CAPITOLO 23

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**La vita passa, i capelli ricrescono, i ricci tornano e l'amore tra me e Micah sboccia. Ci viviamo ogni secondo a nostra disposizione, essendo consapevoli di non essere ancora immortali. Ho deciso di godermi la vita e di vivere giorno per giorno, senza far programmi a lungo termine e purtroppo questa mia decisione è un continuo motivo di scontro con il bel pallavolista. Non lo riesce ad accettare, nessuno lo può accettare, nessuno che non abbia passato anche solo un quarto di quello che ho passato io.

Quando ti trovi in certe situazioni cambi la tua visione della vita, le tue idee e le tue priorità.

Oggi abbiamo per l'ennesima volta litigato. Negli ultimi giorni continuiamo a farlo. Persino Jenia ci evita, ma lo capisco. In casa non si respira una buona aria in sto periodo.

Io e Micah siamo sempre arrabbiati e ci rivolgiamo la parola poco o addirittura niente.

La causa di tutto ciò è una sola: il mio nuovo lavoro.

Appena mi sono riappacificata con i due pallavolisti, infatti ho lasciato la società, promettendo al coach che sarei stata sempre, nel limite del possibile, presente e che ci sarei stata in casi di necessità.

Il problema vero è che a lui non è che non stia bene il mio nuovo lavoro in se stesso, lui non sopporta il fatto che io abbia lasciato la società. Dopo neanche due mesi che stiamo insieme, stiamo per arrivare ad un punto di rottura. Non mi piace per niente questa situazione così decido di voler chiarire una volta per tutte con Micah.

È seduto sul divano senza realmente fare niente e mi metto a parlargli.

<odio sta situazione, ti prego risolviamo tutto questo casino>

Lentamente si gira e mi guarda con due occhi che lasciano solo sognare.

<vieni qui Laura.> mi lascia accoccolare tra le sue braccia e mi lascia un bacio sulla fronte. Sono io a cercare le sue labbra, sono come una droga per me.

Ci scambiamo baci intensi, pieni d'amore, pieni di parole non dette. Finiamo per fare l'amore, lì, proprio sul divano del soggiorno senza curarci del fatto che Jenia possa tornare a casa. Siamo troppo presi da noi, troppo presia sussurrarci i nostri sentimenti e le nostre voglie che tutto il resto non conta più.

<ti prego Micah, non resisto più>

Detto questo perdo il controllo.

Improvvisamente tutto si fa buio e dei movimenti mi costringono a svegliarmi. **

Era l'ennesimo incubo che facevo. Ormai sono passati cinque mesi da quando ho lasciato l'Italia e con lei anche Micah. L'ho lasciato dopo neanche due mesi di storia e continuo a sognare cosa sarebbe potuto succedere se io fossi rimasta. Una volta sogno noi due che facciamo l'amore, la volta dopo io e lui che abbiamo un figlio e quella dopo ancora io e lui che andiamo al palazzetto mano nella mano.

Me ne sono andata dopo una litigata furiosa, di quelle in cui ti insulti e ti dici cose che mai vorresti dire e che mai penseresti.

Dopo tutto quello che era successo non riuscivo a farmi toccare ne guardare da lui, facevo fatica a dormire con lui. Lui però non capiva.

Me ne sono andata perché la situazione era insostenibile, io e lui non ci parlavamo più. Sta volta però lui sapeva benissimo che me ne sarei andata e anche dove: me ne andavo in Africa, in missione.

Da allora ci siamo sentiti una volta: come va, come stai e poco altro. Poi ho riagganciato perché stavo crollando, se la conversazione fosse andata avanti avrei ceduto e sarei corsa da lui, lasciandogli scegliere per la mia vita.

Ma io sono una donna libera, non lascerò mai che qualcun'altro decida cosa io debba o non debba fare. Nemmeno a lui.

Ed ora sono qui, circondata da bambini che mi svegliano perché io vada a giocare con loro. Per la maggior parte sono orfani ed il mio compito è quello di farli giocare prima e dopo la scuola. Insegnandogli la vita.

Tra quindici giorni ormai finisco il progetto e me ne torno in Italia. Andrò dai miei nel primo periodo, perché finalmente posso sottopormi alla ricostruzione del seno, poi vedrò. Vedrò cosa mi riserverà la vita.

È arrivato il giorno di ripartire.

Sono a pianti perché devo salutare questi splendidi angeli. Sono dei bambini fantastici e sono sicura che rimarranno nel mio cuore.

Il viaggio aereo di ritorno è un incubo: piango e sono tremendamente triste. Non riesco a pensare che domani riavrò qualcosa che mi spetta, no, riesco solo a pensare a tutto quello che ho dovuto lasciare oggi. A quei bimbi che ho visto crescere e a quelli che ho visto nascere da ragazze della mia età. Ed improvvisamente ho uno spasmo e inizio a piangere a dirotto.

Mi viene in mente di quando è nato Omar. Mi sono rinchiusa nella mia tenda per ore a piangere. Penso di non essere mai stata tanto egoista come quel giorno: riuscivo solo a pensare al fatto che io non potevo averne. Che non sarei mai potuta diventare madre. Ed ancora oggi mi vergogno della mia reazione, ma proprio non ce la facevo a vedere quel piccolo: l'ho visto per la prima volta solamente un mese dopo la sua nascita.

Finalmente atterro e trovo ad aspettarmi tutta la mia famiglia.

Gli corro incontro e li abbraccio tutti ad uno ad uno. Poi torniamo a casa.

Spazio Autrice: buonasera a tutti, ecco a voi un altro capitolo. Come vi ho già anticipato, siamo agli sgoccioli di questa storia, mancano davvero pochissimi capitoli alla fine, ma ne sto cercando di preparare un'altra tutta per voi. Grazie mille a tutti <3

Sorry, this is me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora