10 - Concentrazione

115 6 1
                                    

«Come si sente, signore?» chiesi a Christian.
Era uscito dall'ospedale da poco ed era la prima volta che lo vedevo allo Sheraton dalla sera dell'aggressione.
«Una meraviglia, Carmen» mi rispose «come va con lo studio?». Sarebbe piaciuto anche a me rispondere con "una meraviglia"...

«Bene» bisbigliai, abbassando lo sguardo. Il signor Williams mi fissò attentamente, per scrutare ogni minimo particolare.
«Le ho mai detto che ho la straordinaria capacità di capire quando una persona mente?» mi disse.
«Beh, non è stato un periodo semplice» ammisi, sospirando nel ripensare all'ultimo mese trascorso tra lavoro e università.
«E per questo mi sento responsabile, sa?» ribatté, incrociando le braccia e portandosele al petto.
«Non deve, signor Williams. È solamente il frutto della mia mancata organizzazione» puntualizzai. Anche se, a dirla tutta, lui era stato protagonista della mia vita in quelle settimane, contribuendo a renderla inusuale e sconvolgente.
«Non dica sciocchezze, Carmen. Piuttosto, se vuole, questa sera può venire qui a studiare. La aiuto io» mi consigliò, sicuro della sua affermazione.

Esitai un secondo prima di rispondergli, finché un «d'accordo» uscì dalla mia bocca senza il mio permesso. Non potevo più tirarmi indietro.

Ritornai ad Harvard per fare una doccia, date le pessime condizioni nelle quali ero a causa del lavoro.

«Mi stai dicendo che il tuo capo bello, atletico e possente ti ha invitato a studiare da lui?» ridacchiò Isabel.
«Si, e quindi? Si è solo sentito in dovere di dovermi aiutare come io ho aiutato lui durante la sua assenza» risposi, mentre mi passai l'acqua sui capelli sporchi.
«Si.. come no» risero entrambe.
«Andiamo, smettetela!» sbraitai, fulminandolo con un tono di voce minaccioso ed autoritario che le costrinse a restare in silenzio.

Uscii dal bagno ancora in accappatoio e mi stesi, finalmente, sul mio letto.
«Hai già deciso cosa metterti?» esclamò Susan, entusiasta alla sola idea di me e Christian nella stessa stanza a... studiare!
«Quello che metto sempre» risposi seccata alla sola ipotesi che le mie amiche avevano formulato, la quale prevedeva l'esistenza di un secondo fine dietro la proposta del signor Williams.
«Non va bene ragazza! Forza, vieni a scegliere qualcosa nel mio armadio».
Poi aspettò qualche secondo, in attesa che io mi alzassi dal letto.
«Carmen, tira su quel culo» gridò e i miei timpani implorano pietà.

«Penso che questa salopette vada bene» mi disse soddisfatta Susan.
Mi appoggiai al muro della sua enorme cabina armadio e scivolai fino a sedermi sul pavimento «va bene, prendo questa».
«Oh, andiamo Carmen, un po' d'entusiasmo» proferisce lei, in attesa che faccia i salti di gioia.
«Ho detto che va bene la salopette, Susan. Cos'altro vuoi che dica?»
«Che sei elettrizzata per questa sera» puntualizzai
«Sono elettrizzata per questa sera» ripetei «adesso vado a lezione, a dopo» dissi, prendendo il mio zaino e uscendo dalla stanza.
«Ricorda di venire a cambiarti dopo!» urlò la mia amica rincorrendomi.

Bussai alla porta dello Sheraton Boston Hotel con due rintocchi. Aspettai sullo scalino che qualcuno aprisse, in mezzo al vento serale di questa città.
All'improvviso un suono metallico rimbombò nel silenzio.
«Salve Carmen, si accomodi».
«Salve signor Lewis, come va?» lo salutai.
«Molto bene, cara. La ringrazio. Il signor Williams la aspetta nel suo ufficio».

Mi incamminai verso il corridoio con le pareti rivestite con la tappezzeria verde, poi bussai.
«Si?» pronunciò una voce.
«Sono Carmen».
«Entri pure».
Spalancai la porta. Davanti a me si manifestò la figura del Signor Williams, con gli occhi blu mare e il fisico alto e possente, insieme a quella di una donna col cappotto lungo e gli stivali dal tacco alto.
«Venga, Carmen» disse Christian invitandomi ad entrare.
Timidamente, misi piede nella stanza. La bella donna in compagnia del signor Williams uscì. Si sentiva solo il rumore delle sue scarpe.

«L'ho disturbata? Se vuole possiamo anche rimandare».
Avrei voluto sprofondare. Lui sospirò.
«Non mi ha disturbata affatto. Prego, si sieda»
Mi avvicinai alla scrivania in legno con intarsi eleganti e ben fatti. Per un attimo rimanemmo entrambi in silenzio non sapendo cosa dire.

«Mi faccia vedere cosa sta studiando» disse, spazzando via l'aria d'imbarazzo che regnava soprana fino a qualche secondo fa.
Presi il mio librone dallo zaino e glielo mostrai. «Fisica medica».
Christian mi guardò e dal suo sguardo perplesso compresi che non sapeva minimamente di cosa io stessi parlando.
«Perfetto, quando ha l'esame?» mi chiese, fingendo che la materia gli appartenesse.
«Tra due settimane».

«Vediamo un po'...» disse sfogliando le pagine.
«Parlami della legge di Stevino» mi ordinò, infine, guardandomi negli occhi e assumendo l'aria da professore universitario.
Quella cosa era alquanto ridicola e assurda, ma mi avrebbe fatto bene ripetere con più leggerezza.
«Un corpo immerso in un fluido ad una profondità h subisce una pressione data dalla somma della pressione atmosferica e dalla pressione esercitata dalla colonna di fluido sovrastante il corpo» dissi convinta.
«Bene, andiamo avanti» affermò il mio nuovo professore.
«Cos'è il numero di Reynolds?»
«Il numero di Reynolds è una grandezza adimensionale che descrive il passaggio dal moto laminare al moto turbolento per i fluidi in un condotto» dissi nuovamente soddisfatta.
«Grandioso. Andiamo avanti»

«Signor Williams...» sussurrai «non pensa che sarebbe meglio fermarci?».
Christian alzò lo sguardo dal mio libro e mi fissò attentamente.
«Che ore sono?» mi chiese.
«L'una e cinque minuti» risposi.
«Dice sul serio?» affermò, sgranando gli occhi.
«Proprio così».
«Se non le dispiace, io andrei» conclusi.
«Ma cosa dice? Dove va a quest'ora?» mi disse alzandosi dalla sua poltrona. «Al massimo, se non vuole restare a dormire qui, la accompagno io».
«Sa quanto mi piace dormire in queste splendide camere, ma domani ho un'ultima lezione da seguire prima dell'esame. Preferirei tornare ad Harvard» ammisi. Quasi quasi mi scese una lacrima al solo pensiero che non avrei dormito lì.
«Perfetto, vado a prendere l'auto» affermò lui.

Sheraton Boston HotelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora