Il richiamo dell'abisso (parte 4)

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La fattoria era formata da una coppia di bassi edifici adiacenti fra loro, coi tetti a spiovente e la facciata verniciata di rosso. Sul retro, a pochi metri di distanza c'era la stalla, da cui provenivano alcuni inequivocabili versi di mucche. Il tutto era immerso nel verde, e anche se quella mattina il sole era debole e malaticcio, comunque lo spettacolo era garantito. Non molto lontano intravidi alcuni edifici simili, ovvero le altre fattorie del circondario. Osservai affascinato il quadretto idilliaco per un minuto buono, sentendomi rinfrancato da quel panorama quasi fiabesco. Poi volsi lo sguardo a Sara, accorgendomi solo allora che mi fissava a sua volta, divertita.

- Ti piace? - chiese sinceramente interessata.

- Non è una visita di piacere, questa. - le ricordai, fin troppo serioso. Mi aveva spinto a entrare e uscire dal paese nel giro di un paio d'ore, e mi sentivo a dir poco stralunato. Il suo comportamento era assurdo, ma il mio era anche peggio! Ma cosa avevo da perdere? Presto avrei conosciuto il misterioso personaggio da cui avrei appreso rivelazioni clamorose.

Ci accolse una donna sui settanta, la nonna di Sara. L'interno dell'edificio era spazioso e accogliente, tutt'altra cosa rispetto alla rigida geometria degli appartamenti di città. Apprezzai in particolar modo il vecchio camino e il tetto in legno. Ma non ero in visita di piacere, dovetti ricordare a me stesso. Inoltre il richiamo non aveva smesso di tormentarmi, costringendomi a tratti a serrare i pugni tanto forte da sbiancare le nocche.

Fummo guidati in camera da letto, dove giaceva sonnecchiando un vecchio dall'aspetto rattrappito. Era secco come un chiodo, e la faccia grinzosa presentava un malsano colorito giallastro. Non appena entrammo aprì gli occhi e ce li puntò addosso, come fari sospettosi. La nonna ci lasciò quasi subito, presa dalle solite faccende domestiche, mentre il suo consorte mi scrutava con fare indagatorio.

- Gli hai detto tutto, vero? - disse con acume straordinario, mentre scostava le coperte e si metteva a sedere sul materasso, non senza difficoltà. Il pigiama gli penzolava addosso simile ad una bandiera floscia, le mani ossute erano solcate da grosse vene azzurrine. Quell'uomo era arrivato al capolinea, era evidente che un male incurabile lo stesse divorando dall'interno.

- E' il compagno di Varelli. - rispose Sara a mo' di scusa. Per la prima volta si mostrava a disagio, rimasta a corto di risposte argute.

- Capisco. - fece l'uomo, accompagnando quell'affermazione con un gesto vago della mano – Mi chiamo Giuseppe Lippi, e sono il nonno di questa bella giovane. - disse porgendomi la mano in segno di pace, più che per presentarsi. Gliela strinsi, riconoscente.

- A dir la verità Sara non mi ha detto praticamente nulla. Quello che dovrebbe parlare è lei. - gli feci notare, bramoso di sapere qualcosa di utile sulla casa maledetta. Sara intervenne, invitandomi a sedere sull'unica sedia presente, e raccontando in breve la mia disavventura. Lippi parve assai interessato, ascoltando ogni singola parola con grande attenzione. Finalmente si decise a sputare il rospo.

- Come avrà capito dal mio aspetto, non mi resta ancora molto tempo. - esordì prendendola alla larga – E arrivato a questo punto sento il bisogno di alleggerire la coscienza. L'ho già fatto con mia nipote, ma certo non mi sarei mai aspettato che un estraneo mi facesse da confessore. Ma posso anche acconsentire a farlo, visto che abbiamo a che fare con eventi straordinari. Credo a ciò che le è accaduto, perché anch'io sono stato testimone di fatti incredibili, molto tempo fa. -

Mi scrutò con gravità; i suoi occhi azzurri restavano ancora vivi e vigili in quel corpo decadente. La nipote si accostò al letto e gli si sedette a fianco, per spronarlo e confortarlo.

- E va bene. – acconsentì il vecchio, ormai pronto a rimestare nei ricordi. E ne aveva di cose da raccontare, poco ma sicuro.

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