CAPITOLO 12

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Il sole precipitava tristemente oltre la cortina di cemento. La sera saliva e si diffondeva inesorabile, avanzando in una lama netta e scura che ghigliottinava i palazzi.

Il genofalco si librò nell'aria, incerto. Volteggiò sull'incrocio intasato dal traffico, tornò indietro, batté le ali meccaniche e cabrò di nuovo. Uno sparuto stormo di rondini gli si affiancò, ma bastò uno stridio sintetizzato dalla sua ugola in kevlar per far allontanare quei curiosi ingenui e inopportuni.

A dispetto del nome, la sagoma del genofalco ricordava più quella tondeggiante di un gabbiano che il profilo a freccia di un predatore. Ma se la mimetizzazione gli aveva imposto altre forme, il suo ruolo era pur sempre quello del cacciatore, e nessun abitante del cielo poteva permettersi di equivocare.

— Dannato chindogu! — sibilò Boselli, sterzando per stargli dietro — Rottame tecnologico! È già la terza volta che passiamo di qui! Ci sta facendo girare in tondo! Poi, rivolto al compagno. — Con cosa l'hai caricato?

— Tessuti. — replicò secco l'altro, senza guardarlo in faccia.

— I soliti capelli e unghie? Perché stenta tanto a trovare la traccia, allora? L'altro rimase in silenzio. E questa volta, finalmente, Boselli non poté fare a meno di cogliere il suo malumore.

— Sei nero, Jacques? Silenzio.

— Non ti è piaciuto lo show laggiù, a casa della vecchia? Finalmente, Moretti reagì.

— Perché l'hai fatto, Nico? Il suo tono risentito sorprese il collega.

— Che ti prende?

— E me lo chiedi? È stato disgustoso. L'altro strabuzzò gli occhi, incredulo.

— Disgu... che? Di che cazzo stai parlando?

— Lo sai benissimo. — ringhiò Moretti, nauseato al pensiero di ciò che si erano lasciati alle spalle una manciata d'ore prima.

— Stai scherzando? Ehi, Jacques, non è la prima volta che ci divertiamo un po' fuori ordinanza... Ricordi la perquisizione all'Eremo dei Camaldoli? Ricordi le suore? Allora non hai fatto obiezioni. Mi sbaglio?

Moretti si morse le labbra, torvo. Il fatto che l'altro avesse ragione non bastava a giustificarlo. Niente affatto. Boselli era un bastardo. Un totale, irreparabile, compiaciuto bastardo. Cultore della violenza inutile, amante della sopraffazione, artista della tortura e del pestaggio. Una volta, doveva riconoscerlo, l'aveva ammirato, se non altro per la naturalezza con cui eseguiva quegli exploit di efferatezza. In quel momento, la sua sola presenza bastava a disgustarlo.

— Fammi un favore, Nico. — concluse, cupo — Sta' zitto.

L'altro schioccò la lingua. — Come vuoi... Guarda: l'uccello ha trovato la pista.

Moretti alzò lo sguardo. Nel chiarore turpe del tramonto, il genofalco piegava le ali e compiva cerchi sempre più stretti, puntando un edificio massiccio e scuro circondato da un reticolato rugginoso, affacciato sul litorale come un enorme scoglio turrito.

— Guarda guarda... — commentò Boselli a mezza voce

— La vecchia base NATO. Un buon nascondiglio...

— Credevo fosse stata sigillata. — mormorò Moretti, in un tono che tradiva tutto il suo disinteresse.

— Yep! — assentì l'altro — Quando gli yankee sono andati a casa dopo gli accordi di Brest, hanno lasciato trappole termiche, bio-tossine, recinzioni elettrificate... Evidentemente ci sono topi molto laboriosi, da queste parti... — accostò, spense il motore, smontò — Andiamo a vedere.

2070:La fine [CONCLUSA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora