capitolo 21

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Con una sensazione amara che dilaga nel petto la allontano da me e lei, alquanto contrariata, mi guarda con aria da cucciolo bastonato, due lacrimoni negli occhi che subito si trasformano in copiose scie umide lungo le sue guance.

"Tu non mi vuoi."

Piagnucola tra un singhiozzo é l'altro.
Dio santo ma perché ogni volta le cose prendo questa piega assolutamente surrealistica?!
Subito mi alzo in piedi per andare ad in inginocchiarmi di fronte a lei, le sollevo il mento con l'indice, in modo tale da essere sicuro di avere la sua completa attenzione e le dico con l'aria più seria che riesco ad ottenere ora:

"Non è vero Vic, io ti voglio, è solo che ora sei ubriaca e io preferirei che le cose che succedono tra noi le ricordassimo entrambi..."

Mi allontana con una spinta debole, affondando poi il viso nei palmi delle sue stesse mani.

"Si che é vero invece! Tu mi hai sempre vista come la tua sorellina rompiscatole, non sono mai stata una vera donna ai tuoi occhi."

Sorrido tra me, divertito da questa piccola sceneggiata di isterismo femminile, che se fosse stata sobria si sarebbe tenuta ben lontano dal fare.

"Vic, ascoltami, facciamo che ne riparliamo domani, okay? Adesso é tardi, siamo entrambi stanchi, ti prometto che domani chiariamo tutto."

Asciugandosi le ultime lacrime, annuisce accennando un sorriso e quindi la aiuto a lavarsi e a cambiarsi, troppo abituato a vederla in intimo da sempre per imbarazzarmi.
Le dico di rimanere un attimo in camera mia mentre io mi preparo a mia volta, trascorrono poco più di dieci minuti, esco dal bagno e mi trovo Victoria sotto le coperte, rannicchiata in un angolino tanto da sembrare più minuta e fragile di quando in realtà sia.
Con un sospiro di rassegnazione, faccio per dirigermi in salotto, giá consapevole del fatto che che passeró la notte sul divano quando il suo richiamo sottile mi blocca.

"Aspetta, resta con me."

Dopo qualche secondo di esitazione acconsento (non troppo di malavoglia, diciamo), sollevo le coperte dal mio lato e mi lascio cadere sul materasso non prima di aver spento la luce.
In men che non si dica mi ritrovo Vic tra le braccia, stretta al mio petto e rimango così, inebedito e fermo, senza sapere come reagire.

"Abbracciami idiota."

Afferma con la sua solita voce, tanto che per un momento credo quasi sia di nuovo sobria, ma poi scoppia in una risatina acuta e casuale, che torna a convincermi del contrario.
Avvolgo le mie braccia attorno a lei, assaporando questo momento con grande avidità, perchè non so quando accadrà di nuovo.
Quando credo che si sia addormentata e sto per farlo anch'io, la sua vocina torna a farsi sentire.

"Damiano"

Le accarezzo i capelli morbidi, in attesa che dica ció che ha in mente.

"Tu mi vuoi bene?"

Sorrido e, prima di rispondere, le do un pizzicotto lieve sul fianco, strapponadole un gridolino divertito.

"Certo che ti voglio bene"

Avverto il suo sorriso soddisfatto attraverso il materiale del mio pigiama e non posso evitare di fare lo stesso anch'io.
Trascorre qualche altro minuto di silenzio, di nuovo sto per crollare quando...

"Damiano..."

La stringo di piú a me, in bilico tra il sonno e la veglia e rispondo con un unico, gutturale verso, segno che il mio cervello aveva già deciso di chiudere tutto per la serata.

"Mh"

Le sue dita si attorcigliano intorno alle mie sotto le coperte cogliendomi di sorpresa.

"Io ti amo."

Ogni arto presente nel mio corpo si paralizza all'improvviso mentre le sue parole, cosí dolci e allo stesso tempo aspre e amare alle mie orecchie, si imprimono nella testa, ormai indelebili come uno dei tatuaggi che ho stampati sulla pelle.

"Dormi, non sai quello che dici..."

È tutto ciò che riesco a proferire in questo momento. Le sfugge un risolino, che mi punge e irrita come quando per sbaglio strusci contro le foglie di una pianta di ortica.
Victoria mi ha baciato, ha detto che mi ama ma è ubriaca persa e io non potevo aspettarmi un qualcosa di peggiore come inizio di questa convivenza.
Dal suo respiro, ora profondo e regolare, capisco che si é addormentata cosí tento di imitarla, con il petto che ancora rode a causa di ciò che è successo sta sera.

