Polizia

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La notizia dei miei genitori decido di non dirla a Marshall, non ne ho il diritto.
Però, lui entra a fine rivelazione.
-Buongiorno Marshall.- saluta mio padre.
-Buongiorno signor Martin.- poi si rivolge  a me -Ti sei svegliata presto.-
-Sai, mi andava di fare qualcosa di diverso che guardare il muro.- dico sarcastica.
Si siede di fianco a me e non risponde.
I miei vanno a lavoro, lasciando me e Marshall da soli.
Nel frattempo, ci siamo spostati in salotto.
-Come mai prima mi hai risposto male?- mi chiede.
Metto una mano sugli occhi.
-Scusa, è che non ho dormito e sono irritabile.-  rispondo appoggiando la testa sulla sua spalla.
Lui mi accarezza i capelli.
-Tranquilla, non sono arrabbiato.-
Sentiamo dei passi: due uomini tutto muscoli entrano in stanza.
Marshall scatta in piedi con tutti i sensi in allerta e cerca di proteggermi con il proprio corpo.
-Va a chiamare il poliziotto sul retro!- mi ordina.
Per un momento esito, poi corro e apro la porta.
-Presto venga! Ci sono degli uomini nel salotto!-
Il poliziotto si volta ma tiene la testa bassa.
Poi, quella risata.
Il mio cuore manca un colpo.
Rietro ma non riesco a chiudere la porta e ritorno da Marshall.
-È qui!- lo avverto.
Lui mi guarda e si posiziona davanti a me.
-Che carini! Qualcuno mi porti una fotocamera!-
Marshall mi spinge sul divano, facendomi sedere.
-Sei un guastafeste, sai? Non mi piaci.- e ride.
Questa risata, questa risata è la stessa del sogno.
Subito mi tornano alla memoria le immagini di sangue e della carneficina: Marshall.
Mi alzo e mi metto davanti a lui.
-Ma che fai?! Torna sul divano!-
-No! Sei in pericolo! Ti ucciderà!-
-Ci ucciderà entrambi se non ti siedi!-
Non posso fermarlo con le parole.
Mi guardo in torno per cercare qualcosa, finché non vedo un vaso.
Mi allungo, lo prendo e glielo rompo in testa, facendolo cadere per terra.
Il rosso ride.
-E poi dicono che sarei io il pazzo!- si interrompe e fa un gesto ai suoi scagnozzi che iniziano ad avvicinarsi pericolosamente.
-State lontani!- ma non riesco a scappare, mi mettono un fazzoletto sulla faccia e svengo.
...
Apro gli occhi questa volta su una sedia, non sono legata.
Mi trovo in una casa fatiscente ma abbastanza pulita.
-Ben svegliata bella addormentata!- e fa il proprio ingresso Jerome.
Si avvicina.
-Come stai? Dormito bene?- ha sempre quel sorrisetto sul volto.
Gli rivolgo uno sguardo truce, poi ne approfitto e gli do uno schiaffo.
Lui lentamente si alza e si massaggia la guancia.
-Sei anche forte.-
-Riportami a casa finché sei in tempo.-
Ride.
Ma cos'ha da ridere?
-E dimmi- salta a sedere sul tavolo -Cosa mi fai se non ti libero?-
-Beh, hai visto cosa so fare, posso scaraventarti contro il muro semplicemente urlando.- lo guardo con aria di sfida... e lui ride, ride di gusto.
-Pensi che io stia scherzando?-
-Oh Lydia, ho visto benissimo cosa sai fare.- avvicina la faccia alla mia e mi prende il mento tra due dita, bloccando le mie mani con l'altro braccio -Ho visto anche che non lo sai controllare e non hai la più pallida idea di come funziona.- provo a morderlo ma lui scatta indietro.
-Feroce la ragazza!-
I miei occhi sono pieni di odio.
-Cosa vuoi da me?-
-Ma non è ovvio?! Mi aiuterai a fare di questa città un manicomio!- lo guardo allibita: sì, è decisamente pazzo.
-E tu pensi che io ti aiuterò?- ridacchia.
-Lydia! Ogni volta che muore qualcuno o sta per morire il tuo potere si fa vivo. Qui ha Gotham è molto facile che una persona perda la vita: basta che io uccida qualcuno e tu urlerai! Geniale come piano, non trovi?-
Nella sua follia ha ragione, ha stramaledettamente ragione.
-Sai, una ragazza può aiutarmi a controllarlo meglio. Tu lasciami andare, io imparo e poi mi rapisci di nuovo. Geniale come piano, non trovi?-
Scende dal tavolo.
-Piccola mocciosetta! È inutile che mi copi e non riuscirai a persuadermi dalla mia idea!- ha sempre quel tono misto giocoso, rabbioso e da sapientone.
-Mocciosetta a me?! Ma se sarai più piccolo di me!- protesto guardandolo dall'alto in basso.
-Quanti anni hai?- mi domanda.
-Diciassette.-
Mi fissa un po' stupito.
-Oh, hai quasi la mia età.- mi fissa, poi si riprende -Tornando a noi-
Infatti, mi stavo perdendo in cose più inutili.
-Lydia!- rivolgo lo sguardo verso di lui.
-Sì?-
-Presta attenzione!-
-Che ore sono?- mi guarda.
-Non siamo in un hotel.- sbircia sotto la manica della camicia da poliziotto -Quasi le due del pomeriggio.-
-Posso andare?-
Sbatte le palpebre velocemente.
-Certo.- si avvicina, mi prende il polso e inizia a trascinarmi da qualche parte.
Poi arriviamo in una stanza simile al resto della casa e ad occupare il centro della stanza c'è un letto.
-Camera tua.-
Strattono via la sua mano.
-Perfetto, ora esci dalla mia stanza.- e gli sbatto la porta in faccia.
Non so da dove viene tutta questa sfacciataggine davanti a un pazzo criminale, forse è l'essere sovrannaturale dentro di me.
Bussa con calma alla porta.
-Ti vengo a chiamare per l'ora di cena!- e poi sento i suoi passi che si fanno più lontani.
-Contaci pure, non ceno insieme a un pazzo.- sussurro tra me e me.
Mi sdraio su quel materasso che probabilmente è pieno di acari, incrocio le braccia sotto la testa e inizio a fissare il soffito, pensando a cosa succederà.

Criminal and Banshee Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora