Il ritorno

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Mi diressi senza segnare nessuno di uno sguardo in camera.
Salii i gradini aggrappandomi al corrimano e stringendolo fino a far diventare le mie nocche bianche.
Entrai aprendo la porta dolcemente ma vidi che Albus se ne stava seduto sul letto e fissava la porta.
«Ciao» mi disse preoccupato. I suoi occhi colpevoli dicevano tutto, non avevo bisogno del mio potere.
«Sapevi già giusto?» gli chiesi consapevole.
«Perché non me l'hai detto?» domandai. Come aveva potuto tenermelo nascosto. Come aveva fatto a nascondermelo? Come aveva fatto la sua mente a sfuggirmi?
«Io...»
«Non ci posso credere» dissi sconfitta.
Andai subito e dritta ai vestiti che a quanto pare i miei genitori mi avevano gentilmente portato. Li presi furiosa e corsi in bagno, con le lacrime agli occhi.
Sbattei la porta in modo che lui potesse sentirmi. Avevo bisogno di farlo sentire in colpa, più di come lo era già.
Tutte le volte in cui mi aveva rassicurata, tutte le volte in cui aveva cercato di sviarmi... aveva mentito anche sul fatto di amarmi?
Mi lasciai andare ai pensieri e mi sedetti sulla tazza del water. Presi il viso tra le mani e piansi, ma poco dopo mi rialzai infuriata.
Mi vestii in tutta fretta, lavandomi i denti ed accennando un po' di mascara sugli occhi.
Nessuno poteva buttarmi giù. Non ancora.
Uscii dal bagno e Scorpius era appoggiato alla parete, seduto a terra.
«Chloe»
«Mi hai sentita?» chiesi timida.
Lui fece un segno di assenso.
«Mi dispiace»
«Non preoccuparti. Io avrei reagito molto peggio» ridacchiò. Io feci il primo vero sorriso della giornata.
«Sei pronta?» chiese lui.
«...si». Dissi poco convinta. Ma poi mi corressi.
«Cioè... si!».
Scorpius scoppiò a ridere.
«Sono così patetica?»
«Solo un po'!». Io finii per dargli un buffetto e scompigliargli i capelli biondi.
Scendemmo le scale e la prima cosa che notai fu che Albus sedeva vestito e profumato di tutto punto vicino a mio padre. Stavano forse coalizzando?
«Vieni anche tu?» chiesi scostante.
«Cosa pensavi?» disse facendo un ghigno.
Io feci una smorfia e mi posizionai vicino a Rose.
«Come stai?» disse e dopodiché mi appoggiò una mano sulla schiena per rassicurarsi.
«Agitata» finii per dire dopo aver pensato a venti possibili risposte.
«Non preoccuparti, siamo qui».
Già erano lì. Ed erano stati molto più che di aiuto.
Neville senza sfiorarmi con lo sguardo aprì la porta e, dopo aver salutato e ringraziato a dovere i signori Potter, prese le chiavi della macchina babbana e se ne uscì seguito da mia madre.
Mi avvicinai a Ginny.
«Grazie di tutto» dissi.
«Sei sempre la benvenuta» ed in seguito mi strinse in un abbraccio proprio come Harry.
Controllai che tutto fosse a posto e che i miei amici fossero già saliti in macchina e dopodiché dissi addio a quella che era stata la mia casa per molto poco.
Salii in macchina e dovetti stare in un sedile che si trovava proprio nel bagagliaio. Che cosa si inventavano questi babbani!
Ma alla fin fine fu un bene non dover stare fianco a fianco di mio padre, mia madre, oppure Albus! Chissà che imbarazzo.
Il viaggio durò circa quaranta minuti, che passai ad ammirare il noioso paesaggio fuori dal finestrino, a guardare di sottecchi il mio fidanz... Albus, a cercare di evitare discorsi con mio padre ed a evitare totalmente quelli con mia madre.
Mi aveva talmente stupita che ero ancora incredula. Mi credeva davvero una bambina viziata come aveva cercato di dire mio padre? Pochi giorni prima avrei pensato tutto il contrario ma non sapevo più dove andare a parare, con tutti i disastri e casini combinati poteva essersi davvero stufata di me. Insomma non ci voleva molto.
Ci fermammo infine di fronte a un fast food. Cosa cavolo ci facevamo lì?
Neville vide le mie occhiate confuse.
«Non è sicuro usare la polvere, questi sono i metodi» disse indicando il Burger's palace.
«Arriveremo a Hogwarts in un batter d'occhio». E ci addentrammo tutti nel puzzolente autogrill. Cosa voleva dire mio padre? Non era sicuro usare la polvere?? Da quando?
Lo seguii senza discutere e dopo aver comprato un pacchetto di gomme (cosa se ne facevano i babbani?) ci dirigemmo tutti nel lurido bagno maschile. Avevo intuito la questione.
«Dobbiamo entrarci?» fece Rose.
«Giù per il tubo ragazzi» cinguettò mio padre infilandosi nella tazza e tirando lo sciacquone. Dopo non lo vedemmo più.

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