"Febris amoris"

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Febbre

/fèb·bre/

sostantivo femminile

•1. Aumento patologico della temperatura del corpo.

Amore

/a·mó·re/

sostantivo maschile

•1. Dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o un appassionato, travolgente; desiderio.

[...]

Tulay stava stesa sul materasso, un braccio semi disteso sopra la testa e l'altro poggiato sul petto all'altezza del cuore.

«La luna dov'è?» Chiese, udita solo da Bernadette.

La povera si drizzò sulla sedia scricchiolante, irrigidendosi come attraversata da uno spettro.

Si sporse verso la grande finestra ad arco nella stanza, scostando le tende di raso perla.

«Non si vede Miss» Sottese la dama, quasi fosse una cosa scortese da dire.

La piccola Miss ricacciò un po' indietro le pesanti lenzuola, presa da un colpo di caldo. Mugugnò qualcosa che Bernadette non udì.

«Forse ha preso la "Febris amoris"...» Riuscì ad udire, infine, la dama.

Bernadette storse il lungo naso, assumendo lo sguardo di una pomposa donna ritratta.
Con quel quadretto di ciocche cannella faceva la sua bella figura.

Non c'era da stupirsi se Sebastien le ronzava tanto attorno...

Tulay cacciò gli occhi al cielo, incrociò la cima dello sfarzoso ed esagerata baldacchino «Non ditemi che non ne sapete nulla...!?».

La bimba aveva lo sguardo di chi guardava disgustato un ragno che, moribondo, si arrotolava nella propria tela per sopravvivere.

Quello sguardo penetrante, intenso, insfugibile.
Insensibile.

Bernadette si stupì di come una "bambina" di appena 16 anni, con quelle fattezze da bambola di porcellana, la carnagione vampiresca, cagionevole di salute e mezza cieca potesse incutere così tanto timore!

Nascosta dietro la sottile montatura in rame, in un quadretto di boccoli neri, quelle grandi pupille gialle rilucevano.

«N-no, Miss, mai sentita» Tremò la maggiore.

La bimba rise, mettendo in risalto le guance particolarmente arrossate, come il fino naso felino e gli angoli di quegli occhioni.

«Sedete, madame Hughes, non c'è mai da mettere fine all'apprendimento» Le comandò, con aria da filosofa che la sapeva lunga.

La dama, con un lieve tormento che le sguazzava dentro, allungò una mano sulla seggiola e ci si sedette sopra.

La Miss perse alcuni istanti a fissare le pieghe del vestito nero di Bernadette accavallarsi sotto al grembiule bianco, come la cuffietta.

La donna mantenne una certa rigidità, mentre che quegli occhi l'attraversavano dal primo capello, al tacco degli zoccoletti laccati.

«Conoscete il Latino, madame?» Domandò la corvina, facendo serpeggiare le mani sulle ginocchia.

S'era messa a sedere, la schiena immersa in quel cratere di cuscini in piume d'ogni dimensione e le ginocchia accostate al petto.

Sotto alla camicia da notte dalle ingombrandi maniche sbucava il tessuto delle calze di lana, alte fin sopra la coscia.

Tutto indiscutibilmente bianco perla, immacolato.

«Una scarna base, Miss, nulla in confronto alla vostra conoscenza» Calò il capo lei, con fare umiliato.

La bimba si leccò le labbra, di un pesca acceso, e sorrise innocentemente «Ditemi, conoscete le cinque declinazioni?».

La dama annuì «Anche le coniugazioni e i tempi verbali...» aggiunse.

«Ecellente, madame. Sarà sufficiente per intenderci».

Tulay fece cenno alla donna di aprire il cassetto del comò in acero rosso.
Brillava alla luce che era un piacere!

Bernadette ne estrasse un foglio e una piuma d'oca, una boccetta d'inchiostro di seppia giaceva in un angolo della superficie in legno.

«Scriva "Febris amoris" in alto, sul centro».

La dama eseguì.
Riuscì a mantenere il pugno saldo e a marchiare d'inchiostro il candore della carta.

«Di che declinazioni e casi sono, madame?».

Bernadette ci pensò un istante su, non più di una manciata di secondi «Amoris è un genitivo singolare della terza...ma, febris può essere anch'esso un genitivo?».

La bambina schioccò la lingua «Febris è un nominativo. "Febbre d'amore" si traduce».

La dama emise un sommesso «Oh», fissando quelle due parole in quella calligrafia squadrata.

«Vede, la febbre d'amore è come una febbre normale. Come quella che ho adesso. Ti entra nelle ossa e ti ruba ogni forza, piegandoti al suo volere. Si diventa caldi e bollenti con un unico pensiero. E si soffre, moltissimo» Spiegò, con tono reso.

Bernadette alzò lo sguardo sulla piccola Miss, vedendola più umana di quanto mai avesse fatto.

«Perché la luna dovrebbe aver contratto questo morbo?» Domando poi, voltandosi verso la finestra ove le tende ondeggiavano sospinte da una cauta brezza.

«Perché il sole non la considera mai. C'è un istante in cui i due si toccano, o volte in cui lei lo va a trovare in pieno giorno. Ma lui ha un carattere austero e dedito al lavoro, cosa mai dovrebbe vederci in una piccola gemma come lei?» Anche la corvina spostò lo sguardo sonnolento alla finestra, con rammarico.

«Certo che ne sapete sull'argomento, Miss» La elogiò la castana, sorridendole.

«Una bellezza ambita da tutti fuorché dal proprio amore, non vi sembra di assomigliarsi?» Tulay sospirò, lasciandosi ricadere sui cuscini.

La dama non aggiunse nulla, malgrado volesse, ma quello sguardo...

No.
Non poteva.
Lei era solo una dama, mica una confidente!!

«Quando sa essere crudele la vita, dà molto tranne ciò che davvero vorremmo che ci appartenesse...» Sì arricciò un boccolo, sprofondata chissà in che mondo.

«Vorrei che la tua mente fosse un libro, mio adorato Ser. Othello...».

"𝚂𝚎 𝚜𝚘𝚐𝚗𝚊𝚜𝚜𝚒 𝚊𝚍 𝚘𝚌𝚌𝚑𝚒 𝚊𝚙𝚎𝚛𝚝𝚒..."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora