57||eravamo dei bambini||

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Guardo il mio caffè con aria assente, mentre lo mischio, ho bisogno di svegliarmi un po', e il caffè è la mia unica salvezza. Dentro di me il vuoto si fa sempre più pesante, ma devo ignorarlo, oggi non posso concentrarmi sul mio cuore spezzato, ci sono gli ultimi preparativi da fare per il Prom di domani sera, e anche se il mio accompagnatore, oramai mi ha abbandonato, non posso di certo abbandonare tutti, devo andare avanti, a testa alta e a muso duro, anche se farlo potrebbe essere la cosa più difficile che io abbia mai fatto. Di fronte a me ci sono Ginevra e Vanessa che mi guardano preoccupate
-non serve che mi controllate, sto bene, me la sono cavata tante volte da sola, ce la farò anche questa volta, tranquille- dico bevendo un sorso di caffè, che mi ha gentilmente preparato Giovanni, visto che Matilde oggi sembra abbia la febbre, perciò è a letto.
Sento Ginevra sospirare
-e pensare che la pensavo così anch'io, Carlotta ti ricordi il giorno in cui Rebecca è morta, non volevo, vedere ne sentire nessuno, non volevo nemmeno il tuo aiuto, ma guardami ora sono qui, siete le due amiche più grandi e speciali che io abbia e ho anche qualcuno al mio fianco- dice rivolgendomi un leggero sorriso. So che si riferisce a Michael, e il vuoto dentro di me mi toglie il respiro per un attimo, ma poi torno a respirare normalmente, sono fantastici insieme, non potrebbero stare meglio. Sento una leggera invidia crescere dentro di me ma la ignoro, come tutto il resto dei miei sentimenti, le rivolgo un sorriso falso e Ginevra mi guarda male, dimenticavo che loro sanno riconoscere i miei sorrisi falsi. Rivolgo il mio sguardo a Vanessa, che è concentrata sul suo cappuccino, non ci stava nemmeno ascoltando
-ehi, terra chiama Vanessa- le dico scuotendole la mano davanti al viso, lei sembra risvegliarsi, alza lo sguardo su di me, e mi sorride debolmente -che c'è? Questa mattina sei pensierosa- le dico alzando le spalle, lei scuote la testa
-niente di importante, allora tornando a noi che cosa ci manca per completare il prom?- chiede e dentro di me la ringrazio per aver cambiato discorso. Ma allo stesso tempo c'è qualcosa che non mi quadra, Vanessa sta nascondendo qualcosa.
Cominciamo a discutere sulle ultime cose, perché il tutto sia perfetto. Troppo presa sul decidere se lasciare le sedie accanto ai tavoli oppure non metterle nemmeno, che quando Ginevra sussurra
-oh, oh! Guai in vista-  quasi non me ne accorgo nemmeno, o meglio non fino a quando non alzo lo sguardo e vedo che guarda dietro di me con un viso spaventato. D'impulso mi giro a vedere, in quel momento dalla porta stanno entrando Nicolas, Michael e Rocco, quest'ultimo non sembra avere una bella cera, anzi sembra che non abbia dormito questa notte a giudicare dalle profonde occhiaie, che gli circondano gli occhi verdi, che hanno smesso di brillare. Quando Nicolas lo spintona, lui lo guarda, e l'amico fa un cenno nella mia direzione, lui alza lo sguardo e incrocia i miei occhi azzurri, solo per un secondo, perché io distolgo subito lo sguardo, e torno a guardare le mie due amiche, che continuano a guardare dietro di me. Raccolgo il blocco schizzi e la matita, su cui suo appuntate le ultime cose e mi alzo dallo sgabello. Cammino verso l'uscita, passo accanto ai tre ragazzi, e uno di loro mi segue con lo sguardo, prima di prendermi il polso, io mi giro, dentro di me sento un tuffo nel cuore. Dio, Rocco ha gli occhi rossi, come se avesse pianto, i capelli scompigliati, la barba di un giorno e gli occhi verde scuro, che non sembrano nemmeno più i suoi. Sussulto leggermente, prima di ritrarre il braccio voltarmi e uscire dal piano di evasione. Butto giù un nodo alla gola e mi vieto di piangere, basta non posso stare così. Devo guardare avanti o non andrò da nessuna parte. Chiudo gli occhi e respiro profondamente, perché ogni cazzo di volta deve fare così male, quando mai potrò essere felice, e poterlo dire senza aver paura di dirlo, senza sapere che dopo averlo detto il mondo me lo farà rimangiare. Odio questa cazzo di sensazione. Apro gli occhi solo quando, le porte dell'ascensore si spalancano. Infondo al corridoio noto una sagoma che sta per entrare nella mia camera, o meglio nella mia ormai ex camera. Mi ci vuole poco per riconoscere il mio migliore amico
-Ele- esclamo e gli corro incontro, fiondandomi tra le sue braccia, inalo a fondo il suo profumo e mi lascio coccolare dal mio migliore amico. Tra le sue braccia, senza volerlo scoppio a piangere, fanculo a Rocco che mi ha disintegrato le mure che stavano attorno al mio cuore.
Samuele mi stringe forte, mentre io gli bagno la maglia con le mie lacrime salate. Una volta finite tutte le lacrime alzo il viso e guardo gli occhi di Samuele, mi asciuga le ultime lacrime con il pollice, mi stampa un bacio sulla fronte
-che succede?- mi chiede quasi sussurrando
-io e Rocco- non finisco la frase, e torno con la guancia appoggiata al petto del mio migliore amico, che appoggia il mento sulla mia testa e non chiede altro, ed è proprio per questo che Samuele è il mio migliore amico. Mi conosce da quando eravamo dei bambini, che si scambiavano la merenda, e sa che in queste occasioni preferisco non parlare, non so perché, ma credo che sia a causa della mia idea, nella quale parlare in queste occasioni sia sopravalutato, mentre abbracciarsi e basta è come se a parlare fosse il cuore, basta saperlo ascoltare. E sono così fortunata ad aver un migliore amico come Samuele che mi capisce, e non mi giudica, so che con lui posso fare o dire tutto quello che mi passa per la testa, perché è il mio migliore amico, è un fratello, e senza di lui la mia vita non sarebbe più la stessa.

Rimaniamo così, in mezzo al corridoio, abbracciati come due coglioni, per alcuni minuti, fino a che Ele non si avvicina al mio orecchio e sussurra -meglio che ci togliamo da qui, le infermiere cominciano a guardarmi male- io ridacchio, ma poi sciolgo l'abbraccio e lo guardo
-allora dimmi che buon vento ti porta qui?- gli chiedo
-ho trovato quello che mi avevi chiesto- dice indicando uno scatolone, mi ci vuole poco per capire che cosa c'è lì dentro, un sorriso si fa strada sulle mie labbra.
-hai trovato una cassa- gli dico con fare entusiasta
-esatto, non è stato difficile, sapevo di non averla buttata, Samuele non sbaglia mai- dice sorridendomi con fare orgoglioso, lo abbraccio di nuovo
-sei il migliore sul serio- gli dico tra le sue braccia. Quando mi lascia andare portiamo la cassa nella sala degli incontri, o meglio è lui a portarla, e io che gli faccio strada. Dopotutto non ho poi così tanti muscoli, e quelli che avevo si sono frantumati, dato che non faccio esercizio fisico da un bel po', Non ho le forze per poter spostare quello scatolone dall'aria molto pesante, e poi Samuele me lo ha impedito, dicendo che se avessi provato a sollevarla mi sarei spezzata la schiena, e non mi va proprio.
Apro le porta e ammiro, la stanza con tutti gli addobbi già appesi. Abbiamo scelto i colori delle tonalità dell'azzurro. Infatti gli striscioni sono azzurri, la tavola ha una tovaglia blu scuro, su cui poi staranno messi i vari cibi, ci sono diversi tavolini abbastanza alti da arrivarmi allo stomaco, con le tovaglie azzurre, mentre ai lati ci sono i soliti pouf e divanetti, solo in minor quantità visto che abbiamo deciso di tenere solo quelli bianchi, azzurri e blu. In complessiva dopotutto non è venuto poi così male, anzi è quasi bello.

Samuele appoggia la cassa su un tavolino messo lì apposta, dove accanto c'è già il mio Ipod, e inizia a collegare i vari fili, io mi siedo sul tavolo e lo guardo all'opera, finché non noto le leggere occhiaie che ha sotto gli occhi, inizialmente non me ne ero accorta, ma ho imparato a non sottovalutare più nulla. Si dice che solo chi ha visto la morte smette di sottovalutare tutto, beh forse sono solamente io a pensarlo, ma questo non è di vitale importanza. La cosa importante ora è capire cosa sta succedendo al mio migliore amico
-ehi Ele, non hai dormito questa notte?- gli chiedo facendo quasi la finta tonta, lui continua a sistemare i cavi, inizialmente credo non mi abbia sentito, ma poi alza lo sguardo e incrocia i miei occhi
-a te proprio non si può nascondere nulla è, sì non ho dormito, ho un pensiero che mi frulla per la testa- dice, io faccio un debole sorriso, aspettando che continui, lui alza lo sguardo e incrocia il mio, mi guarda male -okay te lo dico, pensavo a Vanessa, sai con chi va al prom? Non che io sia geloso, che sia chiaro- dice tornando a concentrarsi nei cavi, io ridacchio silenziosamente, caro il mio Ele geloso.
-non ci va con nessuno, se non con Nicolas, ma come ben sai beh loro due non potrebbe mai esserci qualcosa, dato che Nico è omosessuale. Scommetto che non aspetta altro che sia tu a chiederglielo, fidati- gli dico con un sorriso furbo sulle labbra, lui alza la testa di scatto e incrocia i miei occhi
-dici sul serio?- mi chiede e io annuisco convinta -ma posso venire, non è solo per i ricoverati?- mi dice con un sopracciglio alzato e con aria confusa
-beh in verità no perché ci sono tanti ricoverati che vengono alla festa con persone al di fuori dell'ospedale- dico facendogli l'occhiolino, lui mi sorride, io faccio un cenno alla porta -su vai la trovi al piano di evasione-
-davvero?- mi chiede io annuisco sorridendo -sei la migliore Carly- mi dice, mi stampa un bacio sulla guancia e corre fuori dalla stanza. Ah l'amore! Cosa può fare ad una persona.

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