CAPITOLO 10

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— E questo è tutto. — concluse Anselmo. — Abbiamo diviso la città in zone, organizzato vedette e spedito pattuglie dei nostri a cercare. Ma siamo pochi, e il tempo stringe... Gli altri annuirono. — Più di quanto pensi. — Perché perdiamo tempo a discutere? — esclamò un tipo allampanato, curvo come un punto interrogativo, una testa situata su un corpo smilzo — Andiamo anche noi per le strade. Forse... — Stai sbagliando, compare. — si oppose un altro, un uomo basso, calvo, dalle spalle ampie e le orecchie grottescamente a punta — Se gli prendono un guaglione qualunque, che importa? Ma se prendono uno di noi, e lo fanno parlare, siamo tutti in pericolo. Ormai siamo troppi, e non possiamo spostarci così in fretta. — Sarai tu, forse, a non saperti muovere in fretta! — sbottò una donna scura, dai capelli stopposi e gli occhi pungenti — I miei sono capaci di sparire in uno schiocco di dita. — Fesserie! — ribatté l'altro — I tuoi sono mariuoli buoni soltanto a svaligiare appartamenti. — Pulisciti la bocca, settantuno. — sibilò la donna — Puliscitela, prima di parlare dei miei. L'altro non accettò la provocazione, e rispose tranquillo. — Forse sapranno far fessi gli sbirri, ma hanno mai affrontato i rilevatori termici, i traccianti ormonali, tutti la merda elettronica della Sezione Speciale? — Stefano ha ragione. — approvò un quarto membro del gruppo — Quei figl'i zoccola non scherzano. — Perché, noi siamo dei pagliacci? — ringhiò ancora la donna. — Non volevo dire questo, ma... — Allora fai meglio a star zitto, settantuno! Il tono della discussione si accese, e presto l'intera assemblea ne fu coinvolta. Le opinioni si accavallavano, si sommergevano l'un l'altra senza che nessuna prendesse decisamente il sopravvento. Del resto, notò Lara, quasi nessuno dei presenti prestava veramente attenzione alle parole altrui. Tolleravano semplicemente una pausa d'attesa finché l'oratore di turno non prendeva fiato, e poi tornavano testardamente a ribadire i loro preconcetti, battendosi ognuno su posizioni fisse, ripetendo le stesse idee, utilizzando finanche sempre le stesse parole. Era un accanirsi sterile, senza scopo, e la giovane valutò che avrebbe potuto trascinarsi in quel modo per un tempo indefinito.

Isolata, respinta alla periferia dal dibattito, Lara approfittò per afferrare Anselmo dalla manica del giubbotto di poliestere e trarlo in disparte. — Chi è questa gente? — bisbigliò. — Amici. — Che ci fa qui? Lui sorrise. — Strana domanda... Sono qui per te. — Che significa? — Intendo dire che è a causa tua se si trovano insieme. — Non capisco. Il vecchio alzò il dito, descrisse un cerchio approssimativo nell'aria satura del fumo delle troppe sigarette accese. — Alcuni di loro erano a Bagnoli, la sera che ci siamo incontrati... Altri vivevano nel sottobosco umano della periferia, altri ancora in clandestinità, e non osavano alzare la testa perché si credevano soli... Vedevano il marcio, ma forse non avrebbero mai pensato di battersi per cambiare le cose. Poi hanno letto il tuo proclamo, e improvvisamente si sono riconosciuti compagni. — Il proclama di Masaniello? — Proprio così. La giovane batté le palpebre — E sarebbe bastato per.. E questo posto, allora? Come l'avete trovato? E l'organizzazione? Chi... Lui tagliò corto con un gesto della mano. — Lascia perdere, giornalista. Qui c'era gente che pensava e studiava da anni per fare ciò che noi abbiamo teorizzato in una notte appena. Come dicevi tu, mancava soltanto un simbolo... e forse un po' di abilità con le parole. Lara si quietò, nonostante tutto gratificata dall'apprezzamento. — A proposito... — sorrise ancora Anselmo — Sarebbe bello che tu lavorassi a un nuovo proclamo. Lei s'irrigidì nuovamente, scorgendo le implicazioni celate dietro la richiesta. Ma poteva veramente adombrarsi, se qualcuno tentava di usarla? In quella storia, doveva riconoscerlo, ciascuno aveva cercato di far muovere gli altri nel suo teatrino personale. E lei non aveva fatto eccezione. Anzi, forse aveva agito con meno scrupoli di chiunque. Nel capirlo, realizzò un pensiero di colpevolezza bruciante. — Attilio, Carmine... — mormorò, contrita. — Chi sono? — I miei colleghi del giornale... — spiegò lei — Cosa gli sarà accaduto? Devo chiamarli, sentire se stanno bene. Anselmo scosse la testa. — Dimenticali.

2070:La fine [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora