(Calum)
Michael è in silenzio, seduto accanto a me nelle sedie di plastica verde della sala d'aspetto. Ha il cappuccio della sua felpa della Levis tirato su, gli occhi puntati verso il pavimento sporco di qualche macchia di caffè qua e là. C'è anche Ashton seduto al suo fianco, ma Michael sembra quasi non rendersene conto. Non ha detto una parola da quando li ho raggiunti, dopo che il professor Sullivan mi ha avvisato e lasciato libero di andare. Ho lanciato uno sguardo preoccupato verso Kate, che stava piangendo in silenzio, cercando di non farsi notare. Mi sono alzato in fretta, scappando via dall'aula, precipitandomi all'Ospedale di San Francisco a perdifiato. No, ok, a perdifiato fino alla prima fermata dell'autobus. Sono arrivato con il fiatone fino al quarto piano, con Michael seduto nella stessa posizione che occupa al momento. Odio questo genere di situazioni in cui nessuno ti dice nulla, dove sei in balia degli altri senza il minimo controllo. Non ho passato così tanto tempo in quella casa, ma nonna Prince è stata di certo una delle cose meno fastidiose con cui ho interagito. Ogni volta che mi sedevo a tavola, posava un bacio tenero tra i miei capelli, e quando non era troppo impegnata a guardare i suoi telefilm, mi sorrideva con gentilezza non appena mi vedeva. Vorrei non essere stato così scorbutico, ma lei non si era mai scomposta. Mi ha sempre riserbato quel sorriso rugoso.
Non ho idea di quanto tempo sia passato da quando sono qui, ma decido che il mio corpo (non mio) reclama liquidi. Mi rivolgo verso Michael, mosso da un impeto di dolcezza, e accenno un sorriso.
«Vado a prendere dell'acqua, vuoi qualcosa?» chiedo con gentilezza. Michael alza lo sguardo e i suoi occhi verdi ormai spenti e tristi mi guardano dritto negli occhi. Scuote la testa. Non ha nemmeno la forza di parlare.
«Tu?» chiedo poi ad Ashton, ancora seduto vicino a Michael.
«No, ti ringrazio» mi sorride.
Mi alzo e mi allontano, quasi stupito della mia gentilezza, e seguo il corridoio a ritroso. Alla curva, vado a sbattere contro qualcuno, e sento di nuovo quella forza sovrannaturale scaraventarmi a terra proprio come è avvenuto questa mattina. Oh, andiamo, datemi una tregua! Apro gli occhi infastidito, ritrovandomi Kate davanti a me, intenta a massaggiarsi la testa con espressione dolorante.
«Vorrei sapere perché non possiamo toccarci senza finire per terra» borbotto.
«Vorrei sapere perché non guardi dove vai» ribatte la ragazza acidamente.
Alzo un sopracciglio.
«Smettila di fare la acida anche quando sei disperata. Cosa fai qui?»
Kate si alza in piedi e sbatte le mani sulla polo che mi ha fatto indossare con estrema cura.
«Tu che dici?» ribatte.
Mi sta proprio sul cazzo.
Sospiro, mentre mi appoggio al muro e mi alzo in piedi, massaggiandomi l'anca. Vorrei trovare una parte del corpo che non è dolorante, ma non credo esista.
«Non sappiamo ancora nulla» dico poi, osservando l'espressione di Kate mutare, diventando improvvisamente triste. Annuisce, senza dire una parola.
«Vieni con me?»
Kate alza un sopracciglio.
«Con te? Dove?»
«Ad idratare il tuo corpo. Ringraziami» la schernisco io.
Lei alza gli occhi al cielo, e senza dire nulla mi segue per il corridoio.
Di che cosa parla la gente normale con Kate Clifford? Di qual è il miglior rossetto rosso a lunga durata? Del miglior balsamo per capelli lunghi? Cosa si usa per la pulizia del viso? Io vorrei chiederle tutto ciò che non so della sua famiglia: ad esempio dove sono i suoi genitori, perché nessuno li nomina; perché Michael non va a scuola; perché lavora in un posto come lo Smokies, dove più che una cameriera è un sacco da box. Ma penso preferisca parlarmi dei balsami per capelli.
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Stars Align// Calum Hood
Fanfiction"Mi volto e caccio un urlo: davanti a me ci sono io. Ovvero, il mio corpo, che si sta toccando i capelli, i vestiti, che si guarda le mani. Io faccio lo stesso: mani grandi, dita lunghe, carnagione olivastra. Mi tocco la testa e, con orrore, realizz...