— Che ne dici? Anselmo socchiuse gli occhi, scorrendo per l'ennesima volta quelle poche righe. Giunto in fondo, storse la bocca in una smorfia dubbiosa. — Molto pretenzioso, giornalista. — È una critica? — s'informò Lara. — Forse. In realtà non lo so. — ammise l'altro. — E allora? Che ti prende? — È piuttosto diverso da ciò che avevo in mente. Mi chiedo se... — Cosa? — Mi domando se non stiamo pretendendo troppo dalle nostre capacità. — Anselmo rivolse lo sguardo al divano — O dalle sue. Lara si carezzò l'orecchino con aria combattuta. Cosa stava facendo, si chiese, a quel povero ragazzo vestito di stracci, defraudato di una faccia da mostrare alla gente, privo persino di un paio di scarpe? Cos'era il suo, un tentativo di organizzare una rivoluzione a tavolino? C'era indubbiamente del marcio nell'edificio sociale della metropoli, lo aveva sempre pensato, ma chi le dava il diritto, lei semplice giornalista priva d'ogni preparazione politica, di criticare, di sfidare l'ordine? No, si rispose. Lei era nel giusto. Senza il suo intervento, ne era certa, Anselmo e Salvatore avrebbero fatto del ragazzo mascherato il golem della loro vendetta privata contro i nuovi signori della camorra. Lei stava cercando di donargli uno scopo più nobile, un traguardo più alto. Del resto, ricordava bene la loro prima conversazione: la rabbia e l'amarezza che aveva colto nelle parole di lui erano le tracce carsiche di un risentimento popolare, spicciolo, ancora senza forma, ma che aspettava solo un nome per concretizzarsi. Sì, lei non era nulla più di una madrina di battesimo: doveva solo convincersene. — Perché Masaniello? — chiese Salvatore. — Domani è l'anniversario della nascita. — spiegò — Una coincidenza davvero appropriata, non credi? — Hai gusto per le trovate drammatiche, giornalista. — osservò Anselmo. — È il mio lavoro. — Naturalmente — concesse il vecchio — E il resto? Sei sicura di riuscire a... — Te lo ripeto: è il mio lavoro. — Lo dici come se dovesse rassicurarmi. Ma io ho sempre diffidato di chi campa maneggiando una penna. Lara tentò di spezzare la tensione. — Hai letto Mark Twain? — Qualche libro in prigione. — replicò Anselmo, stupito — Cosa c'entra? — Sai cosa diceva dei giornalisti? — No. — Che sono quelli che sanno distinguere le notizie vere dalle balle... e poi pubblicano le balle. Il vecchio fece un mezzo sorriso. — Divertente. — Probabilmente vero. Anselmo rilesse ancora una volta il proclama. Sembrò valutarne ogni passaggio, soppesarne i pro e i contro. Era in lotta con se stesso, e si vedeva. Alla fine, sospirando, approvò con un cenno del capo. — E va bene, mi hai convinto. Facciamolo. Lara sorrise, compiaciuta dall'accordo raggiunto. — Lo faremo. — Solo una domanda, guaglio'. — intervenne Salvatore — Prima di brindare... Avete pensato come dirlo a lui? Lara tornò seria: l'uomo tarchiato aveva maledettamente ragione. Tornò a volgere lo sguardo verso il corpo che giaceva sul divano a fiori del suo soggiorno. E sobbalzò. Il ragazzo cui si era arrogata il diritto di dare un nome aveva aperto gli occhi. E la fissava.
Come aveva previsto, la redazione era in subbuglio. Senza curarsi del caos, Lara attraversò il corridoio, raggiunse la scrivania, appese la borsetta al gancio dell'appendiabiti, sistemò le pieghe della gonna e sedette con la massima tranquillità, poggiando i gomiti spigolosi sul ripiano plastico, intrecciando le dita e adagiandovi sopra il mento sottile. Poi si dedicò ad ascoltare i commenti frenetici dei colleghi. Dal loro tono, capì che alcuni di loro erano in fibrillazione, altri pericolosamente prossimi all'isteria. — Com'è potuto succedere? — Ha chiamato il Prefetto! È furioso! — Ho dovuto staccare la linea esterna! Non smetteva più di squillare! — Siamo rovinati! — Finiremo come quei disperati de Il Messaggero! Mio cognato era in redazione... Non è più riuscito a trovare lavoro! — Ah, no! Disoccupato no! Io mi taglio le vene! — Ma non dire cazzate! — Torno alle mie montagne, allora. Un paio di galline, un orto, qualche maiale... si può vivere anche così, non credi? — Puttanate! Voglio vederti, senza il cellulare e le carte di credito! Lamberti sembrava il più lucido di tutti. Immobile, le braccia conserte poggiate sopra la marmorea protuberanza del ventre, aveva uno sguardo duro, determinato. Strano, considerò Lara. Che fosse troppo stupido per spaventarsi? Forse... Attilio non si vedeva, ma la porta del suo ufficio era socchiusa, e dal piccolo varco tra il legno e la parete giungevano echi di una discussione accorata. Con crudele compiacimento, la donna si chiese quante camicie il caporedattore avesse già inzuppato di sudore, quella mattina. — Hai saputo, ragazza? — sussurrò Rita, sulle guance un pallore spaurito che neppure il pesante fard di marca francese riusciva a coprire.