CAPITOLO 13

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Oggi mi sento bene e decido di andare al palazzetto per sistemare un po' di lavoro.

Finito l'allenamento i ragazzi passano a salutarmi e i miei coinquilini mi aspettano per tornare a casa.

<Jenia, oggi hai allenamento?> chiedo mentre finisco di sistemare le cose

<no, perché?>

<sei mio, ahahah>

Detto ciò vedo che l'alzatore si incupisce un po', ma non voglio darci peso perché per lui ho in mente altro. Ho in mente una giornata super organizzata e lo capirà domani, quando distribuirò il programma della settimana che ci aspetta.

Nel pomeriggio trascino Jenia in due posti in cui voglio assolutamente andare.

<grazie per essere venuto. Ho scelto te perché mi serve una persona pazza almeno quanto me, per fare quello che voglio fare oggi>

<devo preoccuparmi?>

<non è nel tuo stile> dico ridendo

Arriviamo davanti all'acquario della città e andiamo verso la segreteria. Parlo con un uomo e mi lasciano passare. Avevo già chiamato una settimana fa per chiedere se si potesse fare e loro avevano accettato.

Ci portano dentro e ci dividono. Ci fanno vestire.

<Laura, dimmi che stiamo facendo, ora!>

<andiamo a fare una nuotata, Je>

<in quale delle tante vasche?>

<in quella che hai alle tue spalle>

<ma tu sei matta> dice scrollando le spalle. Nel suo sguardo vedo subito una luce diversa. È questo che intendevo quando dicevo che mi serviva qualcuno di pazzo. Micah avrebbe già tentato di farmi cambiare idea una ventina di volte, mentre lui mi ha preso per mano ed insieme al responsabile siamo entrati nella vasca e abbiamo nuotato con gli squali.

Ho persino avuto il coraggio di toccarne uno.

Proseguiamo per il nostro cammino e, nel rientrare verso casa, ci fermiamo davanti ad un'insegna.

Ho paura e lui ha capito tutto. Io voglio entrare, ma ho bisogno di una mano. Così mi prende ed entriamo insieme.

Dopo le varie istruzioni e raccomandazioni sono pronta: occhiali indosso e sto prendendo la mira.

Di fronte a me c'è un bersaglio. Miro e sparo. Una, due, tre e anche quattro volte. Le lacrime scendono e quindi mi fermo per asciugarle e riprendere la mira. E sparo di nuovo. Sparo altre sei volte verso quel bersaglio che di nome fa "cancro". Finisco le munizioni e inserisco la sicura e la lascio sul ripiano. Avvicino il bersaglio e noto come ho sparato bene: tutti e 10 i colpi sono arrivati all'altezza del seno destro.

Torniamo a casa nel silenzio più totale e io mi rinchiudo in camera. Piango e ricordo quando papà mi ha insegnato a sparare. Mi disse: "impara. Poi quando vorrai scaricare i nervi trova un poligono e vai a sparare. Mi ha sempre aiutato ed aiuterà anche te". e così ho fatto.

Prendo la lista e felice cancello un altro punto:

" NUOTARE CON GLI SQUALI "

È arrivata l'ora di consegnare i programmi della settimana. Li lascio negli spogliatoi in modo che ognuno prenda il suo, poi io torno a lavorare nel mio studio.

<precisamente con la parola "indelebile" cosa intendi?>

<intendo che non hai allenamento, ma che sarai occupato con me. Sempre se ti va..>

<cosa facciamo?>

<andiamo in un posto, vedrai>

E così la nostra conversazione si conclude.

quando torno a casa mi metto alla ricerca di un sacco a pelo: l'avrei usato quella notte. Volevo dormire sotto le stelle. Non era la prima volta, ma mi mancava.

Non è ancora totalmente buio quando rientrano i ragazzi dalla serata con la squadra e mi trovano sul terrazzo nel mio sacco a pelo.

Senza pensarci due volte Jenia mi raggiunge e si distende vicino a me, mentre Micah si siede poco più distante, come a volerci spiare.

<ehi La, che ci fai qui al freddo?>

<passo la notte> mi lascia un bacio sui capelli e mi abbraccia.

<sai, quando sono stata male 5 anni fa, io e mia sorella passavamo intere notti sotto le stelle. Faceva anche più freddo di adesso, ma era il nostro segreto. Abbiamo sempre cercato di farlo di nascosto dai miei perché sicuramente ci avrebbero obbligato a rientrare. Era l'unico momento di trasgressione per me. Sono sicura che i miei l'avessero scoperto. Una volta avevamo sentito la porta aprirsi, ma poi più niente. Poi mia mamma un giorno, mentre sonnecchiavo me l'ha confessato: mi ha detto che quella sera era lei. Mi ha detto che appena ci ha viste abbracciate che ci confidavamo segreti e cercavamo di tenerci su di morale a vicenda è scappata in bagno e ha pianto. Ha pianto per la paura di perdermi, ha pianto per sfogarsi e per togliersi tutto il dolore che aveva in corpo.> prendo un grosso respiro e continuo < e a me mancano da morire. Penso il mio desiderio più grande sia quello di rivederli. Così ho preso la nostra foto e sono venuta a vedere le stelle. Io so che lo fanno anche loro. Ce lo siamo promessi: "se mai ci dovessimo mancare da far male, dobbiamo solo guardare il cielo stellato e poi saremo vicini">

Chiacchieriamo un po', ma dopo poco mi addormento.

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