JUNGKOOK's POV:
- Mamma dice che devo tenerti d'occhio perchè lei deve parlare di cose molto importanti con la tua, di mamma -. Il bambino era più grande di me, forse aveva il doppio dei miei anni. Aveva dei capelli buffi e due grosse labbra, rosa come quelle delle femmine. - Quanti anni hai? -.
- Quattro e mezzo - risposi, come se fossi molto più vecchio di quello che dimostravo.
Lui salì su un muretto, si inginocchiò e tese la mano per aiutarmi a scavalcare. Io, esitante, posai il piede su una piccola sporgenza, finchè mi resi conto che potevo arrampicarmi senza troppa fatica.
- Io ne ho già dodici. Due cifre - disse orgoglioso, come se diventare grandi fosse una cosa per cui si poteva vincere un premio, e lui avesse già ricevuto il suo trofeo.
Invece di prenderlo per mano, mi tirai su. Anche se ero molto fiero di esserci riuscito, finsi che fosse facile. - Mio papà dice che l'età è solo un numero -.
- Mia mamma era una compagna di classe della tua. Mi piace tua mamma - disse il bambino, mentre saltellava da un piolo all'altro del castello nel piccolo parco giochi. Io stavo a guardarlo, non riuscivo a toccare le sbarre nemmeno in punta di piedi.
- Mia mamma piace a tutti. Fa l'at.. l'attrice -. Mi impappinai nel pronunciare la parola che mia mamma ripeteva sempre. - Se alla gente non piace, non sta facendo bene il suo lavoro - esclamai, ripetendo quello che mi diceva sempre lei.
Il bambino annuì e i capelli gli scivolarono sugli occhi. Spostò le ciocche e mi guardò con i suoi intensi occhi neri. La gente mi diceva che avevo gli occhi gentili come quelli di un cane, ma mi sembrava che gli occhi di quel bambino fossero più da gatto. - Beh, mia mamma vuole che diventi tuo amico. Così diventeresti il mio fratellino -.
- Ah, davvero? Io ho già una sorella maggiore - dissi perplesso, avvicinandomi all'altalena.
Il bambino da allegro diventò triste. - Speravo tanto di avere una mamma come la tua, e lei è carina e gentile -.
Scossi la testa. - Non è molto gentile, è solo brava a far finta -.
Lui inclinò la testa di lato. - Perchè, è cattiva con te? -.
Mi sedetti sull'altalena ed iniziai a dondolare un po'. - No, ma non mi vuole bene come le mamme dei miei amici vogliono bene a loro -.
Lui mi arrivò alle spalle, tirò indietro l'altalena e mi spinse avanti con forza. A quel punto avrei potuto darmi la spinta da solo. Poi andò all'altra altalena e si sedette, senza fare avanti ed indietro. - Allora non voglio una mamma come la tua -. Fece una pausa, poi esclamo - vuoi mangiare un gelato? -.
- Si - esclamai tutto contento. Poi strisciai i piedi sul terreno e fermai l'altalena.
Passammo l'ora successiva a girare attorno al quartiere, tenendoci per mano. Purtroppo non riuscimmo a trovare il furgoncino dei gelati, e a un certo punto le nostre mamme ci trovarono. La mia stava piangendo quando si inginocchiò, mi scrollò forte e mi urlò che avremmo dovuto restare al campetto. L'altra donna guardò il figlio negli occhi, gli mise le mani sulle spalle e lo sgridò, ma il bambino non pianse. Chiese scusa, e sua madre gli raccontò quanta paura aveva avuto e lo abbracciò forte. Mia madre non mi abbracciò per niente. Il mio compagno di marachelle allora mi guardò con la tristezza negli occhi, mormorando - mi dispiace -.
Mi svegliai di soprassalto. Il sogno era così vivido che mi sembrava di sentire ancora la mano calda di Jimin, che stringeva la mia. Per riaddormentarmi, mi rituffai sotto la trapunta, appiattii il cuscino e lo girai sul lato fresco. Di solito riuscivo a gestire i miei sogni abbastanza da non permettere loro di influire troppo sul mio umore. Eppure, in quel momento, si accese una fiamma dentro di me.
Volevo rivederlo.
