27. qualcosa in comune

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<<Vieni tesoro, è arrivato il momento di conscere le persone di cui tanto ti ho parlato.>>
Il signor Kim prese per mano un Namjoon quindicenne e, dalla sua camera, lo accompagnò fino in soggiorno.
<<Questi sono i miei colleghi di lavoro -Indicò l'uomo e la donna seduti sul divanetto, ai quali la madre del ragazzo stava servendo del tè. Questi salutarono i due appena giunti con un sorriso cordiale ed un leggero cenno del capo, dai loro abiti ed i loro modi di fare Namjoon poteva dire appartenessero all'alta società.- E lui è il loro unico figlio, Seokjin.>>
Il padre indicò ora un ragazzo accomodato sulla poltrona accanto al divanetto; sembrava di qualche anno più grande di lui, i capelli color miele, lo stesso degli occhi, e dei graziosi occhiali a donargli un'aria da piccolo intelligentone. Questo, all'udire del suo nome, balzò in piedi e s'inchinò tremolante, con un leggero rossore a dipingergli il volto. "Carino" pensò fra sé il piccolo padrone di casa, che gli sorrise rassicurante e s'inchinò a sua volta.
Il padre aveva passato gli ultimi giorni a parlargli di quella famiglia, di come la loro azienda fosse in pieno sviluppo, mentre quella della famiglia del minore era sull'orlo del fallimento. I suoi discorsi si soffermavano sempre più sul loro figlio, sulle cose che preferiva, quelle che non gli piacevano, su quanto fosse bello, intelligente, intraprendente e... "non propriamente etero" come lo aveva definito il padre, non sia mai che si azzardasse a pronunciare la terribile parola "gay". Namjoon non ricordava molto di quelle parole, solo che il suo nome era Seokjin, che amava leggere, il rosa e che avrebbe dovuto spendere con lui il resto della sua vita.
Il castano si mosse a suo agio in quella che era la sua casa fin dal momento in cui era nato, ed andò a sedersi con nonchalance sul bracciolo della poltrona sulla quale l'altro ragazzo, evidentemente a disagio, stava rigidamente seduto a sorseggiare il tè. La signora Kim ne porse amorevolmente una tazza anche al figlio, che l'afferrò con un sorriso forzato, giusto per non essere scortese.
<<Mi chiamo Namjoon. Kim Namjoon. Ma, se le cose stanno come le ho capite io, penso che i tuoi ti abbiano già parlato di me...>>
Iniziò il discorso il minore, appollaiato alla destra dell'ospite, mentre i loro genitori erano impegnati in chiacchiere di lavoro.
<<Kim Seokjin, molto piacere.>>
<<Kim eh... Comunque vada almeno una cosa in comune sappiamo di averla.>>
Il maggiore rise leggermente, sciogliendosi un po' da quella tensione che lo stava logorando fin da quando aveva messo piede nell'abitazione.
<<Si a-... A proposito... Mi dispiace. Mi dispiace che mio padre pensi al mio orientamento sessuale come un problema, e che la soluzione sia accasarmi con un ragazzo a caso, come se potesse mentire a sé stesso, ed a tutti gli altri a cui fa i salti mortali pur di non farlo sapere, per autoconvincersi che io sia etero, se smetterò di provarci con altri...>>
<<A me dispiace invece che mio padre sia tanto disperato da accettare. Per lui il lavoro e l'azienda vengono sempre prima di tutto, anche della famiglia. Ed a quanto pare per lui è meglio avere un figlio dichiaratamente omosessuale che dover affrontare il proprio fallimento.>>
<<Quindi anche tu sei...>>
<<Gay? Guarda che si può dire, non è mica una brutta parola! -Ridacchiò il castano, contagiando anche l'altro.- Comunque no. -L'espressione confusa sul volto del ragazzo accanto a lui lo spronò a precisare.- Ma non sono neanche etero... Non sono nulla. Ho deciso di non essere nulla, di non voler essere catalogato, di amare una persona in base a quello che ha nel cuore e nel cervello invece che a quello che ha nei pantaloni, di essere solo e semplicemente Namjoon... Ma a quanto pare la cosa mi si è ritorta contro.>>
Il ragazzo abbassò lo sguardo con un sorriso forzato, portando Seokjin a posare una mano sulla sua gamba, che si trovava sul bracciolo della poltrona.
<<Non dirlo neanche per scherzo. Sono parole meravigliose, dovrebbero esserci più persone come te al mondo.>>
Namjoon alzò di scatto lo sguardo verso gli occhi dell'altro e rispecchiò il suo sorriso, questa volta più caldo, vero.
<<Seokjin?>>
<<Jin. Ti prego chiamami Jin, nessuno usa il mio nome per intero.>>
<<Bene, allora... Jin... Non ti piace eh?>>
Indicò con un movimento del capo la tazza di tè, ancora quasi colma, tra le mani del maggiore, che si affrettò a rispondere.
<<Ma no, assolutamente! È davvero delizioso, solo che uhm... Scotta! Si, scotta e lo bevo con calma...>>
<<Tranquillo, sono i tè più strampalati che compra mia madre. Piacciono solo a lei, ma si ostina a comprarne a vagoni, io ormai ci ho fatto l'abitudine...>>
<<Ecco, sì... Di sicuro sono molto... Molto particolari.>>
<<Facciamo così: io bevo anche il tuo tè, se tu la smetti di sentirti in colpa per tutta questa situazione. Io ho detto di sì, io ho acconsentito a tutto ciò, ok?>>
<<Mh... Va bene, ci proverò.>>
Il castano miele annuì fermamente, per poi scambiare la sua tazza con quella ormai vuota del minore.
<<Già mi piaci, Kim Namjoon.>>
Sussurrò Jin arrossendo leggermente, mentre si rigirava tra le mani la tazza che apparteneva al ragazzo.

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