24 - Isolani

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Prima tappa del nostro viaggio fu Cayo Santa Maria, una piccola isola al largo della costa settentrionale cubana.

La prima volta che la raggiunsi avevo dodici anni. Ricordo poco di quella volta, ma l'occasione che mi portò lì fu una gita scolastica che non potevo permettermi. Così, i miei professori me la regalarono, senza che io o la mia famiglia gli dessimo nulla in cambio.

Ricordo i pianti silenziosi nella mia camera quando lessi la cifra da pagare per parteciparvi. Sapevo già che sarebbe stato troppo. Ma quando comunicai ai miei insegnanti che a malincuore non sarei potuta partire, confabularono tra di loro e mi comunicarono la bella notizia in pochi secondi.

«Sto sognando?» Christian restò abbagliato dal paesaggio che gli si presentò dinanzi agli occhi. Sabbia bianca e soffice, quasi come un prato bagnato dalla rugiada. Il mare era immenso, ampio e di tre colorazioni diverse in base ai punti d'osservazione. L'aria era fresca e non eccessivamente calda. Il sole splendeva.

Ad aspettarci c'erano i nostri ombrelloni in paglia e due sdraio blu e bianche, adagiate delicatamente sul suolo color latte. A riva c'erano delle conchiglie rosa che spiccavano sulle sabbia candida. Era tutto estremamente bello, composto, rilassante.

Il rumore del mare che s'infrangeva contro la battigia accompagnava ogni nostro respiro sincronizzato. Era il Paradiso.

«Ti ricordo che sei in una delle isole più belle dei Caraibi». Era del tutto comprensibile il suo stupore. Anche io mi trovavo nella sua stessa situazione, nonostante fossi già stata lì.
«Andiamo a bagnarci?» mi chiese, sfilandosi la maglia verde bottiglia dal petto, mostrando così il suo corpo imponente e atletico. Si tolse gli occhiali da sole a goccia e li appoggiò sotto l'ombrellone di paglia. Abbandonò i suoi infradito sotto la sdraio e si allontanò di qualche metro da quest'ultima.

Feci cenno di sì con la testa, togliendo il vestito bianco di lino che indossavo. Tirai dalla mia borsa da mare un tubetto di crema solare che spalmai velocemente sul mio naso e sui miei zigomi. In quel momento sapevo di aver perso tutta la mia dignità, dati i probabili segni bianchi sulla mia faccia.

Raggiunsi la riva e l'acqua incontrò i miei piedi. Era fredda, come sempre. Restai ancora qualche secondo a contemplare la bellezza di quel posto, dell'orizzonte che in realtà non aveva una fine, finché il mio pensiero di pace e tranquillità venne interrotto da uno getto d'acqua improvviso che mi bagnò quasi completamente.

Girai lentamente la testa verso Christian, preparando il mio sguardo più minaccioso di sempre. Iniziò a scappare da me e l'acqua cominciò a salire per il suo corpo, finché non s'immerse completamente in questa.

Lo raggiunsi nuotando a bracciate ampie, sperando che l'acqua non mi otturasse completamente le orecchie. Lo raggiunsi in un baleno e questo non mi sorprese, date le mie abilità in campo acquatico.
«Non farlo mai più» lo rimproverai, alzando il dito indice al il cielo in segno d'avvertimento.
«Altrimenti?» chiese lui, con un tono sfacciato e prepotente tipico del bulletto che ti ruba le caramelle.
«Altrimenti potrei accidentalmente affogarti» m'imposi, accennando un sorriso che in quella situazione uscì spontaneo.

Poi attorcigliai le mie braccia al suo collo finché non mi ritrovai sott'acqua, con le labbra sulle sue e tante bollicine che salivano verso la superficie del mare.

Il nostro albergo, dal nome originalissimo –Cayo Santa Maria Hotel – affacciava sul mare. Era completamente bianco e mi chiedevo come facesse s restare così candido. Vi facemmo ritorno solo dopo io tramonto dai colori intensi che qualche minuto prima era caduto in mare.

L'hotel era diverso dallo Sheraton. Era più moderno, aveva le vetrate, le luci a led e non c'era del legno da nessuna parte. Allo stesso tempo ciò mi sollevava dal momento che non mi sentivo oppressa dal quotidiano.

«Ti va di fare un giro stasera?» domandai a Christian, il quale si gettò sul letto della stanza appena mise piede in quest'ultima.
«Come vuoi» rispose, chiudendo gli occhi.
«Lo prendo come un "sono stanco, voglio dormire"». Mi stesi vicino a lui. Il cellulare vibrò tra le mie mani.

Susan: ti sei già dimenticata di me?
Paul: Cuba ti ha fatto perdere la memoria?

Sorrisi alla vista di quei due messaggi. I miei migliori amici, che quasi non si conoscevano, avevano un feeling tanto acuto. Risposi ad entrambi, scrivendogli un lungo messaggio per raccontare le mie giornate vuote senza di loro, che acquistano un senso solamente grazie a Christian e a Cuba.
Ero felice di quella vacanza, la desideravo da tanto, ma sarebbe stato tutto perfetto se ci fossero stati anche loro.

Mi svegliai alle tre e un quarto di notte e sentii la testa di Christian appoggiata al mio petto e il suo fiato su di esso. Feci fatica a ricordare come fossimo finiti in quella posizione e come ci fossimo addormentati.
Cautamente, mi allontanai da lui, lasciando la sua testa sul cuscino. Mi avvicinai alla porta del bagno, quando sentii la voce calda e assonnata di Christian.
«Dove vai?».
«Mi dispiace averti svegliato. Dormivi così bene...».

Improvvisamente sentii due mani all'altezza dei miei fianchi. Il calore di quel tocco, così delicato e allo stesso tempo prepotente, si impossessò di tutto il mio corpo. Percepii la tenerezza dei baci che Christian mi stampò sul collo e inclinai la testa, in modo da fargli spazio. Mi strinse ulteriormente con le mani che cercavano la mia pelle al di sotto della mia maglia. Mi abbandonai a quel momento, tutto e solo nostro, chiudendo gli occhi e ripetendo in mente "è lui!".

Sheraton Boston HotelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora