La mattina seguente il primo suono che sentii fu quello della pioggia, che continuava a battere contro i vetri delle finestre. Ancora con gli occhi socchiusi, osservai la meraviglia che si manifestava davanti a questi ultimi. C'era un carrello, a me molto famigliare, data la frequenza con la quale lo spostavo in giro per l'hotel, con sopra vari vassoio. Erano pieni di qualsiasi tipo di dolce: cornetti, fette di torta alla frutta, al cioccolato. Poi c'era una brocca con all'interno un liquido arancione: spremuta d'arance.
«Buongiorno amore mio» pronunciò la dolce voce di Christian che, in piedi davanti al letto, mi stava osservando.
«Come mi hai chiamata?» chiesi spontaneamente, non credendo a quello che le mie orecchie avevano sentito.
«Ti ho chiamata "amore mio" e non fingere che non ti piaccia. So benissimo che è il contrario». Avevo sentito bene.
«Buongiorno» ricambiai, non aggiungendo null'altro. Corsi solo ad abbracciarlo, tuffandomi nelle sue braccia giganti.Insieme, facemmo colazione, chiacchierando del più e del meno: l'argomento più interessante che toccammo fu quello riguardante una cena per festeggiare i novant'anni dello Sheraton Boston Hotel. Avrebbero partecipato personalità importanti e madrina dell'evento sarebbe stata Celine Dion, che più volte aveva alloggiato all'hotel. Tutti i dipendenti avrebbero preso parte alla festa come semplici invitati e non come impiegati.
«Verrà anche mia madre» esitò, pronunciando quella frase a bassa voce. Non sapevo se essere contenta e considerarlo un passo importante per la nostra relazione o auto convincermi del fatto che qualsiasi cosa avrei fatto, per lei sarebbe stata sbagliata.
«Ti avviso, Carmen, non è una tipa semplice. Non è cattiva, ma può farti penare, se vuole. Tu comportati normalmente, come fai sempre». Dopo questa premessa, decisi che l'opzione due era quella da mettere in pratica.Mi feci una doccia e mi vestii, iniziando a lavorare. Ormai, avevo perso la lezione da seguire, ma lo avevo fatto per una giusta causa. Aiutai il signor Lewis con l'elenco delle cose da comprare per la cerimonia e, insieme, ci recammo in una grossa agenzia.
«Philip Brown ha la sua regia proprio qui dentro» mi informò, con gli occhi luccicanti, indicando un edificio alto e slanciato.
«Signor Lewis, mi scusi che interrompo il suo entusiasmo, ma prima di entrare preferirei sapere dove mi sta portando» gli confessai, non capendo cosa fosse quel luogo.
Edward si incamminò presso la porta d'ingresso e suonò al citofono, aspettando che una voce metallica gli rispondesse.
«Philip è il nostro party planner di. Vedrai, ti piacerà» disse, per poi spalancare il portone dal pomello d'oro che qualcuno gli aveva aperto.Il signor Brown era un uomo sulla cinquantina, un po' sbarazzino. Indossava abiti appariscenti e colorati che davano subito nell'occhio. Ci garantì che avrebbe organizzato un evento di tutto rispetto, del quale si sarebbe parlato per giorni.
Dopo la visita, facemmo rotta verso l'hotel, dove trovando Christian ad aspettarci.
«Allora Edward, cosa mi racconti?» chiese lui, girovagando per la hall dell'albergo e osservandola per scovare tutti i possibili particolari fiori posto.
«Per la festa sarà tutto magnifico, signore. Philip ci ha assicurato che organizzerà un evento senza precedenti!» rispose il signor Lewis entusiasta quanto un adolescente alla prima cotta. Aveva passato gran parte della sua vita allo Sheraton, dopo la morte, causata da una sparatoria, di sua moglie Ketty. Per lui, quella era una seconda casa, il posto che l'aveva salvato. Era stato soprattutto il signor Lewis a contribuire per far diventare quell'albergo il più rinomato di Boston, se non di tutta l'America.Nel pomeriggio ritornai ad Adams House, mettendomi con costanza ed impegno sui grossi libroni che occupavano la mia scrivania. Mi diedi da fare in vista dell' imminente esame, penultimo della sessione. Sistemai i miei capelli in una coda disordinata e adornai il mio tavolo da studio con penne, evidenziatori e matite colorate, in modo da rendere il lavoro più allegro.
«Mi stai davvero dicendo che avete dormito?» sbraitó Susan per tutta la stanza «solo, dormito».
Evitai di rivolgerle una delle mie occhiate fulminanti che non le avrebbero fatto nulla. La convinsi del fatto che non era successo nulla di particolare quella notte tra me e Christian.«Cosa metterai alla festa?» mi chiese, cambiando totalmente discorso. Riflettei un secondo e mi accorsi, effettivamente, di dover comprare qualcosa.
Nei miei pensieri apparve improvvisamente il ragazzo del corridoio che, scontrandomi, fece cadere i miei libri. Presi il mio cellulare, scorrendo tra la rubrica in cerca del suo numero. "Peter" trovai nei contatti con la lettera P, così decisi di telefonargli.
«Pronto» rispose lui, dopo tre squilli. La sua voce era dolce e chiara.
«Ciao, sono Carmen, la ragazza del corridoio». Che frase orribile. "La ragazza del corridoio", pensai. Da allora mi avrebbe sempre ricordata così.
«Oh, tesoro, ciao! Dimmi tutto» mi salutò calorosamente e riuscivo ad immaginare la sua faccia sorpresa da quella chiamata.
«Ho bisogno di un buon trucco e tu, ragazzo, sei quello che fa per me» gli dissi, spiegandogli la situazione. Accettò senza farselo ripetere due volte, elettrizzato dalla mia proposta.Col passare dei giorni, la città di Boston fu tappezzata da volantini e manifesti sulla festa allo Sheraton. In qualunque bar o negozio nel quale mettessi piede la voce dell' evento circolava da persona a persona. Sarebbe stato un ricevimento grandioso, mirato a celebrare la maestosità dell' hotel più rinomato di Boston. Quella sera Christian sarebbe stato felicissimo di ammirare ciò che stava portando avanti e che era sopravvissuto a tre diverse generazioni. Quello dei Williams, lì negli Stati Uniti, era un cognome che diceva tutto.
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Sheraton Boston Hotel
RomanceIN CORSO Spesso a quattro ore di volo dalla propria città si può trovare qualcosa di meraviglioso. È proprio quello che succede a Carmen, volata da Cuba a Boston per frequentare la sua tanto aspirata Harvard, l'università dei sogni. Il college del M...