Il richiamo dell'abisso (parte 10)

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Le voci sussurravano melliflue, alternando dolci promesse a minacce spaventose: mi riempivano la testa e l'anima di dubbi e paure, sempre più difficili da scacciare ad ogni secondo che passava. Eppure riuscii a mantenere lo stesso una certa dose di sangue freddo, anche perché era ormai chiaro che la ferita al collo era solo superficiale. Senza perdere altro tempo recuperai il libro caduto, ma fui costretto a perlustrare quel rudere in lungo e in largo, pur di ritrovare il gesso cadutomi di mano dopo che ero stato colpito. Quando la luce della torcia lo illuminò tirai un sospiro di sollievo: mi sentivo impazzire lì dentro, non avrei voluto passarci nemmeno un minuto più del necessario. Con infinita pazienza mi rimisi all'opera, il libro in una mano e il gessetto nell'altra, la torcia puntata contro il muro, trattenuta sotto l'ascella come avevo visto fare poco prima a Sara "Giuda" Saraceno. Ricopiai la giusta formula con foga, tracciando sul muro numeri e calcoli più veloce che potevo, tentando in tutti i modi di ignorare le dannate voci che mi rimbombavano nel cranio, minacciando di farlo esplodere. Avevo quasi finito, quando la situazione precipitò. D'un tratto non vidi più il muro né i numeri, ma qualcosa che non poteva essere.

All'apice di una scalinata vertiginosa, simile ad un'immensa montagna di gradini, stava seduto su un trono d'oro qualcuno che era più di un uomo. Indossava un'armatura di un metallo traslucido sconosciuto, forse alieno, e sul capo portava una corona d'oro tempestata di diamanti, al cui centro era incastonato un rubino rosso, simile ad un occhio di fuoco. Anche da seduto era chiaro che quell'individuo fosse un colosso di altezza prodigiosa, e il fisico possente sembrava potesse addirittura esplodere sotto la corazza; le mani che muoveva con grazia felina contavano sei lunghe dita tutte uguali, da cui partivano lunghi artigli d'acciaio letale. Lo sguardo era fiero e senza alcuna traccia di pietà, di una bellezza senza tempo, sovrumana, in cui due occhi dalle iridi scarlatte scrutavano soddisfatti lo spettacolo a centinaia di metri di distanza, ai piedi della scalinata.

Una massa oceanica di gente, forse l'intero popolo della Terra, si prostrava all'unisono al suo terribile Dio, che un tempo ormai lontano era stato uno di loro. La divinità in sembianze umane si alzò allora dal trono e salutò la folla con un gesto imperioso della mano, come qualunque tiranno aveva fatto prima di lui nel corso dei secoli, ma senza che mai nessuno fosse nemmeno riuscito a sfiorare la sua gloria.

Fissai a bocca aperta quel volto orgoglioso e impassibile, senza riuscire a credere a quello che vedevo. Perché nei lineamenti trasfigurati di quell'essere post umano riconobbi me stesso.

Avrei vissuto per sempre, e ogni mio desiderio sarebbe stato esaudito: tutte le ricchezze del pianeta sarebbero state mie, qualunque donna avrebbe soddisfatto le mie voglie, anche le più turpi, qualunque uomo mi avrebbe temuto e invidiato... E bastava solo ammazzare quella stronza e scrivere dei numeretti col suo sangue! Mi sentivo già padrone del mondo quando un pensiero banale, poco più di un lampo momentaneo nella materia grigia, sgonfiò il mio ego ipertrofico, come farebbe uno spillo con un palloncino: pensai semplicemente che anche agli occhi di Sara erano balenate immagini simili, menzogne tentatrici atte a manipolare esseri deboli e narcisi. In fondo non ero migliore di lei, né di chiunque altro, e quelle scene farlocche erano solo la mossa disperata di chi ormai è prossimo alla sconfitta, e tenta il tutto per tutto.

- Sono solo umano. – mormorai impaurito in quella casa buia e vuota. Le immagini grandiose presero ad ondeggiare paurosamente, neanche fossero scosse da un terremoto.

- SOLO UMANO! - urlai con quanto fiato avevo nei polmoni, e tornai a vedere il muro e i simboli che con tanta fatica ero riuscito a tracciarvi sopra. Finii in fretta la formula, e quando finalmente scrissi lo zero, ovvero il cerchio che avrebbe (per sempre?) intrappolato l'abisso, udii urla bestiali perdersi molto, molto lontano, simili al vento che si insinua fra le case prima di soffiare via. Poi ci fu solo il silenzio.

La casa sull'abissoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora