4. |In India|

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...In India

L'India è stata un paese con sistema patriarcale che ha impedito alle donne di emanciparsi, sin dall'antichità. L'inferiorità delle donne, infatti, è stata codificata dal Codice di Manu: durante l'infanzia essa è proprietà del padre, nell'adolescenza del marito e, in caso di morte del marito, proprietà del parente maschio più prossimo.
Questo antico precetto è molto importante perché è alla base delle oppressioni vecchie e nuove. Infatti, nonostante la condizione della donna sia migliorata con l'avvento della modernità, la tradizione è ancora molto radicata in tutto il paese.

La donna è inferiore per motivi religiosi, ma non solo.

Nel corso del tempo la donna è stata sempre più relegata alle mura domestiche ma, cosa più importante, ha perso il suo valore religioso: fino a pochi anni fa le donne non potevano infatti leggere testi sacri né partecipare a riti religiosi di alcun tipo, considerando che gli indù vantano una storia molto antica della loro religione. I figli maschi avevano l'incarico di accendere il rogo funerario dei genitori: in assenza del figlio maschio e di questa pratica, l'anima dei genitori si sarebbe reincarnata infinitamente. Assumendo questo ruolo a livello religioso ,anche il figlio subordina la madre, che è considerata solo come consorte, indispensabile per avere figli maschi che possano portare alla salvezza dell'anima. Se la donna ha identità solo come moglie, quando muore il marito non ha più senso di esistere. La vedova viene quindi abbandonata, allontanata e costretta ad una vita di rinunce. Negli ambienti tradizionali la vedova deve radersi la testa, poiché ogni singolo capello manda una reincarnazione al marito. Deve inoltre vestirsi di bianco, colore del lutto e non le è più permesso indossare il Sindur (la polvere rossa che solitamente si mette sulla testa) né gioielli di alcun tipo.

Moltissime vedove si riuniscono negli Ashram, comunità per vedove che raccolgono un grandissimo numero di donne. Molte vedove possono contare sulla pensione mensile che gli viene garantita, ma non è così per tutte: altre sono costrette a fare l'elemosina o a prostituirsi ancora oggi. La loro condizione è emblematica: permette di capire che le radici del perché la condizione della donna in India sia così critica sono da ricercare nella religione, ma, soprattutto nell'economia. Mantenere una vedova ad esempio, costa perché secondo essi, sarebbe una spesa "a vuoto".

Per sopperire a questo problema, negli anni passati la vedova poteva sublimare la sua devozione al marito immolandosi e morendo con lui sulla pira funeraria. Questo fenomeno è denominato sati. Codesta pratica disumana si diffonde nel 400 d.C. specialmente nella casta dei guerrieri. Nel 1829, sotto il governo inglese, la pratica venne proibita ma con scarsi risultati. E' grazie ai riformatori indiani, arrivati in seguito, che ormai è una pratica poco in uso (si stima un caso su un milione) ma la cronaca recente fa pensare che ci siano episodi del genere nelle aree rurali che sfuggono al conteggio. Nel 1987 il fenomeno della sati balza alla cronaca: una ragazza di 18 anni di nome Rup, dopo 8 mesi di matrimonio, muore sati in un villaggio. Rup era una ragazza istruita e per questo si pensa che fosse contraria al gesto, ma che drogata e spinta dal suocero alla fine sia mancata. Nel 2006 ci sono stati tre casi denunciati di sati.

Ma come può questa pratica essere ancora in auge?

Vitale importanza ha il fenomeno della glorificazione della sati: ricchi uomini d'affari divinizzano il culto a questa pratica, costruendo templi in loro onore e dando vita così ad un turismo religioso. Nel caso di Rup, al sacrificio di questa giovane vedova hanno partecipato un sacco di persone e alla cerimonia post sacrificio circa 50 mila. Vennero inoltre donati tre milioni di rupie (valuta indiana) per la costruzione di un monumento in onore di Rup, che permette ogni anno a milioni di visitatori di giungere al villaggio.
Solo i gruppi femministi, al contrario del governo, hanno per molto tempo lottato contro il fenomeno della glorificazione della sati e soprattutto contro lo sfruttamento economico di una tradizione.
Ancora una volta, è evidente come la condizione della donna oggi è regolata da testi sacri redatti secoli fa e da motivi economici.

"avere una figlia è come annaffiare il giardino del vicino"

Recita un famoso proverbio indiano. Avere una figlia non porterebbe guadagno, anzi: bisognerebbe provvedere sempre al suo sostentamento e alla sua dote da parte della famiglia. Questa concezione della figlia femmina fa sì che ci sia una preferenza per i bambini di sesso maschile e che le bambine vengano discriminate, meno istruite, curate e nutrite. Le figlie sono considerate un peso gravoso per la famiglia, così molte volte si ricorre alla loro uccisione.
Il fenomeno del femminicidio in culla è un rito tradizionale: la madre deve uccidere la figlia appena partorita. A seconda delle varie comunità, esistono diverse pratiche per uccidere le bambine. Le bambine possono essere soffocate con il riso, o con dell' oleandro mischiato al latte; l'importante è che esse vengano uccise tramite il "nutrimento": questo perché le bambine vengono nutrite ed è il fato a volere che muoiano (giustificazione karmica). Inoltre, i movimenti femministi degli anni Ottanta hanno lavorato duramente per far sì che l'amniocentesi e l'ecografia non venissero utilizzate per capire o meno il sesso del bambino e in base a quello decidere se tenerlo oppure no. Nel gennaio del 1981, il governo del Maharashtra abolì l'amniocentesi per capire il sesso, nel luglio 1994 il divieto venne esteso a tutta l' India. Eppure, anche in questo caso, è servito a poco. Il sesso viene molte volte comunicato a voce sotto pagamento e sono molte le coppie benestanti che ovviano al problema andando in America per farsi impiantare l' embrione maschile. In molti stati del nord, le normali proporzioni tra le nascite dei due sessi sono ormai completamente sbilanciate a favore dei nati maschi. L'infanticidio femminile determina uno scarto tra la popolazione maschile e quella femminile pari a 933 donne ogni 1000 uomini ( dati risalenti al 2001). Per capirci, in Europa le donne sono 1050 ogni 1000 uomini.

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