Il sole che si chiamava Jimin era tramontato. Quel sole che fin da bambino avevo imparato a guardare con sicura fede, non c'era più. E dal cuore mi salì una frase che era nata dal profondo e che non pareva nemmeno mia: - o mio sole! Bastava guardare giù alla tua finestra che per me tutto splendeva, anche se c'era nebbia, anche se nevicava, anche se la pioggia scendeva a dirotto. Alla finestra della tua camera c'era sempre sole, Jimin, perché c'eri tu.. -.
***
JIMIN's POV
Quell'incontro inaspettato mi aveva stordito e, più di tutto, mi faceva sentire strano, come se fossi in una barca in mezzo al mare, senza ancora né remi. Non mi restava altro che la forza delle mie braccia che pagaiavano senza sosta nell'acqua salata e fredda per riportarmi a riva.
Chiusi per un attimo gli occhi e rividi gli occhi di Jungkook, così enigmatici e profondi. Gli stessi occhi che mi avevano sempre destabilizzato per la loro intensità. Scacciando quel pensiero, alzai il mento e strinsi la mascella. Nella mia mente la nostalgia si mescolava al presente.
Perché, allora, mi aveva chiamato hyung? Forse stava cercando di abituarsi. Eppure mi accorsi, e in ritardo, che mi piaceva sentirglielo dire più di quanto fosse sano, e se avesse continuato avrei perso di vista il fatto che non ero il suo vero fratello maggiore, ma una persona che recitava quel ruolo. Ero solo un vicino altruista.
- Stai bene? -. La voce bassa di Yoongi mi risvegliò e mi ricordò dove ero. A lavoro, al nostro atelier.
Schioccai la lingua, pensando che non stavo affatto bene, ma non correvo nessun vero pericolo, se non quello di andare completamente fuori di testa. - Sto bene Yoongs, non ti preoccupare - mentii, passandomi una mano tra i capelli.
- Se dirlo a voce alta ti aiuta ad autocovicerti, allora fai pure -. Il suo tono era impassibile, ma le parole mi colpirono al cuore come un elettroshock, friggendomi ogni terminazione nervosa, nessuna esclusa. Mi piaceva la sua schiettezza, la sua praticità, quel suo essere un uomo tutto d'un pezzo. Come se niente fosse, il ragazzo riprese a suonare il suo amato pianoforte verticale, adagiato contro il muro.
Le note di Nuvole Bianche si diffusero per tutto lo studio ed io ripresi a dipingere quel ritratto che mi era stato commissionato. La musica classica era un toccasana molte volte, ma in quel momento mi induceva a rivivere vecchi ricordi, emozioni che pensavo di aver sepolto da molto. Ringraziai che, a quell'ora, non avevamo allievi a cui impartire lezioni di pittura o scultura.
Lui fece un passo verso di me, ed io ne feci due all'indietro, finché non mi trovai contro il muro. Non era una posizione vantaggiosa. Allora il ragazzo si premette contro di me, e appoggiò le mani alla parete dietro alla mia testa, intrappolandomi. I suoi occhi erano diventati più scuri, con una sfumatura dorata. Un tempo mi piaceva guardare il colore dei suoi occhi cambiare, sopratutto quanto era eccitato. Ora, mi sentivo morto dentro.
Una mano si appoggiò alla mia spalla, stringendola, ed io sussultai. Alzai il viso verso l'alto ed incontrai gli occhi di Yoongi. Le lacrime scendevano senza ritegno lungo le mie gote, mentre la rabbia faceva vibrare ogni nervatura del mio corpo. Deglutii più volte per cercare di eliminare il groppo in gola che mi impediva di parlare e ammettere la verità. Dopo un secondo le mie lacrime si trasformarono in singhiozzi, che a loro volta si tramutarono in un tremito che mi scuoteva da capo a piedi. Yoongi non disse nulla, ma mi strinse semplicemente in un abbraccio. Poi mi accarezzò i capelli e la schiena, finché non mi calmai.
***
Probabilmente non è ciò che vi aspettavate, ma posso capirlo.
Dal prossimo capitolo partirà la vera e propria storia.. ora ho voluto presentarvi le carte in tavola: piano piano riuscirete a capire tutto, per cui non vi resta che seguire la storia.
Alla prossima,
E. 💙
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Sunny ☀️ Jikook
Hayran KurguJungkook, un ventenne dal carattere forte, è innamorato del suo Hyung dalla tenera età e non si fermerà finché non avrà conquistato il cuore di Jimin. Jimin, 28 anni, cerca in tutti modi di condurre una vita tranquilla e moderata, finché riappare i...