CAPITOLO 14

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Mi alzo tutta eccitata per quello che mi aspetta in mattinata. Corro a svegliare anche Micah. Gli salto addosso e inizio a fargli i dispetti. Di prima mattina è più intrattabile di me. Quando lo sveglio così, si arrabbia tantissimo e non gli si riesce a parlare per almeno una mezz'ora, ma non mi interessa: sono troppo felice. Scendo in cucina e preparo il caffè. Facciamo colazione insieme e poi andiamo a prepararci. Micah non sa niente. Non sa dove andremo né cosa faremo. È un segreto.

Prima di uscire dalla camera metto in borsetta il portafoglio ed un foglio. Cerco le chiavi della macchina e scendiamo in garage. Micah mi vieta di guidare, anche se stamattina sento di avere più forze di quelle che avrei normalmente. Gli indico le strade che dobbiamo fare e ci ritroviamo nella periferia della città. Parcheggia e quando scende mi segue.

Mi fermo davanti ad un piccolo negozio. Lui mi guarda e sorride: ha capito. Entriamo e vengo indirizzata verso il ragazzo che ha preso il mio appuntamento. Apro la borsetta e tiro fuori il foglio. Glielo mostro.

Si tratta di un disegno di mia sorella. Ci sono delle rondini in volo che fanno da cornice ad una parola. Faith. Fiducia. Perché io non ho mai ceduto. Ho sempre avuto fiducia, ho sempre creduto che qualcuno lassù avesse in serbo altro per me, come ricompensa per tutto il dolore provato.

Quando me lo regalò mi disse di averlo fatto pensando a me. Pensando a quanto ho saputo lottare, ma senza essere aggressiva. Mi ha sempre detto che io lottavo come una rondine. La rondine, mi ha detto, è un animale che sembra indifeso, ma guarda quanta forza ha! Deve continuamente girare il mondo e cercarsi ogni volta una nuova casa, deve ricostruire tutto da capo, ma lotta, in silenzio, combatte e ce la fa. Proprio come me, diceva.

E così, quando mi hanno dato la notizia per la seconda volta ho deciso: dovevo tatuarmi quel disegno per ricordarmi ogni giorno di essere una rondine.

Ho scelto il braccio sinistro. Non so perché ma mi piaceva l'idea. E così, una volta approvato dal tatuatore iniziamo. Micah dal canto suo mi sta accanto e mi tiene la mano. Ho un po' paura, ma devo farcela.

Dopo un tempo che a me sembra interminabile, il ragazzo mi fascia il braccio e mi raccomanda di spalmarci una crema apposta tutti i giorni per una settimana e di non esporlo al sole.

Nel tornare a casa ci fermiamo a prendere un gelato.

Posso spuntare un'altra cosa:

"FARE UN TATUAGGIO"

È domenica e ci sono anche io al palazzetto, come promesso a Micah. Sto a bordo campo fino al momento del saluto e poi vado a sedermi al mio posto. Siamo contro Trento. Una Trento un po' spenta, ma che stiamo dominando alla grande. Alla fine la partita finisce a nostro favore con un nettissimo 3-0.

Come ogni settimana è lunedì ed io, a differenza dei ragazzi che hanno il giorno di riposo, lavoro. Sono nel mio studio che lavoro quando fuori inizia a piovere. Guardo fuori, ma con il buio dato dall'ora e dall'acqua che scende fitta, vedo me stessa e non la strada sotto. Mi vedo, ma sono diversa, stanca, quasi distrutta. Mi vedo senza capelli, dimagrita, ma gonfia per il cortisone. Mi sento improvvisamente debole e così mi appoggio al davanzale.

Cerco di liberare la mente da questi brutti pensieri continuando a lavorare, ma non riesco. Sono le sei ed è ora di tornare. Quando esco dal palazzetto, però entro al bar sottostante. Ordino una birra e inizio a pensare. Penso ed intanto ordino un'altra birra. Tra un pensiero e l'altro mi bevo tre birre da sola. Non del tutto lucida pago ed esco dal bar. Mi reggo a stento in piedi. Penso che i farmaci abbiano aiutato l'alcool a fare effetto.

Nel tentativo di tornare a casa, mi imbatto in un parco e mi metto a giocare sotto la pioggia. Torno bambina per un po'. Dopo essermi inzuppata per bene, cerco di arrivare a casa. Arrivo, ma non riesco a trovare le chiavi così mi attacco letteralmente al campanello. Mi compare davanti Micah in pantaloncini, senza maglietta.

<oh, facciamo i fighetti qui.> dico biascicando

<vieni dentro, sei bagnata e pure ubriaca>

<no, dai vieni fuori anche te>

Così è costretto a prendermi in braccio e a portarmi nel mio bagno. Dopo due miei tentativi di scappare, facendosi aiutare da Jenia, mi chiudono nel mio bagno in modo che io possa farmi un bagno caldo e cercare di riprendermi.

Poi mi metto il pigiama e, dopo essersi assicurati che io stessi andando a dormire, se ne vanno anche loro.

Quando mi sveglio la mattina ho un gran mal di testa e scendo di sotto per prendere dell'acqua e prendere le mie pastiglie e anche un'aspirina. Vedo che c'è Micah seduto al tavolo che si beve un caffè. Prendo il bicchiere d'acqua e le mie pastiglie e mi siedo vicino a lui.

<pensieroso già di mattina presto?>

<come mai?> mi chiede senza neanche ascoltare la mia domanda

<dovevo dimenticare, dovevo cancellare e cercare di non pensare per un po' di tempo>

<e stai meglio ora?>

<ora no, ma ieri si. Non ci ho pensato per un po'. Sono stata bene>

<e adesso sei influenzata..>

<niente che non possa passare..>

Mi attira a se e mi abbraccia e mi lascia il consueto bacio sulla fronte.

Sorry, this is me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora