8 - Maledetta notte

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Prima di lasciare il locale, decidemmo di prendere qualcosa da bere.
«Un Havana Club» dissi al ragazzo dei cocktail.
«Accidenti..» esclamò Isabel sgranando gli occhi.

Iniziai a sorseggiare il fortissimo rum della mia terra. Sembrava di essere proprio lì. Il suo sapore pungente sapeva come portami a casa.
«Bene, avete visto che non ve ne siete affatto pentite di essere venute con me?» disse soddisfatta Cris, scrutando il suo bicchiere.
«Non essere così fiera. La serata non si è ancora conclusa» puntualizzò Susan, lanciandomi un'occhiata.

Man mano il locale iniziò a svuotarsi. Decidemmo di rimanere ancora un po' per non imbatterci nella folla. Mentre chiacchieravo, tranquillamente con le mie amiche, sentii il mio nome pronunciato alle spalle.
Mi girai, ancora col bicchiere tra le mani. Lo sapevo.
«Salve signor Williams» dissi salutando il mio capo. Mi sentii i suoi occhi e quelli di Cristina addosso, con l'unica differenza che quelli del signor Christian erano chiari e sembravano nuvole, mentre quelli della mia amica sputavano fuoco.
«Cosa ci fa qui, Carmen?» mi chiese. Non vedevo cosa potesse importare a lui.
«Volevo passare una serata diversa..» dissi abbozzando un sorriso.
«D'accordo» pronunciò. Fece per andarsene ma le sue labbra si mossero nuovamente «stia attenta, qui in giro, di notte, non è proprio il massimo della sicurezza» disse guardandomi attentamente «a domani» e se ne andò.

«E così, vuoi tenere tutto per te?» sorrise maliziosamente Cristina «o vuoi lasciare qualcosa anche a noi?».
Non le risposi. Mi scambiai un'occhiata con Susan che mi fece segno di lasciar perdere.
Quando l'aria iniziò a farsi pesante, proposi di andare via dal locale. Ci incamminammo verso la nostra auto, parcheggiata a pochi passi dal Grill.

Ci aggirammo per il parcheggio, ormai rimasto quasi vuoto. C'erano solo quattro o cinque ragazzi appoggiati ad un muro.
Io e le mie amiche proseguivamo verso la nostra auto, quando sentimmo delle voci che parlano di noi.
«Cosa ci faranno in giro tutte sole?» dissero i ragazzi in prossimità del muro.
«Josh, secondo te sanno che non è proprio sicuro aggirarsi per la città a quest'ora?» chiese uno, ridendo.

«Dritte in auto» bisbigliò Cristina a me e alle altre. Seguimmo il suo consiglio, ma venimmo pedinate da quelle orrende voci.
«Dove andate?» domandò uno dei ragazzi dalle pupille insanguinate.
«Non sono cose che vi riguardano» urlò Susan. A questo punto, l'uomo le afferrò il polso e la guardò attentamente negli occhi. La tensione saliva.
«Lasciala» gridai, calpestandogli un piede con tutte le mie forze.

L'uomo mollò la presa con Susan e, sbattendomi contro un'auto, disse ai suoi scagnozzi «venite qui! C'è Wonder Woman» scoppiando a ridere rumorosamente.
Gli altri si avvicinarono a me con sorrisi di sfida. Uno in particolare, rese la nostra distanza minima, al punto da sfiorarmi il viso con la mano.  Le mie amiche restarono immobili. Cercarono in tutti i modi di fare qualcosa, ma invano.
«Non mi toccare» gridai.
«Non l'hai sentita?» rimbombò una voce dietro di me.
«Non l'hai sentita?» replicò nuovamente «hai bisogno che te lo ripeta?». Era Christian.

«Lasciala» incarnò la dose.
L'uomo vicino a me mi mollò e si diresse verso il signor Williams.
«E tu chi sei?» chiese.
«Non t'importa. Adesso puoi andare via. Tu e i tuoi amici».
A Christian arrivò un pugno dritto sul naso. Caddi a terra ed Isabel arrivò a soccorrermi.
«Falli smettere» le urlai assistendo all'orribile scena degli uomini che aggredivano il mio capo.

Dopo pochi secondi delle sirene si fecero spazio tra il rumore delle botte.
Gli uomini scapparono via in una direzione comune e il mio sguardo si focalizzò sul signor Williams disteso per terra.
Corsi da lui, scrutando tutte le sue ferite.
«Stai bene?» mi chiese, dandomi del 'tu'.
«Lei sta bene?» gli domandai. Lui batté un colpo di tosse. Aveva naso insanguinato e l'occhio viola.
«Portiamolo in ospedale» ordinai alle mie coinquiline.
Lo aiutammo ad alzarsi e lentamente lo accompagnammo alla nostra auto, che sfrecciò al pronto soccorso.

Raggiunto l'ospedale, accompagnai Christian dal dottore più vicino. Gli spiegai l'accaduto affannando e lui, con altri suoi colleghi, lo appoggiò su un letto.
Mentre il medico gli disinfettava le ferite, andai dalle mie amiche.
«Non so come ringraziarvi, ragazze» confessai «ma adesso tornate ad Harvard. Io resto qui»
«Infatti, rimango io con lei» affermò Susan.
«Ma..» balbettai.
Susan mi interruppe «Zitta».
Salutai Isabel e Cristina e, insieme alla mia amica, mi sedetti, addormentandomi.

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