***

La canzoncina fastidiosa e irritante della sveglia, segno che sono le otto del mattino, mi costringe a svegliarmi piano piano, fino a che riesco ad aprire completamente gli occhi.
Vedo Vic, che lentamente inizia a stiracchiarsi, con il viso ancora sepolto nella maglia del mio pigiama.
Un pó imbarazzato, memore di un paio di cosette successe ieri, aspetto che si svegli del tutto, immobile come per non far sentire la mia presenza.

"Buongiorno"

Mugugna con voce ancora impastata dal sonno. Spalanca le palpebre e le sue iridi, di un blu calmo e rilassato, si specchiano nelle mie, macchiate di qualche schizzo di verde qua e la.
Mi sorride, ora perfettamente sobria, altrettanto perfettamente imbarazzata e, allo stesso tempo, così dannatamente bella... non so cosa fare, non riesco a distogliere lo sguardo da lei né tantomeno a muovermi di un millimetro.
Ad un certo punto, trascorsi diversi minuti, decido che é il momento di finirla, così mi schiarisco la voce mettendomi a sedere.

"Ehm, i-io vado a preparare la colazione, ci vediamo di la...."

Come un perfetto codardo, mi alzo senza nemmeno rivolgerle più un'occhiata, infilo le ciabatte ai piedi e mi allontano velocemente verso la cucina, neanche aspettando una risposta.
In venti minuti riesco calmarmi, ritrovando la mia solita lucidità e a preparare una decina di pancake, li poggio sul tavolo, tiro fuori dal frigorifero della marmellata e un barattolo di crema al pistacchio (la mia preferita) e mi rendo conto che Vic non si é ancora fatta viva.
Ripercorro il corridoio che porta fino alla mia camera, busso più volte ma non giunge nessuna risposta, così lentamente apro la porta.
Dentro non c'è nessuno, il letto é sfatto, le tende sono alzate in modo tale da permettere alla luce di filtrare attraverso i vetri, mi volto verso il bagno e proprio in quel momento Victoria spalanca la porta, con i capelli lunghi, sciolti e puliti che le ricadono sulle spalle, la pelle chiara chiazzata qua e la dalle ombre di lividi ormai quasi del tutto svaniti e indosso beh, solo un misero asciugamano che lascia scoperte gran parte delle sue gambe lisce e sottili.
La osservo con un sopracciglio inarcato, beandomi di questa vista probabilmente più del lecito mentre lei, completamente rossa in viso, sgattaiola via di nuovo gridando irritata:

"Ma non ti hanno insegnato a bussare?!"

Sorrido tra me, divertito da tutta questa situazione.

"L'ho fatto, ma tu non rispondevi e così sono entrato lo stesso... ma poi questa è o non è casa mia?"

Il suo viso compare nella fessura tra lo stipite e la porta, mi lancia uno sguardo di fuoco rispondendo:

"Certo che è casa tua, ma questo non ti da il diritto di entrare ed uscire da questa camera a tuo piacimento sapendo che, dopo ieri, sicuramente avrei avuto bisogno di farmi una doccia! E adesso per favore, passami dei vestiti e vattene via."

Le lancio un sorriso sornione e provocatorio mentre mi accomodo sulla sedia di fianco allo specchio, con le braccia incrociate dietro la nuca, del tutto intenzionato a farle saltare i nervi.

"Fino a prova contraria, decido io cosa fare e non fare in casa mia e poi per me sei una bellissima visuale anche così."

L'occhiolino che mi scappa è la goccia che fa traboccare il vaso: assolutamente furiosa, svanisce dietro la porta, per qualche secondo torna fuori solo il suo terzo dito che sparisce poi allo stesso modo e, subito dopo, ho appena il tempo di reagire e schivare lo scarpone dr. Martens che viene spedito precisamente nella mia direzione prima di essere colpito in piena faccia.
Decido cosí di non importunarla ancora, consapevole del fatto che da oggi in poi ci saranno altre mille occasioni per darle fastidio, tiro fuori dall'armadio una felpa e un paio di pantaloni, glieli lascio di fianco all'entrata del bagno ed esco dalla stanza.
Durante tutto il tragitto verso il salotto, l'immagine della bellezza delicata di Vic continua a tormentarmi, impressa nella mia mente come i quadri più belli e famosi sono impressi sulle loro tele.
Levo lo sguardo al cielo.
Per completare la mia incontestabile assuefazione a lei, ci mancava solo questa.

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