Dedicato a N., in ricordo di sua madre, donna coraggiosa.
Ricordo petali dorati e rose bianche brillare nel sole primaverile. Ricordo frammenti di pensieri e desideri espressi senza mai aprire bocca, mentre con gli occhi chiusi volgevo il viso verso il cielo. Un'altra vita, relegata nel passato.
Quando la malattia è entrata nella mia casa non ci sono piú stati sogni, soltanto incubi. Un abisso, una voragine che lentamente scavava il suo posto nella mia esistenza. Lo sentivo nutrirsi di me e ogni giorno si prendeva qualcosa di piú. Avido, divorava il mio cuore e le mie lacrime.
Guardavo quel viso di madre, prima pieno e poi tirato come se la pelle non bastasse piú a coprirlo, gli occhi enormi e tristi, le mani scheletriche. Ascoltavo quella sua voce roca, sbirciavo i suoi movimenti impacciati. La amavo. La odiavo. Non potevo lasciarla. Non riuscivo a guardarla.
La notte piangevo contro il cuscino, avrei voluto urlare ma le grida restavano bloccate in gola, graffiando come artigli. Rabbia, dolore, come scinderli l'uno dall'altra?!
La morte aleggiava nell'aria, ma a casa nessuno la nominava. Quasi riuscivo a vederlo, il mietitore dal lungo abito nero e lo sguardo vuoto di teschio. Fissava me. Mi seguiva quando mi ritiravo in camera a dormire, mi alitava parole sussurranti e terribili. Avrei voluto schiantarlo, farlo a pezzi, ma esisteva soltanto per me e non potevo colpirlo.
Sola, non vista, volgevo il viso alle stelle.
Ricordo un ambulanza nel cuore della notte. Ricordo rose rosse e lacrime cadere sulla terra scura di un cimitero dove un pezzo di me è rimasto sepolto per sempre.
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Il Bocciolo
Puisi"Ho scritto pagine e pagine, e alla fine l'inchiostro era sangue." Raccolta di poesie in prosa.