Cap. 3 - la trasformazione

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Mi risveglio, ma non mi trovo nella mia cella, sono in una specie di sala operatoria, a malapena vedo i medici, noto però che uno di loro ha in mano una forcella con la quale avvicina verso di me un blocco di ghiaccio denominato dalla sua targhetta "ghiaccio rosso - Euclid - n. 009". Non so se mi ucciderà, penso di no, sta di fatto che la temperatura della stanza é molto bassa, il termometro di fronte la porta segna -4° e sono completamente coperto con una giacca pesante che mi tiene al sicuro dal congelamento. Mi vengono tirate fuori le mani e con un bisturi recidono con attenzione la pelle sulle nocche, il ghiaccio viene applicato sulle ossa scoperte e, con un dolore atroce, parte delle mie ossa si cristallizzano, solo quelle delle mani però, successivamente la lacerazione viene suturata, guarisce molto in fretta dato l'effetto ancora persistente della panacea, probabilmente questa ha anche inibito parte del dolore causato dalla "carezza" del metallo e del ghiaccio sulla mia pelle e tessuto osseo. Appena la ferita si cicatrizza completamente mi viene portato un blocco di piombo, vengo slegato e la loro richiesta ,stavolta, é di dare un pugno con una media potenza al blocco. Eseguo ciò che richiesto, subisco un po' di contraccolpo data la forza del colpo, ma con mia grande stupefacenza, condivisa da tutti i medici, il peso in lega di piombo si ammacca pesantemente. Resto stupefatto, non credo a ciò che è appena successo, mi guardo le mani che non hanno riportato danni e successivamente rivolgo lo sguardo a quegli studiosi, a loro ho dato il mio primo sorriso da quando ero lì, avevo paura di me stesso, ma alcontempo ero incredibilmente felice, o orgoglioso, devo ancora definire le mie emozioni.

Torno nel rifugio a riposare un momento, neanche il tempo di sognare cosa potessi fare con quelle mani di nuova energia, che subito vengo richiamato per un test, mi viene incaricato un'omicidio, o di danneggiare qualcosa fino a fermarlo, non capisco per niente cosa siano questi esseri. Molto stranito dalla loro richiesta vengo scortato di fronte alla sezione di n.173, ma stavolta, non é lui il mio obbiettivo, dovrò invece affrontare il numero 166, chiamato da loro "adolescente succube - grado Euclid", pare abbia avuto un crollo psicologico pesante, entro assieme ad un vescovo di Cornovaglia, un convento di Londra, ci avviciniamo alla sua stanza e la vediamo urlare e picchiare contro i muri, lui inizia a citare versi della sacra bibbia e io lentamente proseguo verso di lei, ferro i pugni e li prostro in avanti, la ragazza é molto ostile ma sembra bloccata dalla preghiera del predicante, sferro un pugno con tutta la forza che possiedo, precisamente nel mezzo del petto, sento il rumore delle sue ossa che si spezzando e la mia mano che perfora il torace, sporcandosi copiosamente di sangue. Lei cade a terra senza un lamento e le guardie procedono a recuperare il corpo, io svengo dall'ansia che ho provato in precedenza e vengo trascinato ancora sul mio letto, intravedo un uomo che sulla parete inchioda una piccola medaglia con il numero 166 coperto da una croce... Di nuovo mi addormento e resto solo.

Sono passati due mesi da mio "omicidio" programmato. Appena risvegliato subito arrivano, nel mentre noto la medaglia fissata alla parete grigia, luccica leggermente, riflettendo la luce della lampada in lontananza, mi fanno uscire, vengo portato al piano più sopraelevato, di fronte al direttore dell'affiliata. L'uomo é alto, capelli nero corvo e postura composta, é vestito come me, la sola differenza é il fazzoletto bianco nel suo taschino, lui inizia a parlarmi, io non accenno una parola. "Sei arrivato allora, vuol dire che sei sopravvissuto, ottimo" resto immobile e non emetto una parola, lui prosegue il discorso "resterai qui finché non compierai 13 anni...sai, non ho la minima idea del tuo pensiero al riguardo, pare che tu non voglia esprimerla, mi limito a dirti che da ora, ogni unità che fuggirà, dovrai abbatterla o aiutare a contenerla, buon lavoro".
Sono sicuro di me, ma non ritengo corretto il loro comportamento. Torno giù e mi stendo, dopotutto la pausa é tutto ciò che possiedo, oltre alle mie canzoni...

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