Il diario

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Dovevo tirarmi fuori da quell'affollamento di persone.
Albus mi vide strizzare gli occhi sofferente mentre venivo attorniata da un qualcosa di cui non sapeva niente.
Si alzò e mi prese in braccio come già aveva fatto in precedenza. Sentii le braccia forti di Albus sostenermi mentre mi portava via. Avevo ancora le orecchie tappate e guardavo Albus negli occhi.
Devo portarla via di qui
Tutte quelle domande
Perché? Perché?
Non sanno stare zitti, porco Salazar
Tutte quelle preoccupazioni. Allora ci teneva davvero a me.
Continuai a fissarlo finché non mi posò. Sapevo perfettamente dove eravamo, d'altronde la sua mente non poteva tradirmi. Ero sdraiata supina sul divanetto che sostava nella stanza in cui il giorno prima era avvenuta la mia festa di dimissioni. Riaffiorarono in me brutti pensieri, amplificati perché più chiari di quelli degli altri. La visione di Albus e Abbie abbracciati. Le lacrime che si fiondavamo sulle mie guance. E la mia fuga, inutilmente eseguita. Ne riemersero anche altri però. Albus e le sue belle parole. I suoi occhi, impauriti dalla possibilità di perdermi. E il nostro bacio.
Strizzai gli occhi cercando di scacciare qualunque tipo di ricordo. Volevo scaricare tutto quello stress accumulato entrando nelle menti di altre persone.
Mi fermai un attimo a riflettere. Com'era tutto questo possibile? Non tutti erano in grado di leggere le menti altrui e non tutti potevano capirne il il significato. Ogni volta che leggevo un pensiero lo capivo. Riuscivo a scrutarlo fino alla radice, fino a capire da dove fosse uscito e come fosse arrivato lì. Se tra i ricordi più importanti, se tra quelli dimenticati o quelli ignorati perché troppo dolorosi. Le menti erano complicate. Con numerose vie, confuse e ingannevoli. Potevano portarti ovunque volessero senza fatica, manipolandoti a loro piacere. Per questo c'era chi studiava per leggere i pensieri altrui, ma io riuscivo a orientarmi perfettamente. Trovavo la strada di cui avevo bisogno senza ausilio.
Mi accorsi di essermi addormentata, dopo aver visto Albus che mi guardava preoccupato. Si stese vicino a me stringendomi e socchiudendo gli occhi. Lentamente si assopì anche lui, lo percepii non so come.
Immediatamente spalancai gli occhi. La biblioteca... e quel libro! Potevano avere qualcosa a che fare con questo... "potere"?
Potevano avermi dato un avviso con l'ultimo incontro? E quel bicchiere? Cosa voleva dire? L'aconito doveva centrare. Cavolicchio. Non poteva essere aperta a quell'ora.
Nel frattempo la classe di erbologia stava studiando la Starnutaria, un'altra delle piante che più mi appassionavano. Un sempreverde dalle magitossine dannose, per questo bisogna essere prudenti nel maneggiarla. Non mi disperai, ma il bubotubero non me lo volevo perdere. Accio diario! feci facendo attenzione a non urlare. Cominciai a scriverci mentre ripensavo a come nell'ultimo periodo avevo avuto poco tempo effettivo a disposizione. Tra preoccupazioni e voti da mantenere ce n'era da fare. Mi mancavano i pomeriggi trascorsi nella mia mansarda, attorniata da ogni specie di vegetale possibile, mentre mi immedesimavo in uno di quegli esploratori noti per aver scoperto chissà quale pianta.
Oppure mi mancavano quei momenti in giardino, quando con Neville pronto a controllare le mie mosse mi attorcigliavo in strani garbugli di arbusti per scoprirne la provenienza, quando dopo essermi bloccata urlavo "Mamma!" e lei accorreva per lanciare un Diffindo! e liberarmi dalla "trappola".
Sospirai rimuginando.
Cominciai a riscoprire anche le lunghe lettere scambiate tra me Albus e Scorpius, in cui sfogavamo ogni nostro piccolo pensiero e dubbio per farci rassicurare. Eravamo uniti, tanto. Come eravamo cambiati e come era potuto succedere?
Oramai non ricordavo nemmeno come eravamo io e Albus prima che succedesse il casino.
Era però dolcissimo con me. Ripensai solo a come mi avesse portata via dal trambusto in Sala Grande. Aveva capito come mi sentivo. L'aveva percepito senza che proferissi parola. Mi aveva guardato deciso ma con l'aria turbata. Con quei suoi occhi verdi e capelli neri sparpagliati.
Aveva preso l'iniziativa e aveva realmente pensato a me e alla mia salute. Era rimasto. Anche dopo avermi vista mezza svenuta. Era rimasto per controllare che stessi bene. Che non avessi bisogno di qualcosa. Ma l'unico di cui avevo bisogno era lui... ed era proprio lì con me.
Finii con questa frase e firmai Chloe.

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