54||aria di libertà||

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Apro il borsone mentre sorrido, finalmente oggi, dopo quasi due mesi esco dall'ospedale e scendo in strada, Dio non sto più nella pelle, non vedo l'ora.
Ieri abbiamo parlato a Roberto, gli abbiamo spiegato cosa volevamo fare e gli abbiamo proposto di uscire dall'ospedale per andare a comprare i vestiti per il ballo che abbiamo deciso di chiamare "madness" ossia pazzia, l'abbiamo deciso questo pomeriggio tutti insieme. Sì abbiamo cominciato a fare le riunioni tra di noi, e sembra che l'iniziativa ad alcuni piaccia davvero. Comunque alla fine Roberto ha acconsentito, e oggi usciamo dall'ospedale ed andiamo a fare shopping. Mi fermo di colpo e ci penso, shopping, da quanto tempo è che non faccio shopping? Decisamente troppo tempo, ma non ne vedevo il caso, non volevo andare a comprarmi vestiti, per quale motivo poi? Ora che ci penso però è strano dirlo, non pensavo che sarei mai tornata a girare per negozi in cerca di qualcosa da mettere per una festa. Non so come descriverlo è un emozione strana, non so se ho paura o se sono eccitata, ho una confusione in testa, ma non riesco a fermarmi e continuo a frugare dentro il borsone.

Ho bisogno di un paio di jeans e una felpa, non voglio che si vedano le mie braccia, non sono ancora pronta per quel passo, e non so quando lo sarò. Prendo un paio di Jeans neri con vari strappi, e una felpa, una delle tante che possiedo, è di un colore tendente al beige, ma leggermente più scura, sulla schiena ha la scritta "fuck". Mi guardo la mia immagine riflessa nello specchio del bagno, non perdo tempo a truccarmi, e i capelli ricadono nelle mie spalle leggermente ondulati al naturale.
Sorrido, ora mi sento me stessa, mi sono mancati i miei vestiti, mi sono decisamente mancati. Esco dal bagno e guardo il mio fidanzato. Ha dei jeans blu scuro strappati, una maglietta a maniche lunghe bianca sotto e sopra di essa una camicia nera larga a maniche corte aperta. Amo ammettere che il mio fidanzato ha un bel po' di stile. Quando alza lo sguardo noto il suo orecchino nero e il piercing al sopracciglio, che luccica. Mi guarda per intero e sorride, si avvicina a me, mi prende per i fianchi e mi bacia.
-vestita così sembri più te- mi dice sorridendo, io arrossisco leggermente mentre sorrido, gli accarezzo il sopracciglio
-non lo sapevo, ma mi piace, e tanto anche- gli dico sorridendo, lui mi bacia di nuovo, e sorride sulle mie labbra
-dovrei metterlo più spesso allora- mi dice facendo l'occhiolino, io sorrido e ammicco stando al gioco. Lui sorride, mi prende per i fianchi e mi attira a lui baciandomi di slancio. Io gli circondo il collo con le braccia e lo stringo a me. Mi piace da morire quando mi prende così spontaneamente e mi bacia, sembra così naturale e vero. Più di quando lo fa con dolcezza, non so perché ma le cose spontanee sono quelle che mi piacciono di più.

-andiamo?- mi chiede quando le nostre labbra si separano, io annuisco, mi metto le mie vans bordeaux, e raggiungo Rocco alla porta, mi prende per mano e usciamo dalla stanza, chiudendoci la porta alle spalle. Prendiamo l'ascensore e scendiamo al primo piano.
Arriviamo all'entrata, lì ci sono già alcuni ragazzi, quando vedo Ginevra e Vanessa mi avvicino a loro, quando mi vedono mi abbracciano, ci guardiamo.
Vanessa ha un paio di pantaloni verdi militari con le tasche ai lati, una maglia nera semplice e ai piedi ha un paio di converse nere. Mentre Ginevra ha un paio di pantaloncini in jeans, non troppo corti, una felpa grigia, con la scritta della Thrasher nera e un paio di Adidas argento. Stanno benissimo, siamo semplicemente noi stesse
-state benissimo ragazze, tutte e due, davvero sembrate davvero voi stesse ora, con i vostri veri vestiti addosso- dico sorridendo alle mie due amiche, loro mi sorridono
-anche tu stai da favola- mi sorride Vanessa, e Ginevra annuisce concordando con quello che ha appena detto la nostra amica, io sorrido a trentadue denti. Ci spostiamo davanti alle porte, Rocco mi abbraccia da dietro mentre io sorrido agli altri ragazzi, che indossano i loro vestiti, quelli che li fanno sentire al loro agio.
-bene ragazzi, conoscete le regole, sapete che entro le 7 di sera dovete tornare assolutamente in ospedale, non mi fate pentire della nostra proposta, e ora andate, siete liberi, fino alle 7, non un minuto di più- dico e apro finalmente le porte dell'ospedale, tutti si riversano fuori da quelle mure di cemento che ci rinchiudevano.

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