(Kate)
Apro gli occhi al suono della sveglia, sentendomi intontita. Da qualche mattina a questa parte sobbalzo ogni volta che mi alzo e non sento i miei lunghi capelli sulla schiena, e realizzo che sono Calum Hood. Ogni mattina è un incubo da quando sono nel suo corpo. La mia mente comincia ad elaborare e ricordo la sera precedente, ricordo quel dolore al petto e ricordo il profumo di Amanda, avvolgente e dolce, mentre mi stringeva a sé e mi accompagnava verso casa, con la paura che potessi svenire per strada e farmi del male. Amanda è una ragazza strana: sembra molto superficiale, interessata all'immagine che gli altri possono avere di sé, ma ha un cuore enorme quando si tratta della salute di Calum. Mi guardava con dolcezza, i suoi occhi colmi di preoccupazione, e credo che Calum fosse davvero fortunato, ma non sapeva di esserlo. Dovrebbe essere profondamente grato di avere al suo fianco una persona come lei, considerando ciò che ho potuto vedere della sua famiglia: a parte Mali, i suoi genitori non mi dedicano molte attenzioni anzi, credo sia raro che i nostri sguardi si incontrino. Non ci sono mai quando scendo per fare colazione, e mi ritrovo anche questa mattina a mangiare sola, con il solo ticchettio dell'orologio a farmi compagnia in questa cucina vuota e triste. Ogni giorno mi soffermo sulle foto appese sui muri ed osservo Calum e Mali da piccoli e mi perdo ad osservare le guance paffute di un piccolo Hood, ad un'età in cui già faceva parte della mia vita, e già lo odiavo. Ho tre certezze nella vita: la prima, è che mia nonna abbia visto tutti i telefilm polizieschi esistenti; la seconda, è che i rossetti rossi sono la miglior cosa inventata dagli esseri umani; e la terza, è che io e Calum ci odiamo, ci siamo sempre odiati, e sempre ci odieremo. Dopo aver bevuto in fretta un bicchiere di latte, afferro lo zaino ed esco di casa, chiudendo la porta dietro di me. Ciò che non mi aspettavo per nulla, però, era trovare me stessa, ovvero Calum, davanti al cancello di casa, mentre sbatte impazientemente il piede sul marciapiede. Alzo gli occhi al cielo nel vedere che ha indosso una felpa nera sgualcita di Michael, e jeans sbiaditi. Tiene gli occhi puntati contro di me, il suo sguardo sembra freddo, arrabbiato. Alzo un sopracciglio: che cavolo vuole di prima mattina?
Sbuffo e tengo lo sguardo puntato sui suoi occhi freddi, fino a quando non raggiungo il cancello e lo apro, senza abbassare lo sguardo. Lo richiudo dentro di me, infilando le chiavi in tasca, e rimango in attesa. Per tutta risposta, Calum solleva la felpa che indossa, facendomi temere il peggio.
«Che cazzo...» comincio, quasi urlando, fino a quando non trattengo il fiato del notare i lividi violacei sul fianco. Ah già. I lividi. Mi mordo un labbro e cerco di scacciare i vari pensieri che si stanno facendo largo nella mia mente. Stringo i pugni mentre Calum si sistema la maglia, mantenendo lo sguardo su di me, alla ricerca di spiegazioni, ma io non ho idea di cosa dire. Che parole dovrei usare esattamente? Forse, questo è l'unico lato positivo di essere Calum, di vivere la sua vita: dimenticare completamente lo Smokies e Brian Ryan, i clienti allupati; quei sorrisi forzati nonostante vorresti solo scappare e ignorare tutto, gettarti a letto e rimanere sotto le coperte, nei tuoi sogni che speri possano avverarsi, mentre ti cullano per dirti che andrà tutto bene. E tu ci credi davvero per qualche secondo. E ti immagini pure in una vita completamente diversa da quella che hai al momento, immagini tutto ciò che hai sempre voluto e che non hai mai osato dire. Non essere me è un incubo, ma forse anche la mia più grande liberazione. Nessuno si è mai chiesto perché devo essere sempre in cima, perché io voglia essere una regina perfettamente curata. È ciò che devo far credere, ed è difficile tenere duro. Ed è per questo che da quando sono Calum, mi sveglio con l'angoscia ricordandomi che non sono nel mio corpo: lui sta facendo cadere i miei castelli di carte. Tutti lo scopriranno. Appoggio la schiena al cancello, chiudendo gli occhi, lasciando pure che il panico mi attanagli: non ho nulla da perdere, infondo. Stringo i denti, scacciando le lacrime, e l'unica cosa che mi sembra efficace è afferrare le chiavi da dove le ho appena riposte, ed aprire il cancello, ignorando Calum, che ha finalmente deciso di parlare.
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Stars Align// Calum Hood
Fanfiction"Mi volto e caccio un urlo: davanti a me ci sono io. Ovvero, il mio corpo, che si sta toccando i capelli, i vestiti, che si guarda le mani. Io faccio lo stesso: mani grandi, dita lunghe, carnagione olivastra. Mi tocco la testa e, con orrore, realizz...