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Le lacrime non smettevano di scendere, nemmeno per riposarsi.

L'intimo strappato, rotto, l'elastico era letteralmente inutilizzabile.

La canotta mi era stata strappata via con forza e violenza.

I graffi che avevo su tutto il corpo, bruciavano, ma mai come il dolore che avevo dentro.

Sono stata debole, avrei dovuto opporre resistenza e invece...

Solo la doccia, provenire dalla porta del bagno, faceva spazio fra i miei pensieri.

Poteva essere il momento perfetto per andarsene, scappare a gambe levate.

Scesi dal letto, cautamente, mentre sentivo ancora l'acqua proveniente dalla doccia.

Vicino al comodino c'era un completo di intimo, color bianco, uguale a quello dell'altra sera.

Lo indossai velocemente, cercando di non fare rumore, e camminai verso la porta.

Passo dopo passo, il mio cuore martellava sempre più forte, facendo eco nelle mie orecchie.

Tocco la maniglia gelida della porta, e con sorpresa, noto che era aperta.

Non vedevo l'ora di andarmene, uscire da quell'inferno, lontana dalla camera e quei loschi ricordi.

Abbasso la maniglia, e apro leggermente la porta, vedendo uno spiraglio di luce leggero provenire da fuori.

Non sapevo che ore fossero, spalancai così la porta, ma un particolare mi colpì.

L'acqua non scorreva più.

Quasi stentavo a reggermi in piedi, non feci in tempo a varcare la soglia, quando un paio di mani, mi tirarono per i fianchi, facendomi andare addosso ad un petto, duro, freddo e bagnato.

«Dove credevi di andare, piccola?», sogghignò, spostandomi la ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Ti è sfuggita quella frase che dissi al nostro primo incontro?».

Chiusi gli occhi, distogliendo lo sguardo da lui. Quella sottospecie di uomo, meschino e crudele.

Mi buttò a terra, bloccandomi, e tenendomi il sinistro disteso.

«Morsmordre», gridò puntando la bacchetta verso il mio braccio.

Mi dimenai, anche se era impossibile, gridavo e cercavo aiuto, forse con la porta aperta, qualcuno, avrebbe potuto aiutarmi.

Guardai il braccio, dove si stava formando il Marchio Nero.

«T-ti prego, smettila».

Non mi guardava, e si alzò, lasciandomi accasciata a terra.

«Immobilus», aggiunse, ritornando in bagno.

Chiusi gli occhi, piangendo.

Voleva rovinarmi, rendermi sua schiava.

Ma a che scopo?

«Deleterius», un sussurro mi giunse all'orecchio.

Un paio di mani, mi alzarono, portandomi via da quella camera, da quella casa, ma soprattutto da quell'incubo tremendo.

Aprii gli occhi, non riconobbi la persona che mi stava portando, ma era un uomo.

So solo che mi sentivo inerme, molle e soprattutto usata.

«Fermi dove siete!», gridò quella voce cupa.

«No», rispose per poi smagnetizzarsi insieme a me.

Trust me, Granger.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora