Una scomoda verità

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Sono in una stanza buia, polverosa e piena di ragnatele in modo esagerato.
Sento dei suoni molto ovattati e scorgo una luce molto lontana, che da dove mi trovo non illumina molto.
Inizio a camminare verso il lume.
Cerco di non toccare le ragnatele.
Più mi avvicino più i rumori ovattati diventano un fischio unico e acuto.
A un certo punto mi blocco perché se facessi un altro passo mi scoppierebbe la testa.
Allungo la mano e per sbaglio sfioro una ragnatela: immagini orribili e inquietanti simili a quelle di un massacro invadono la mia mente, seguite da una risata agghiacciante.

Mi sveglio di soprassalto con il fiato affannato e la fronte sudata.
Delle urla invadono la mia mente, facendomi perdere la sensibilità.
Sento odore di sangue, di cadavere.
Metto le mani alla testa, chiudo gli occhi.
-Non... ce... la faccio più!- grido.
Sento che Marshall poggia una mano sulla mia spalla e cerca di calmarmi.
Mi alzo di scatto dal letto e corro alla finestra spalancandola.
Poi, urlo.
Un grido uguale a quello di due sere fa, stessa potenza e stessa stranezza.
Smetto e mi volto: Marshall si sta tappando le orecchiette con la coperta e mi guarda.
Sembra impaurito e sconvolto.
Non posso sopportare che anche lui mi guardi così.
Le lacrime si fanno largo sul mio volto e mi accascio a terra sfinita.
Marshall si avvicina velocemente e mi stringe mentre siamo ancora seduti sul pavimento.
-Tranquilla, ora è finito.- ripete come un mantra.
-Lydia, hai urlato ancora?- mi domanda mio padre mentre entra nella stanza con mia madre.
Annuisco debolmente.
Intravedo i miei che si guardano preoccupati e consapevoli di quello che sta succedendo ma ora non ho forze per parlare.
Mi portano un bicchiere d'acqua e mi dicono di dormire, però, al contrario di Marshall che russa nuovamente, io non riesco a riprendere sonno: forse faccio paura anche a Morfeo.
...
È mattina.
Finalmente questa notte da incubo è finita.
Sono peggio di uno zombie: pallida, occhi rossi e occhiaie.
La prima cosa che faccio è scendere in cucina e parlare ai miei genitori.
-Lydia, sei sveglia. Tutto ok?- domanda mio padre.
Non rispondo.
-Stai ancora male?- chiede mia madre preoccupata.
-No, cioè, sono stata meglio.-
-Marshall viene a fare colazione?-
-No, mamma, sta ancora dormendo. Io invece sono qui per chiedervi una cosa.-
-Chiedi pure.- dice mio padre mentre posa la tazza del caffé.
Li scruto con gli occhi stanchi e poi prendo il coraggio di parlare.
-Stanotte, quando siete venuti in camera mia, ho visto che vi guardavate in modo strano, eravate preoccupati certo, ma sembrava che sapeste qualcosa. Quindi, sapete qualcosa?- concludo sedendomi e intrecciando le dita delle mani.
Impallidiscono e si voltano per guardarsi.
-Allora? Io aspetto.-
-Lydia,- inizia mio padre -non siamo stati del tutto sinceri con te. Vedi... come posso dire.- si interrompe.
-Non sei completamente originaria di Gotham, solo tuo padre lo è.-
Li osservo impaziente.
-E questo cosa vuol dire?-
-Io vengo da Beacon Hills, una cittadina della California. Tu pensi che il sovrannaturale esista solo nei film, ma non è così. Tutte quelle creature, lupi mannari, cacciatori, cerberi, esistono nella vita reale e si concentrano soprattutto lì, a Beacon Hills.- prende fiato -Tua nonna era una di loro, tua nonna era come te.-
Deglutisco: non sono l'unica? Ma non ho mai sentito parlare di una creatura come me.
Esito per un secondo, poi parlo -E che cosa sono io?-
-So solo che puoi predire la morte, non di chi e non quando, ma so chi ti può aiutare. A Beacon Hills vive una ragazza con le tue stesse abilità, potrei farla venire qui.-
-Risolverà questo problema?!- chiedo speranzosa.
-No, può solo aiutarti a controllarlo.-
Non è possibile, non posso rimanere vincolata a questa condizione per sempre.
-Come si chiama?-
-Jane Forster.-
Picchietto le dita sul tavolo.
-Beh, non mi sorprendo molto che esista il sovrannaturale, qui resuscitano i morti.-

Criminal and Banshee Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora