(Non so se posso scrivere qui, ma lo farò comunque-ouji)
È la vostra CEO che vi parla, miei cari fagiolini rosa.
Questo capitolo non è stato scritto da me e, per la prima volta in assoluto, un capitolo di Sunny è stato scritto dalla vostra cara Editor.
Ho deciso di pubblicarlo perché, per me, tutto ciò che è scritto ha un significato profondo. Ed è così emozionante sapere come queste parole, scritte nero su bianco, ci portino con loro nel nostro mondo.
Perché, come ho già detto, se io sono Jimin, tu sei il mio Jungkook.*PICCOLO APPUNTO PRIMA DI INIZIARE: QUESTO CAPITOLO NON FA PARTE DEL PLOT PRINCIPALE. È SOLO UNO SPAZIO CHE ABBIAMO VOLUTO DEDICARE A QUESTI DUE PICCIONCINI.
Detto questo, buona lettura!🌸***
Guardò fisso fuori dal finestrino del treno, quello su cui si affacciava l'oceano. Scese alla fermata prescelta, e prese la bici immediatamente posta ad un palo che si trovava proprio lì di fronte. Non seppe come mai, ma sapeva esattamente dove andare. Già da stamattina, già addirittura da ieri. Già da sempre.
Voleva portarcela in quel suo posto, un giorno. Quella persona a lui così cara che altri non era che l'unico che aveva aiutato a rialzarsi svariate volte, ma che allo stesso tempo gli aveva donato ciò che stava aspettando da sempre: quel piccolo pezzo di puzzle che stravolge l'immagine che deve raffigurare. Non importa se non s'incastra alla perfezione, perché quel pezzo è unico, e non lo si può sostituire con niente e nessuno al mondo.
E mentre pedalava verso la sua meta, rifletteva. Si chiedeva come diamine fosse possibile che un pezzo di puzzle così unico volesse rimanere a far parte di un immagine che non era la sua.
Sarà felice? si chiedeva.
Eppure glielo aveva dimostrato tante volte, che non aveva intenzione di muoversi da lì. Solo che nei suoi momenti di silenzio, quella sua persona importante lo spaventava a morte. Non perché fosse spaventoso, affatto. Ma proprio perché se non gli parlava, non avrebbe saputo come difenderlo. Non avrebbe saputo, se avesse voluto davvero rimanere ancora lì.
Raggiunto il posto, salutò un pescatore con un caloroso "Buongiorno!" alla quale ricevette una sonora risposta. Non era una delle giornate migliori, anzi non lo era per niente. Ma come buttar via una giornata intera, se tutto ciò che abbiamo sono giornate da trascorrere come più ci piace?
Come più ci piace, esatto. Non avrebbe voluto rimanerci male. Non avrebbe voluto che l'altro lo ignorasse. Ma eccolo là, su quella balaustra a fissare l'orizzonte che mostrava quella distesa immensa d'acqua che non pare mai avere fine.
Scese le scale, e si diresse verso il punto che desiderava raggiungere. Accidenti, era sempre lì. E come credere al passare inevitabile del tempo, se alcune cose non mutano mai?
Proprio lì davanti a sé, aveva quell'altalena a lui dannatamente cara, su cui aveva passato estati e inverni interi, anche se il clima non lo permetteva. Non importava: raffreddore oppure febbre o meno, lui era lì, e si sarebbe dondolato fino a che qualcuno non fosse venuto a portarlo via.
Ma fino ad allora, nessuno l'aveva mai trovato, questo suo posto. L'aveva descritto, l'aveva disegnato, aveva dato accenni, ma nessuno, nemmeno i familiari, avevano capito. Forse non gli interessava, o forse non era un loro problema. Tanto Jungkook sarebbe tornato a casa, senza ombra di dubbio.
Si sedette sull'altalena ghiacciata, con indosso guanti e scarponi. Non gli importò, cominciò a dondolarsi comunque. Il vento che gli passava tra i capelli, che gli scombussolava le interiora e gli faceva arrossire lo gote e il naso per la brina. Non se ne curò, continuò piuttosto a dondolarsi. Avanti e indietro, fino a che... frenò.
-Non ti stanchi mai, di stare solo?- disse venendogli incontro.
-Che ci fai qui?- chiese perplesso.
-Sapevo che ti avrei trovato sicuramente in questo posto- replicò, osservando l'oceano, lasciando che la luce che proveniva da quest'ultimo gli facesse brillare gli occhi.
-Ma non te ne ho mai parlato, non ti ho mai detto dove si trovava-
-Ma io l'ho sempre saputo. E anche i tuoi, solo che ti hanno lasciato stare, perché sapevano che quando veniva il momento, ti faceva piacere rimanere da solo- disse, avvicinandosi. -Posso?- chiese indicando l'altra altalena.
-Prego- disse perplesso e ormai scosso da mille brividi. Non seppe dire se per via del freddo, o se invece fu per il viso divino del ragazzo che gli si sedette accanto, con fare incantevole, alle luci del tramonto.
-Perché sei venuto qui? Adesso ti va di parlare?- chiese, mettendosi immediatamente sulla difensiva.
L'altro in tutta risposta sbuffò in una risata sarcastica e disse -Perché voglio che tutto questo finisca-.
A quel punto, divenne più bianco della luce che rifletteva sulla superficie dell'acqua, e lentamente l'espressione si disintegrava pezzo per pezzo man mano che lo faceva anche il suo cuore.
-Voglio che finisca, questo giochino dell'altalena tra noi- .
Perplesso, chiese -Che cosa vuoi dire?-.
-Non mi vengono i termini con cui spiegarlo. Ho detto giochino perché è la cosa a cui assomiglia maggiormente- disse, prendendo poi un bel respiro. Guardò il cielo fisso e continuò -Hai ben presente no, le sensazioni che fa provare l'altalena?-.
-Certo. E' una delle sensazioni migliori del mondo- disse, sorridendo flebilmente.
-Esatto. Ma se ti dicessi che fino ad adesso, anche se non mi hai visto ne percepito, in questo posto ci sono sempre stato? Al tuo fianco, a dondolarmi nonostante il freddo, nonostante la pioggia, nonostante l'afa estiva-.
Non proferì parola, ma semplicemente fece cenno di continuare.
-Ecco. Su queste altalene, abbiamo provato di tutto. La sensazione del vento, dell'acqua, del sole, della luna e delle stelle. Ma non abbiamo provato la sensazione di cui più di tutte abbiamo bisogno: il nostro amore. E no, non gli attribuire un significato scontato a questa parola, perché è tutto fuorché scontato, se si tratta della relazione indefinibile che abbiamo-.
-E ti dispiace, Jimin, che sia indefinibile? Che non vi si possa dare una definizione esatta?- disse, fissando l'erba ghiacciata sotto i piedi. Quel bianco, com'è sublime.
-Affatto- sputò irriverente l'altro, mentre tentava di catturare nuovamente lo sguardo di lui.
- E quindi adesso, che vuoi fare? Vuoi scendere?- chiese, portando il suo sguardo su quei capelli d'un color silver così intenso.
- Non solo. Voglio scendere, e ti voglio anche portar via da qui- constatò, alzandosi in modo scattante in piedi. Si avvicinò a l'altro e disse -Perché ad un certo punto di questo nostro gioco d'altalena, qualcuno dovrà saltare giù, affinché si ritrovi la strada di casa-. Prese un altro bel respiro e disse con tutta la sincerità mancata del mondo -La domanda è: vuoi porre fine a tutto, o vuoi tornare sui nostri passi insieme, prima che li segua qualcun altro?- allungando la mano verso di lui e sfoggiando il sorriso più sincero e amaro di tutti, ma ancor più scintillante di tutto quel paesaggio.
A quel punto, l'altro nuovamente non proferì parola. Non serviva, gli parvero altamente scontate.
Si alzò, sorrise, e gli prese la mano fredda con la sua. Fu la sensazione più rassicurante di tutte.
E in mezzo al vento, all'oceano, alla brina, e al sole, abbandonarono così quell'altalena al suo destino. Non poterono curarsene.
Avevano il loro destino, da scrivere.
***
Mi sa che sei saltata tu giù per prima, vero?
Ma io non voglio restare indietro, per cui allungami la mano e portami via con te.
STAI LEGGENDO
Sunny ☀️ Jikook
FanfictionJungkook, un ventenne dal carattere forte, è innamorato del suo Hyung dalla tenera età e non si fermerà finché non avrà conquistato il cuore di Jimin. Jimin, 28 anni, cerca in tutti modi di condurre una vita tranquilla e moderata, finché riappare i...