Nightmare tornò dopo un po', con un vassoio portante una brioche e del succo di pesca per il minore. Posò lo sguardo sul divano, dove Ccino pareva scomparso. All'inizio pensò fosse uno stupido scherzo, ma dopo un po' che non scorgeva il minore si stava preoccupando.
Preoccupazione... non la provava da mezzo millennio! Poi notò la finestra aperta, e ci si fiondò lasciando cadere il cibo. Osservò giù, finché non sentì qualcosa ancorargli le caviglie.
Non fu abbastanza veloce per voltarsi, e cadde dal secondo piano.
Il prigioniero rimaneva immobile, a fissare davanti a sé fuori dalla finestra. Non sorrideva, gli occhi neri, come se fosse in trance.
Dopodiché realizzò. Si parò la bocca con le mani, mentre guardava giù dalla finestra, non scorgendo né polvere né melma sul prato.
Qualcosa lo smentì subito: dei tentacoli gli avvolsero gli arti, stringendo e tagliandogli la pelle. Il sangue sporcava i tentacoli neri, mentre un "hiss" si estendeva alle sue spalle.«N-Nightmare... i-io...» fu interrotto da uno strattone che lo trascinò verso il proprietario del castello. «T-Ti prego lasciami...! M-Mi fai m-ma-male...!» implorò, ormai con le guance solcate dalle lacrime.
«Come cazzo hai osato, eh?!» urlò, stringendo gli arti color pece attorno alle braccia e alle gambe di Ccino. Il sangue colorava con qualche goccia il pavimento, e i giramenti di testa non cessavano, anzi, sembravano essersi duplicati.
«N-Non so cosa mi sia preso...!» provò a giustificarsi. «T-Ti prego, mollami... f-fai male...!» scongiurò. Se solo la sua negatività non fosse così forte il maggiore avrebbe continuato a stringerlo fino al dissanguamento, ma fu costretto a mollarlo.
Appena libero, il prigioniero cadde in ginocchio, tenendosi la testa con le mani e stringendo le ciocche sporge e arruffate.«Gnya! Si può sapere che hai?!» sbraitò il dio degli incubi. Il carcerato pensò che fosse una domanda che non attendeva risposta, che lo dicesse solo per prenderlo in giro. «Allora?!» ribatté.
«N-Non lo so...!» bofonchiò, mentre il moro se ne andò.
Ccino attese, inginocchiato a terra, la testa dolorante e le braccia e le gambe che rallentavano leggermente il flusso sanguigno."Morirò qui..." pensò, "... forse è meglio... non dovrò rivedere la mia città distrutta..." il mal di testa aumentò "... non dovrò più occuparmi di loro... non sarò più responsabile di nulla..." ora gli sembrava di essere su delle montagne russe, tanti i giramenti e la nausea che lo affliggevano "... perché tutte a me...? Cosa ho fatto...?". Si sentì mancare, quando Nightmare lo distolse da quei pensieri.
I passi ritmici, leggermente più veloci del normale, si fecero largo nella stanza, mentre il minore alzò leggermente lo sguardo per vedere il suo rapitore. Teneva delle bende, e iniziò a fasciare le gambe del più piccolo, che sentiva i tagli bruciarli come se stessero andando a fuoco.
Quando toccò alle braccia esser fasciate, l'abitante di Fluffytale si rifiutò di togliersi le mani dai capelli. Il dolore era insopportabile, e gli sembrava che stringere le ciocche servisse ad alleviarlo.«Ascoltami, starai meglio...» provò di nuovo ad avere un tono dolce il signore degli incubi, questa volta riuscendoci. La nota scocciata pareva scomparsa, e quel melodico suono non sembrava esser stato proferito da tal bocca. Ccino allungò titubante le braccia, strizzando gli occhi per sopportare il male.
Sentì le fasce avvolgergli gli avambracci, calde rispetto alla sua pelle. Il bruciore pareva ormai trascurabile, confrontato con i giramenti. Le bende erano tiepide, addirittura rassicuranti per la situazione in cui era. Provò il freddo scorrergli lungo la pelle, mentre i brividi iniziavano a farsi vedere.
Si strinse alle spalle, provando a scaldarsi il più possibile. Non si accorse neanche che Nightmare si fosse alzato, finché non sentì qualcosa di confortevole e che emanava tepore cadergli sulle spalle. Afferrò il piumino, avvolgendosi in esso, iniziando a sentirsi leggermente meglio in ambito "temperatura", ma i dolori continuavano.
Udì di nuovo le mani del maggiore districargli i nodi e grattargli delicatamente la testa, al ché pure quel male si fece meno vivido.
