(Kate)
Non appena suona la campanella, infilo velocemente i libri nello zaino sconfortata. La piccola vittoria avuta durante l'ora è completamente insignificante dopo i pensieri che mi stanno martellando la mente. Ho il terrore di scoprire cosa Calum Hood potrebbe aver fatto alla mia reputazione nel giro di un'ora. Scatto in piedi e sistemo lo zaino sulla spalla, uscendo in fretta dall'aula, sentendo ancora addosso lo sguardo della docente, probabilmente sorpresa di aver appena dato a Calum Hood un voto che non sia una D. Non appena metto piede in corridoio, sento come una scarica investirmi, la solita che sentivo quando ero in possesso del mio corpo, e l'impulso di cominciare a camminare per la mia passerella stile angelo di Victoria Secrects è alto, ma ricordo che non ho capelli lunghi da scrollare, e certamente il mio famoso sguardo da "Bitch" non si abbina bene con il viso di Calum. Mogia, mi avvio verso l'aula di storia, dove spero che sia Calum, e che non abbia deciso di saltare la lezione, pensiero che mi ha tormentato per tutta l'ora precedente. Mi appoggio al muro dell'aula a braccia conserte, osservando gli studenti che escono da lezione con libri ed appunti sottobraccio, e le espressioni stanche ed annoiate. Non appena vedo con la coda dell'occhio la mia capigliatura rossa, faccio un passo in avanti per intercettarla. Gli occhi scuri si voltano scocciati, prima di ingrandirsi e guardarmi in cagnesco.
«Tu!» esclamiamo in coro, indicandoci. Abigal passa lo sguardo su entrambi: sembra davvero esausta.
«Ne ho abbastanza per oggi» dice esausta, alzando le braccia in segno di resa, allontanandosi. Mi volto di scatto verso Calum, che mi guarda con le braccia conserte, battendo con un piede sul pavimento, in attesa.
«Cosa le hai fatto?» chiedo sibilando, sentendomi molto nervosa. Lui scuote il capo.
«Nulla!» scandisce, probabilmente consapevole che non gli crederò mai. Lo guardo scettica ma decido di lasciar perdere, e gli scocco un'altra occhiata fulminante, nonostante io sappia che non funzionano bene come quando ero nel mio splendido e profumato corpo.
«Non ti permetterò di rovinare ciò che sto costruendo da una vita» dico minacciosa, le mie mani tremano, e nonostante voglia essere coraggiosa, sento la paura cercare di buttarmi giù in un modo che non avevo mai provato. È come se il mio corpo mi desse una sicurezza che non riesco più a provare ora che ne sono priva. Perché non è solo il corpo che mi è stato levato, ma ciò comporta anche una vita diversa, e il fatto è che la mia è nelle mani di un completo deficiente.
Sul mio viso non più di mia proprietà, compare un ghigno, e i miei occhi mi guardano, facendomi sentire a disagio.
«Ah non preoccuparti» dice, cominciando a camminare, senza più guardarmi. Poi, però, si ferma e osservo Calum serrare le mani in pugni, e indugia sul mio viso, come se stesse cercando di dire qualcosa.
«Senti, muoviti» dico spazientita, sbuffando fino a raggiungere l'aula di matematica, sapendo perfettamente quanto mi aspetti un'ora terribile. Primo perché il professor Sullivan odia Calum. Secondo, perché se dovesse chiedere a me di eseguire degli esercizi, Hood non ne sarebbe capace e non ho idea di cosa potrebbe succedere.
Non appena mi trovo la porta dell'aula davanti agli occhi, mi volto e osservo Calum avvicinarsi a me, con un'espressione corrucciata sul volto. Lo ignoro ed apro la porta chiusa, scusandomi mentalmente per aver fatto tardi per la prima volta in vita mia.
Ispiro e tiro giù la maniglia, tenendo gli occhi socchiusi, come nella speranza che gli altri non mi vedano. Ma, ovviamente, lo sguardo è già puntato verso di me. Entro seguita da Calum senza dire nulla, e mi siedo su un posto rimasto libero. Il professor Sullivan alza lo sguardo e mi guarda asciutto.
«Hood» guarda l'orologio da polso «Wow, sei arrivato quasi puntuale, a cosa dobbiamo questo miracolo?» chiede con tono canzonatorio. Io lancio un'occhiata a Calum che prende posto vicino ad Abigal con aria soddisfatta di chi l'ha appena scampata indenne.
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Stars Align// Calum Hood
Fanfiction"Mi volto e caccio un urlo: davanti a me ci sono io. Ovvero, il mio corpo, che si sta toccando i capelli, i vestiti, che si guarda le mani. Io faccio lo stesso: mani grandi, dita lunghe, carnagione olivastra. Mi tocco la testa e, con orrore, realizz...