How to (not) be Kate Clifford

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(Calum)

Una camicia.

Quella stupida mi ha seriamente messo addosso una camicia. Non so nemmeno come se ne abbottoni una. Chissà dove l'ha trovata poi. Devo dire, però, che mi sta proprio bene! La osservo allontanarsi con il biondino malefico che mi ha racchiuso nel corpo di una donna. Questa mattina è stato un trauma: come fanno le ragazze a fare pipì?

E, altra cosa, quale persona normale tiene piegati perfettamente i capi di abbigliamento? L'armadio di Kate è perfetto come tutta la sua essenza, incredibilmente fastidioso. Ero quasi intimorito a sedermi nel suo letto per quanto fosse tutto così fisso. Ed è stato un incubo dormire lì, le sue lenzuola sono intrise del suo profumo, e me lo sento addosso.

La sua famiglia è strana, diversa rispetto alla mia. Intanto, vive solo con la nonna e suo fratello. Non so nulla dei suoi genitori, in quelle poche ore che ho vissuto lì non ho mai sentito nessuno nominarli. E poi, mi adorano. Cioè, la adorano. Un po' come se Kate fosse l'unica luce di speranza nel loro buio. Più che altro, sembrano incredibilmente fieri di lei ogni cosa faccia. Suo fratello mi guardava colmo di gratitudine, di amore. Sua nonna era contenta anche solo se le passavo l'olio da mettere nell'insalata. Forse è anche per questo che se la tira così tanto. La trattano come se fosse d'oro. Non sono certo abituato ad una cosa del genere: in famiglia è già tanto che mi rivolgano la parola. Il fatto che combini sempre casini non aiuta di certo.

Lancio un'occhiata alla ragazza che ho vicino, che continua a parlarmi di cose che non riesco a capire, e io sospiro, osservando i libri che ho in mano. Perfino i suoi libri sono perfetti, che fastidio.

«Che lezione abbiamo alla prima ora?» chiedo innocentemente, guardando la mora che mi osserva con gli occhi sbarrati, come se avesse visto un cadavere.

«Perché mi guardi così?» chiedo io scocciato.

«Kate sei strana, sicura di stare bene?» mi chiede Abigal, appoggiando una mano sulla mia fronte, e io mi sposto bruscamente.

«Benissimo» borbotto, ma il suo sguardo è sempre più allarmato.

«Hai l'orario stampato su cartoncini colorati e decorato con i colori a pastello.» insiste la ragazza, senza togliermi gli occhi di dosso. Fingo un sorriso innocente e la mora sospira.

«Storia Kate. Abbiamo storia»

«Giusto» annuisco ridacchiando.

Bhe, io non sono perfetto come Kate Clifford, e credo sinceramente che la sua reputazione cambierà radicalmente da oggi. Un ghigno mi attraversa il volto.

«Ok» scrollo le spalle e riapro l'armadietto e ripongo i libri che avevo in mano- presi a caso, ammetto- e mi stiracchio.

«Ti va di balzare?»

Abigal impallidisce e si appoggia agli armadietti, in pieno attacco di panico, senza mai smettere di fissarmi.

«Kate cosa stai dicendo?» balbetta intimorita.

Sbuffo, corrucciato.

«Se ti mette così tanta ansia, bastava dire di no» mi giro e saltello per il corridoio, facendo ondeggiare i capelli rossi. Sono veramente fastidiosi comunque, non capisco come faccia a tenerli così lunghi! Mi ci potrei asciugare il sedere.

Salgo le scale e raggiungo la vuota aula di musica e chiudo la porta dietro di me, ispirando l'odore che aleggia all'interno ad occhi chiusi. É l'unico posto in cui posso e voglio stare. Ognuno di noi ha quel nascondiglio in cui si ritrova quando ha bisogno di tempo, di spazio, di conforto. Quel posto in cui chiudersi a riccio e rimanere in silenzio ed immobile, e il mio è l'aula 27. Non mi piace molto condividere lo spazio con miss perfezione Clifford, ma dato che sono costretto nelle sue soffici membra e io ho bisogno del mio spazio, non c'è altra soluzione. E così prendo una chitarra di quelle date a disposizione dalla scuola e mi siedo in una sedia, cominciando a strimpellare le note di una canzone che ho in testa da un po'. É come se fosse nata dal nulla, come se fosse un ricordo lontano che ho sempre avuto in testa. É strano come funzioni la musica, e come funzionino le parole.

Stars Align// Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora