A marzo, l'aria di Boston cominciava a far passare qualche piccolo, scarso raggio di sole. A Cuba, invece, già si combatteva con i venti gradi. Io giravo ancora con cappello e guanti. Alle volte, con la sciarpa mi coprivo anche la testa, assumendo le sembianze di un'asiatica.
Era il periodo più duro dell'anno. Esami, lezioni da seguire, corsi integrativi. E il tutto sarebbe continuato fino a giugno. Il sistema scolastico ed universitario lì era molto rigido. Raramente c'erano studenti fuoricorso o con un esame in sospeso. Non a caso, l'America è il Paese dei grandi professionisti.
«Buongiorno» mi salutò Isabel, appena arrivata alla caffetteria che affacciava su un magnifico giardino, illuminato dalla timida luce delle sette del mattino.
«Ehi, ciao!» ricambiai, invitandola a sedere vicino a me. La mia amica poggió sul tavolo un cappuccino ed un cornetto a cioccolata. Guardavo il mio caffè all'orzo e la mia fetta biscottata al burro, sprofondando nella tristezza più assoluta.
«Cosa segui oggi?» mi chiese d'un tratto, mordendo il suo croissant.
«Chimica. È una delle ultime lezioni» le dissi, sorseggiando il caffè.Io ed Isabel finimmo la nostra colazione e al nostro tavolo si aggregarono Susan e Cristina, entrambe con delle fette di torta davvero invitanti.
«Buongiorno gente!» esclamò la prima con un sorriso. «Non trovate che oggi faccia più caldo del solito?» ci domandò, mentre si sistemava al tavolo.
«Non proprio, considerando i sette gradi, che diventano quattro di notte» rispose Cristina, mordendo la sua fetta di torta. Susan le tirò un'occhiataccia. Cristina non era cattiva, ma solamente un tantino acida. Quando voleva, anche lei sapeva essere divertente e simpatica.Dopo qualche minuto lasciai le mie amiche alla caffetteria e, con alcuni libri sotto al braccio, mi incamminai verso l'aula di chimica. La lezione sarebbe cominciata tra dieci minuti. Incominciai ad accelerare il passo, scontrandomi con un ragazzo di colore, che fece cadere i miei libroni sul pavimento.
«O mio Dio! Perdonami» mi disse, mentre cercava di richiudere i manuali che, nella caduta, si erano aperti. Dissi di non preoccuparsi e lo aiutai a recuperare i libri da terra.
«Sono davvero mortificato» si scusò nuovamente, e in lui notai un filo di mascara sulle ciglia e altri pigmenti per il viso che gli rendevano la pelle luminosa e liscia, dei quali io non ero esperta
«Wow! Ma sei bravissimo. Come fai a truccarti in questo modo?» esclamai, continuando ad ammirarlo.
«Oh tesoro, ti ringrazio».
«Io non ne sono capace, dovresti darmi qualche "lezione"». La mia richiesta era, in modo gentile, un'affermazione.
«Ma certo! Ti lascio il mio numero. Quando vuoi, chiamami». Gli diedi il mio cellulare, in modo da fargli segnare il numero. Senz' altro l'avrei contattato.Ritornai in camera dopo pranzo, per riposarmi dopo l'intenso giornata di lezioni e di studio. Aprii la porta con la chiave lasciatami il primo giorno dalla signora del banco, e non credetti ai miei occhi. La stanza era perfettamente in ordine. I letti erano sistemati, non c'erano calzini e pigiami sul pavimento e un odore di vaniglia inondava la camera. Ma, cosa più strana e sorprendente, c'erano i miei genitori e i miei fratelli ad aspettarmi.
Restai impalata sulla soglia della porta, mentre mia madre mi fissava, sorridente, con i suoi occhi scuri e i capelli legati in uno chignon spettinato. Corse ad abbracciarmi, ed io restai immobile, ancora incredula. Non riuscivo nemmeno a sbattere le palpebre dall'emozione.
Pian piano, tutti vennero a salutarmi, abbracciandomi calorosamente. C'era anche mio padre, che non vedevo da prima della partenza. Erano tutti molto cambiati. Mia sorella aveva tagliato i capelli e indossava un elegante vestitino. Mio fratello era diventato più altro ed era quasi grande quanto me. Mio padre aveva i capelli un po' più bianchi e mia madre era leggermente dimagrita.
«Mi sono permessa di pulire la stanza, spero non ti dispiaccia» confessò, e mi ritornò l'ordine presente nella camera.
«Allora, Carmen, cosa ci racconti?» chiese mio padre, con gli occhi che gli brillavano.
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Sheraton Boston Hotel
RomanceIN CORSO Spesso a quattro ore di volo dalla propria città si può trovare qualcosa di meraviglioso. È proprio quello che succede a Carmen, volata da Cuba a Boston per frequentare la sua tanto aspirata Harvard, l'università dei sogni. Il college del M...