gli si riempissero di orrore e lacrime. Le immagini di quella notte continuavano a tornare più forti di prima ogni volta che provava ad avvicinarsi alla sua foto, in fila, tra tante altre. Non poteva andarsene senza prima averla salutata, non poteva pensare di lasciare quel mondo senza prima andare a posare la fronte contro quel vetro troppo freddo che gli ricordava solamente la morte.

MOON | NamjinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora