Capitolo quindici

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La porta si aprì e la ragazza non fece in tempo a dire "Può entrare" che subito il ragazzo le era davanti.

«Allora? Come sta?» le chiese subito, guardandola, come se cercasse di prevedere le parole che stava per dire.

«Be', sì ma...» non riuscì a finire che subito Nightmare era nella stanza dove Ccino si era svegliato da poco. Guardava attonito quel posto, non capendo nulla

«N-Nightmare?» domandò, dondolando i piedi dal lettino fin troppo alto per lui.

«Maestà, le dovrei parlare...» disse la ragazza, mentre il maggiore si girava e andava da lei. La piccoletta iniziò a parlare, guardando seria il poverino seduto su quel scomodo letto ricoperto da carta. «Fisicamente sta bene, ma ci sono alcuni problemini con... ehm... la sua testa.» mormorò. «Ecco... e ne fanno risentire il corpo, non so se capisce... ma... sì, insomma, potrebbe essere sotto stress, ecco. E poi... se posso saperlo, sia ovvio, come mai ospita un ragazzo?» chiese.

«Non sono affari che ti riguardano.» rispose acido, posando nelle mani della ragazza cinquanta G. «Andiamo, Ccino.» gli ordinò. Il ragazzo scese, seguendo il suo carceriere fin nelle strade del paese. Alla frase "non so se capisce..." della dottoressa, il signore degli incubi avrebbe voluto rispondere "No.", ma non gli sembrava il caso.
Il minore si guardava attorno, osservando gli abitanti, le case e le bancarelle.

«Tu abitavi qua?» domandò il prigioniero, ricevendo occhiatacce preoccupate o di odio.

«Certo che no.» rispose il maggiore, con tono stranamente tranquillo. «Forse ti racconterò un po' su questo posto.» disse, inoltrandosi nel bosco.

«... Nightmare...» mormorò il più piccolo, ricevendo un'occhiata veloce dal maggiore «... Cos'era successo? Non ricordo molto...» mormorò provando un misto fra imbarazzo e tristezza.

«Sei svenuto e ti ho portato al villaggio... non che mi interessi realmente, eh, solo non mi andava di avere l'ennesimo cadavere di cui sbarazzarmi.» tagliò corto il maggiore, cambiando argomento «Ti rendi conto di quanto sia difficile eliminare tutte le tracce? Tu non hai sanguinato tanto, però prova ad immaginare quando trafiggevo con i tentacoli!» esclamò, facendo comparire gli arti ricoperti di melma.
Ccino sobbalzò, guardando il liquido spargersi un po' in giro con l'agitarsi della pelle su cui era posato. Aveva la netta impressione che Nightmare lo volesse infilzare.
Alla fine il ragazzo ritrasse i tentacoli, facendo trarre un sospiro di sollievo al minore.

«Dove andiamo ora?» domandò il prigioniero, guardando gli alberi e le foglie umide a terra. Si sentiva come quando fu rapito, solo che lì la neve mancava. Sentiva la pelle d'oca corrergli lungo tutta la schiena, dandogli brividi non graditi.

«Volevo portarti in un posto.» mormorò il maggiore. Il più piccolo non capì se la sua voce fosse aspra, nostalgica o imbarazzata.
Forse tutte e tre assieme, ma non ne era sicuro. Ormai non era più sicuro di nulla. La sua città? Era viva o totalmente sterminata?
Non ne era sicuro.
Nightmare lo stava usando?
Non ne era sicuro.
Lo avrebbe ucciso?
Non ne era sicuro.
E tutte queste insicurezze facevano di lui un piccolo bicchiere di vetro dalle decorazioni colorate. Carino, sì, ma estremamente fragile. Guardò il colle, dove si issava il castello. Non aveva voglia di tornarci, però tacque e seguì il maggiore.
Attraversarono diversi corridoi, fin a giungere ad una porta. Ccino la riconobbe, ma stette zitto, pauroso che, se avrebbe parlato, gli avrebbe tolto quell'attimo di libertà.
Nightmare girò il pomo, portandosi dietro il minore e sedendosi all'ombra di un grande albero.
Quel grande albero nel giardino al centro del castello.
Quell'albero che il più grande ricordava benissimo.
Quell'albero ora senza neanche una mela, ma che a quel tempo ne era ricoperto. 

Zucchero // Fluffymare (Human)Where stories live. Discover now