Capitolo 9.

590 31 5
                                    

Il cielo era bianco e l'aria talmente fredda che era un piacere respirarla, sembrava quasi pulita. Guardavo fuori dal finestrino mentre piccole gocce scivolavano veloci sul vetro freddo. Mi immedesimai in esse; sarebbe stato così bello poter essere una semplice precipitazione atmosferica con uno scopo predefinito: evaporare dagli oceani e condensarsi nelle nuvole per poi cadere a terra e ritornare infine nei mari attraverso il ruscellamento delle acque. Si, avrei voluto essere una goccia d'acqua, tutto sarebbe stato più semplice.

Invece sono qui, in bilico su un filo talmente sottile che minaccia di rompersi da un momento all'altro.

La mia vita è un continuo susseguirsi di bugie, litigi, lacrime nascoste e sorrisi falsi. Cercavo sempre di essere solare in compagnia, ma sapevo benissimo che tutto questo non sarebbe durato a lungo; sarei esplosa prima o poi e nessuno avrebbe potuto impedirlo. Nessuno.

«Vale, siamo arrivate, ci sei?! »

La voce di Fede mi fece sobbalzare.

«Si ci sono Fede, e grazie ancora del passaggio».

«Dovere»disse, mentre mi abbraccò sorridendo.

Salutai anche Clara con un bacio e mi diressi verso casa mia, il mio incubo.

Feci un sospiro.

Presi le chiavi dalla borsa e aprii il cancello e dopo la porta d'ingresso. Entrai in casa quasi sulla punta dei piedi richiudendo piano la porta alle mie spalle, ma sapevo benissimo che nulla avrei potuto evitare.

«Ciao Vale, allora, com'è andata la giornata?»la voce di mia madre mi squillò in testa.

Indossava il grembiule da cucina e delle ciabatte che le avevo regalato io al suo compleanno. Era sempre in ordine, con i suoi capelli corti chiari e gli occhi leggermente truccati nei quali scorgevo però, un velo di amarezza.

«Ciao ma, si tutto bene, voi come state? Papà sta ancora lavorando?»

«Si, tornerà a casa tra un'oretta, così prima avremo tutto il tempo per parlare delle nostre cose»Quella frase mi fece rabbrividire.

"Mmm, non vedevo l'ora di questa riunioncina familiare...dannazione!"

Passammo la successiva ora appunto a parlare del perchè avessimo litigato così tanto due giorni fa, e come potevamo risolvere la questione. Alla fine ci accorgemmo di quanto eravamo state stupide e di aver entrambe esagerato.

Dopo esserci abbracciate andai in camera mia e mi lasciai andare sul letto; In questo periodo, tutta la rabbia che avevo dentro si stava riversando all'esterno e quelli che più accusavano il colpo erano in effetti i miei genitori. Dentro di me avevo il buio e ancora nessuna luce era apparsa all'orizzonte.

Era da anni che la stavo aspettando ma nulla, l'oscurità regnava incontrastata. Nessuno sapeva cosa mi era successo, a nessuno l'avevo mai detto se non a Sam, che però mi aveva abbandonata.

Da quel momento in poi non mi ero più fidata di nessuno. Avevo deciso di aprire il mio cuore e la mia stessa anima ma mi era stata rigettata addosso come spazzatura.

Mi rinchiusi ancora di più in me stessa e il mio segreto, giorno dopo giorno, cresceva fino a diventare infine un macigno; Una pietra enorme incatenata alla mia caviglia; ogni passo in avanti che facevo quella stringeva e tagliava, sino a farmi uscire sangue ogni volta che provavo a muovermi.

Ogni giorno che passava, i fantasmi del mio passato si facevano più vividi e, l'odio che era in me, diventatava sempre più grande, sino a diventare incontrollabile. Finivo spesso per riversarlo addosso ai miei genitori che sempre più spesso rimanevano scioccati di fronte ai miei attacchi d'ira che poco dopo si tramutavano in lacrime amare.

Nati Per AmarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora