Capitolo 9

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Una giornata perfetta, la migliore dopo tanto tempo, fu rovinata da due idioti.

Camminare mano nella mano, spingendo il passeggino e portando in braccio Giorgio.

Sono alquanto orgogliosa dal fatto che qualcuno, qualcuno che fosse realmente innamorato, ci guardava meravigliato e con un pizzico di invidia.

Fino a quando, non arrivarono quei due mostrociattoli, mamma e papà.

Li vidi da lontano.

Provai a cambiare strada, fu vano.

Nicolas mi remava contro, era stranito dal mio comportamento e dopo aver fissato e riconosciuto quelle persone, attirò la loro attenzione ed in pochi secondi erano di fronte a me e ai miei figli.

"Aw, che sono belli"
La donna era piegata in avanti ad osservare i gemelli.

Odiosa, non la voglio vicino a loro.

"Andiamoncene"
Sussurrai a mio marito.

Più si affidavano nel creare un legame con i bambini.

"Alla fine avete fatto dei bei capolavori"
Disse la vipera.

Sorrisi sfidandola.
"Quando la materia prima è buona, vengono solo dei capolavori"

Risposi.

"Devi ancora crescere"
Fu la sua risposta.

"Sono i miei bambini, non voglio che stiano con loro"
Continuai a parlare con Nicolas a bassa voce, senza farmi notare.

"Devi stare calma, sono anche i miei figli.
Non gli permetterei di avvicinarsi se fossero cattivi"
Ribadì e la cosa peggiore era di non potergli dire niente.

Nessuna scusa, nessuna frase errata.

Sebbene avesse ragione, non riuscì a trattenermi.

"Dobbiamo andare.
I piccolini devono fare la poppata e Giorgio ha fame"
Continuai ad utilizzare quel sorriso finto e ricco di sfida, nei loro confronti.

Non erano ancora così stupidi da non riconoscere i miei atteggiamenti.

Sembrerebbe che qualcosina se la ricordino.

La loro risposta non mi interessava.

Agitai la mano e girai il passeggino verso la parte opposta.

Nicolas fu molto più educato di me, il sangue freddo della Norvegia ha i suoi vantaggi.

"Sei una testa calda"
Correndo tornò accanto a me.

"Lo sapevamo già"
Dissi per difendermi, ma per qualche arcano motivo, ridemmo.

"Andiamo a pranzo fuori"
Lo guardai, organizzare all'ultimo minuto un pranzo.

Giorgio, io e i gemellini, i quali dormivano serenamente, da li a poco avremo sentito i nostri pancini brontolare.

Forse io avrei potuto aspettare una manciata di minuti, ma non i miei angioletti.

"Amore, i ristoranti saranno pieni"

È vero, sono una testa calda.

Altrettanto, se non di più, lo era anche lui.
Devo averlo contagiato, chissà.

Vinse lui il nostro testa a testa.
I primi due ristoranti erano occupati e buttai nella spazzatura di attendere.

"Ultima occasione"

Bramavo la sconfitta di mio marito, decisi di aspettarlo nella piazza di fronte il terzo ristorante.

Sicura di me, tenevo alta la testa e lo sguardo.
Canticchiavo delle canzoncine, il mio umore e la voglia di sfotterlo era a mille.

Vedere il suo pollice in su significava, tu perdi, io vinco.

Nah, ero la perdente.

Una botta di culo, già, solo fortuna.

"Ho vinto, ho vinto"
Canticchiava e ripeteva con modi infantili.

Alzai gli occhi al cielo.

"Gne gne"
Riuscì a proteggermi solo così.

"Ti amo anche io"
Disse, per poi imitarmi.

Siamo, stupidi, teste calde, orgogliosi, eccetera eccetera.

Ma ci apparteniamo e ci amiamo.

E non potrei chiedere di meglio.

Un amore impossibile 5Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora