Sotto una buona stella

21 0 5
                                    

"Ora sei andata via senza dirmi perchè. E con te se ne va una parte di me. [...] Ora se osservo in cielo c'è una luce che brilla. La tua presenza è più forte. Sei la mia buona stella."

Michele Bravi

Sono ormai 4 mesi che te ne sei andata e sono 4 mesi che non metto piede in casa tua. Sono 4 mesi che mi chiedo perchè te ne sei dovuta andare così, senza dire niente, dall'oggi al domani. E' da quel 19 settembre che ogni sera mi siedo sul letto e guardo fuori dalla finestra. Perchè quando ero piccola mi dicevi sempre che il nonno era seduto su una di quelle stelline e che da li mi proteggeva. Mi raccontavi che stava lassù, che da lì poteva vedere tutto e tutti e che un domani lo avresti raggiunto perché ti mancava tanto. Quel giorno speravo non arrivasse mai, o almeno non così presto. Ora capisco quanto ti mancava il nonno perché ora sei tu a mancare a me. Mi manca il tuo rituale del pisolino pomeridiano, mi manca quando mi dicevi che nel biberon c'era una sorta di pozione magica per farmi dormire bene ma che in realtà non era altro che acqua e zucchero ma che, all'epoca, per me era la cosa più buona del mondo. Mi manca quando mi minacciavi di darmi "du sgiafun" solo perché ti prendevo in giro per la tua grammatica, solo anni dopo ho capito che i tuoi errori grammaticali erano causati dal tuo aver dovuto lasciare lo studio a dieci anni per mantenere la famiglia. Mi manca il sentirti urlare quando tiravo fuori il "telefonino" a tavola, mi manca il sentirti raccontare le vicende della tua giovinezza durante i pranzi di Natale, mi mancano le mattine passate a casa tua quando invece dovevo andare a scuola.

Il giorno in cui ti ho detto che mi sarei trasferita a parecchi chilometri da te mi si è stretto il cuore nel vedere sul tuo viso la preoccupazione di avermi così lontana da casa. E ogni volta che ti telefonavo, la prima cosa che ti premeva sapere era se mangiavo abbastanza o se stessi facendo la fame (manco fossi andata in missione in Africa). E da lì tutto ha iniziato a precipitare. Tutt'oggi sono convinta che se io non me ne fossi andata, tu saresti ancora qui con me, a ridere con me delle mie disgrazie, ad asciugarmi le lacrime versate per colpa di qualche ragazzo stronzo che mi faceva stare male, a prepararmi litri di camomille quando non stavo molto bene o a offrirmi il tuo letto quando non riuscivo a studiare abbastanza per le verifiche e quindi piuttosto che farmi prendere un brutto voto, mi lasciavi passare la mattinata a casa tua per poi chiamare la mamma e mettere una buona parola per me. Sono convinta che la tua malattia sia stata risvegliata dalla preoccupazione che ti ho messo dicendoti che non ci saremmo più potute vedere così spesso ma solo una o due volte al mese. I primi periodi mi chiamavi tutti i giorni, poi con i mesi si sono fatte sempre più rare fino a quando, durante una chiamata, ti sei lasciata sfuggire che stavi in ospedale e che stavi aspettando il medico per la visita quotidiana. In quel momento mi si è chiuso lo stomaco, ho creduto di poter morire. La mamma ti ha strappato di mano il cellulare in fretta e mi ha detto che non avrei dovuto preoccuparmi, che era tutto a posto. Volevo prendere il primo treno e tornare da te, da te che sei sempre stata una seconda mamma. Le visite in ospedale sempre più frequenti, la tua memoria che iniziava a darti problemi, la bocca che non voleva minimamente collaborare. La prima paralisi alle gambe, il perdere velocemente il tatto nelle mani, le parole che iniziavano a mancarti. Non ti ho mai vista così giù di morale come in quei giorni. Ti rendevi conto di quello che ti stava succedendo ma non volevi ammetterlo. Ti ho visto troppo spesso piangere per non essere più come a vent'anni. Quando hai iniziato a non riuscire più a parlare, da un lato ho ringraziato il cielo per non doverti più dare spiegazioni di quello che ti stava accadendo, ma dall'altro ora pagherei oro per sentirti ancora ridere di me e con me. Mi piange il cuore sapere che hai passato gli ultimi sei mesi paralizzata su una maledetta sedia, senza saper più ne parlare ne muoverti. Ma io capivo dai tuoi occhi che non riuscivi più a sopportare quella situazione.

Era il 18 settembre. Il giorno in cui la mamma mi ha chiamato dicendomi di prendere il primo treno per tornare a casa perché la tua situazione era peggiorata, erano due giorni che non volevi neanche più farti mettere sulla sedia, erano due giorni che non volevi neanche più mangiare. Ho pianto tutto il pomeriggio. Sono arrivata a casa, mi hai guardato, mi hai stretto la mano e ti sei messa a dormire. Io ti ho stretto la mano, ti ho dato la buonanotte e ti ho detto che ci saremmo viste il giorno dopo. Ma quella promessa non ho potuto mantenerla. Non ho nemmeno fatto in tempo ad arrivare a casa tua che già tu non c'eri più. Mi hai lasciato con un sacco di rimpianti. Rimpiango tutte quelle volte che non ti sono venuta a trovare, le volte in cui non ti ho detto che ti volevo bene, le volte in cui non ti ho abbracciato abbastanza forte.

Tutte le sere mi ritrovo a guardare verso quella stellina, quella dove il nonno controlla tutto e tutti e ti penso lì con lui. Penso a quanto possiate essere felici ora, ora che finalmente siete tornati insieme. Non ce la facevi più a stare senza di lui, ma sapevi bene che qui avevamo ancora bisogno di te. Ho ancora bisogno di te, tutti noi ne abbiamo, ma so che qui non potevi più stare, non in quel modo. Ti faccio una promessa, per quanto possa valere ora: ti prometto di portare agli altri nipoti i tuoi insegnamenti, quello che tu hai insegnato a me. E ti prometto di mantenere vivo il tuo ricordo in loro.

Dear DiaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora