Sei felice?

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"Sei felice?" Mi chiese.

Ero seriamente felice?

Avevo voglia di sorridergli e rispondere con un:

"Certo che sono felice!"

Quella risposta che davo tutte le volte, ma quella frase si bloccò in gola, non riusciva a passare, come se qualcuno mi stesse soffocando.

Lo guardai preoccupata, che stava succedendo?

Dov'era la bambina felice di tanto tempo fa?

Sparita, scomparsa, morta, seppellita sotto metri di terra.

E quando dalla mia bocca uscì un gelido "No" lui mi guardò e fece il suo solito sorriso finto e mi chiese "perché?".

Restai in silenzio. Non lo sapevo il perché, ma non ero felice, mi mancava qualcosa.

Mi mancava quel sorriso spensierato che avevo, ma che in quel preciso momento non c'era più, sembrava essersi volatilizzato come la bambina felice di tanto tempo fa.

Mi mancavano le giornate in cui ridevo a crepa pelle e me n'è infischiavo dei crampi alla pancia.

Ma quello che mi mancava dov'era?

Dove potevo ritrovare la "me di tanti anni fa"?

Risposi con un semplice: "Non lo so."

"Qualcuno ti ha deluso? Ti ha fatto diventare triste? Non sei riuscita a superare delle prove?" Domandò posizionandosi meglio sulla sedia rossa.

Lo guardai e poi guardai il muro bianco inespressivo che quasi mi accecava.

Mi concentrai sulla prima domanda.

Chi mi aveva deluso?

Di certo non la mia famiglia, non la mia migliore amica. Chi allora?

Forse io. Ero diventa così insensibile alle emozioni, ero stata così cattiva con me stessa. Che avevo fatto io per diventare così? Niente, è stato il destino a farmi diventare così.

Ma esiste il destino? Io credo di no. Quindi si ritorna a me:

È colpa mia se sono diventata così.

"Io."

"Come scusa?" Chiese, lo guardai e sorrisi.

Un sorriso pieno di amarezza.

"Sono delusa da me stessa."

"E perché?" Chiese continuando a scrivere sul suo taccuino. Glielo avrei preso e strappato se avesse continuato.

"La gente é così stronza che lo sono diventata anch'io." Dico.

"E ti odi per questo?" Chiede fermandosi. Finalmente, pensai.

"Mi odio perché mi amo anche se sono così stronza e insopportabile. E lei é felice?" Chiesi.

Lui mi guardò, con uno sguardo indifferente:

"No, nessuno é felice." Disse.

"Io credo ci sia gente felice, sa?" Dico, alzandomi dalla sedia, "Gente che se ne infischia del mondo e vive la propria vita. Questo mondo é una merda, se ne reso conto, psicologo?" Corrugò le sopracciglia, "Io, si. Sono decisamente convinta che il mondo modifichi le persone. Dalla gente spensierata che siamo, esso, ci trasforma in gente stronza, decisamente cogliona e noiosa. Io sono una di quelle." Affermai con una smorfia, "Ma da adesso me ne infischierò del mondo. Mi manca essere felice, mi manca troppo. Se lei, psicologo, vuole restare qua a innervosire i suoi pazienti con il suo taccuino, bene. Le auguro una vita piena di oscurità, ignoranza e codardia. Buona giornata."

Uscì dall'edificio e sorrisi. Finalmente sorridevo per davvero. Dovevo essere felice, questo era il obbiettivo.

La notte illuminata dalle stelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora