Il Bocciolo

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Credevo di essere pura. Credevo non ci fossero demoni dentro di me. Quando mi arrabbiavo, mi arrabbiavo violentemente, ma da sola. Chiusa in una stanza, a guardarmi nello specchio, fissando il mio stesso sguardo. Non mi ero mai soffermata sulla luce nei miei occhi, non quando ero furiosa. Normalmente mi pareva di scorgervi la luce, l'amore. Non il sole, troppo brillante per il mio carattere, ma l'amore sì. Poi vi ho visto l'odio. I miei demoni hanno scavato e sono giunti in superficie, sollevando con forza le botole delle mie palpebre. E li ho visti riflessi nello specchio. Lo specchio di un ascensore.

Credevo di essere speciale, diversa, salvata. Credevo che il mio destino fosse di coraggio e di luce. Mi illudevo di essere piú forte dei demoni altrui, perché non ne avevo di miei. Raccontavo a me stessa storie di grandezza, di sacrificio. Come una martire sarei morta in nome dell'amore. Scrivevo pagine di ció che avrei voluto essere, convincendomi di esserlo già, come un bocciolo sa che il suo destino non puó essere diverso dallo sbocciare. E poi scopre l'asprezza, l'abbraccio mortifero di una gelata, il lento rosicchiare di un insetto, l'alito delle tenebre si richiude sulla sua bellezza imprigionata. Non sboccerà mai. Tutto s'infrange. La pioggia anziché nutrirlo lo fa marcire. Un maggiolino dalla corazza lucida vi zampetta sopra, spappolandolo. Il dolce profumo macera nella decomposizione. Il sole lo brucia, la luna lo gela.

Ho dato importanza ai sogni, ma su di me non dicevano nulla. Chi sono? Perché sono?

Ho scritto pagine e pagine, e alla fine l'inchiostro era sangue. Cancellavo lettere con le lacrime. Sussurravo parole per dare vita al vento. Parlavo alle piante per non lasciarle morire. Trovavo un simbolo in ogni volo di rondine. Un battito d'ali, un si, un forse.

Credevo di saper scrivere perché sapevo immaginare. Credevo di saper immaginare perché sapevo scrivere. Cercavo ispirazione nel volo di una foglia d'autunno, su una strada umida di pioggia, attraverso vetri costellati di lacrime. Ogni arcobaleno era un segno di pace.

Poi la rabbia ha scavato sotto la pelle. Per anni ricacciata, spinta in fondo all'anima come la nube oscura che nessuno vuol vedere, si è fatta strada nelle vene. I demoni mi hanno graffiata dentro con i loro artigli.

Gli occhi sono diventati pece. Il sangue bollente, febbre divorante. Odio che sgorga da sotto l'eyeliner nero.

Ho odiato quell'odio. Ho odiato chi l'aveva provocato, perché mi aveva costretta a vedere la parte piú oscura di me, quella che avrei voluto negare di avere.

I raggi di un sole oscuro mi gridano dentro, lacerandomi pian piano, mangiandomi le viscere come vermi in un bocciolo. Una candela che un tempo era una fiamma, cerca di scaldarmi, di guarirmi. La pioggia delle mie lacrime mi fa marcire. Quelle trattenute fanno un danno peggiore. Il gelo del silenzio mi fa dubitare, mi pietrifica, mi inibisce. Sento l'alito fetido dell'oscurità abbracciarmi.

Ma sotto il marciume percepisco la nascita di un bocciolo nuovo. Piú forte e piú puro, resisterà alle intemperie dell'odio. La speranza che brilla nelle lacrime di Dio.

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