Guidavo stringendo il volante con troppa forza. Un tremito costante, seppur lieve, partiva dalle dita per salire lungo tutte le braccia. Ero ridotto uno straccio, temevo di svenire da un momento all'altro.
- Tutto bene? - chiese ad un tratto Sara, intuendo come mi sentissi.
- Ce la faccio. - risposi con troppa foga, senza riuscire ad essere convincente. La strada buia e monotona acuiva il mio malessere, ma mi consolava sapere che presto sarebbe tutto finito, in un modo o nell'altro.
- Perché mi aiuti? - mi sfuggì sul momento – Non sei obbligata a farlo. Non ti trovi nella mia situazione. - finii alludendo all'influsso di cui ero vittima.
- Ho gli strumenti per agire. - tagliò corto la ragazza, mostrando il libro che stringeva fra le mani – E non posso lasciarti solo, Claudio. E' mio dovere. - ribadì con convinzione. Staccai per un attimo gli occhi dalla strada pur di guardarla in faccia, anche se solo per un attimo: era pallida e stringeva le labbra senza accorgersene, ma era ancora padrona di se stessa. Guidai a velocità elevata fino a destinazione, fregandomene di percorrere in auto i campi incolti fuori città. Quando le crude luci degli abbaglianti illuminarono la sagoma della casa frenai quasi di colpo, con le ruote che sollevavano terriccio ovunque. Ero quasi andato a sbattere con la testa contro il volante, mi stavo comportando da perfetto idiota. O come chi è posseduto.
- Tutta intera? - mi assicurai che la mia compagna di sventura stesse bene.
- Tutta intera. E tu? -
- Anch'io. -
Scendemmo dall'auto e ci guardammo attorno intimoriti, mentre accendevamo le torce elettriche che avevamo portato con noi. La bici era ancora legata all'albero, come era stata lasciata solo poche ore prima, quando c'era ancora la luce ad illuminare quel posto desolato; in quel momento tutto era immerso nell'ombra più nera e spaventosa, e se non fosse stato per l'irresistibile richiamo, sarei fuggito a gambe levate. Potevo avvertire un senso di attesa appesantire l'aria, quasi fosse qualcosa di materiale.
- E' trascorso un anno esatto dalla spedizione con Varelli. - dissi con una calma che non sentivo, mentre davo un'occhiata all'orologio. Era da poco passata la mezzanotte.
- L'abisso sta aspettando. - aggiunsi con parole stentate, che si spezzarono in gola. Con gambe di piombo mi avviai verso la catapecchia, seguito a ruota da una Sara stranamente silenziosa. Per un attimo vidi la casa, una forma nera da incubo, protendersi su di noi, come avrebbe fatto una gigantesca mano che volesse stritolarci. Forse fu un'allucinazione dovuta all'eccesso di adrenalina, ma nella mia memoria è rimasto un ricordo preciso, come qualsiasi altro.
Non fu la mia volontà a farmi varcare la soglia senza porta, che ricordava una bocca sdentata, ma il richiamo dell'abisso, a cui non potevo più resistere.
Illuminammo coi raggi delle torce il buio spesso come catrame, rischiarando scorci limitati di quelle tenebre fitte e soffocanti. Facevano sentire sepolti vivi. Udii echi lontani di voci non umane, che sussurravano incomprensibili e tremende cose che non avrei voluto sapere. Ma non le sentivo con le orecchie, semmai rimbombavano nella testa, ossessionandomi. Cercai di distrarmi ispezionando l'ambiente vuoto, ma mi stancai presto di quel diversivo e illuminai un muro a caso, invitando Sara a trascrivere la formula, e in fretta.
- No, fallo tu. Mi fido. - rispose lasciandomi di stucco. Come poteva fidarsi di me se io stesso dubitavo di quel che facevo? Temevo di scrivere i calcoli sbagliati, tentato dall'abisso, e lei osava rischiare un simile disastro? Tuttavia non la contraddissi, non ne avevo la forza, ed afferrai il libro che mi porgeva. Spensi ed infilai nella tasca della giacca la mia torcia, mentre Sara mi passava un gessetto bianco, di quelli che si usano di solito a scuola. Aveva pensato a tutto, quella ragazza non si faceva trovare mai impreparata. Mi fece luce mentre ricopiavo dal libro nero la formula, stando attento fosse quella che dava come risultato zero. Non ero arrivato neanche a metà, quando qualcosa andò storto: non vidi e non udii più nulla, in un attimo mi sentii peggio che morto.
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La casa sull'abisso
HorrorSe guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarderà dentro di te. Scoprirai allora una nuova dimensione, in cui l'unica realtà è l'orrore.