Capitolo 5

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Sono le 21:14, non ho ancora cenato e, sinceramente, non ho alcuna voglia di mettermi ai fornelli.
Avvertendo un certo lamento nello stomaco, sbuffo e mi alzo dal divano, sul quale mi ero piazzato con Char a guardare programmi alquanto trash in tv.
Mi dirigo verso la cucina, con l'intento di trovarmi qualcosa di mangiare, il cigolio del legno sotto mi miei piedi, misto alla voce sgraziata di qualche attricetta strillante mi accompagna finchè non giungo davanti al frigorifero.
Lo apro e, con grande sgomento, mi accorgo della desolazione al suo interno, poichè contiene solamente una misera scatoletta di tonno aperta.
Cazzo, ieri, con tutto quello che è successo, ho dimenticato di fare la spesa!
Alquanto irritato alzo gli occhi al cielo, richiudo lo sportello, mi muovo fino alla mia camera e vado a spalmarmi poco aggraziatamente sul letto, facendo cigolare le doghe sofferenti.
Sono immerso nel buio della mia camera, le voci della tv mi giungono confuse dal salotto mentre sento il peso della monotonia delle mie giornate piombarmi addosso, con la forza di un macigno enorme.
Mi alzo, mi lavo, mi vesto, vado a lavoro, torno a casa, mangio, rimango chiuso dentro la maggior parte dei pomeriggi finchè arriva l'ora di andare a dormire e mi infilo sotto le coperte di nuovo.
Una vita semplice, ordinaria, la vita verso la quale la mia famiglia mi ha sempre spinto, quella a cui molti aspirano... una vita sicura, ma che a me non da soddisfazione.
Tutti i giorni sono uguali, faccio le stesse identiche azioni alle stesse precise ore e io mi sento come se fossi la ballerina di un carillon (si, faccio analogie estremamente virili), costretto a volteggiare sempre alla stessa maniera, con la medesima velocitá, senza alcun margine di errore o cambiamento.
Non sono felice, sono sempre stato un tipo piuttosto eccentrico, fuori dalle righe e tutto questo grigiore sta cominciando a darmi alla testa.
Dopo tutto ció che è successo, dopo che ho perso la testa tanto a lungo, questa noiosa cantilena peró é, allo stesso tempo, l'unico modo che ho di rimanere a galla senza affogare.
Mi appiglio ad essa, allontano qualsiasi novitá ed evito di pensare a ciò che è stato.
Tutti i miei sforzi, tutti i tentativi di non vegetare nel ricordo da qualche giorno sono diventati vani, poichè il mio passato è tornato a bussare prepotentemente alla mia porta, intimandomi di lasciarlo entrare ancora una volta.
Risento il suo pianto di ieri e mi sento uno schifo, perchè ancora una volta ho lasciato che i sentimenti prendessero il sopravvento sulla situazione.
Avrei dovuto ascoltarla, capire le sue motivazioni, non badare ai suoi toni, alle parole poco pensate, ma concentrarmi solo e unicamente su di lei, perchè non é mai stata capace di nascondermi davvero qualcosa con quegli occhioni blu e, infatti, anche questa volta mi sono accorto di tutto, della profonda tristezza e della sua silenziosa richiesta, forse inconsapevole, d'aiuto.
Mi ero ripromesso di non lasciarla fuggire ancora e invece, come un coglione, ci sono cascato di nuovo.
Sbatto più volte la testa sul cuscino... sono uno stupido!
Probabilmente non è stato un caso il fatto che ci siamo rincontrati proprio adesso, forse c'è qualcosa, forse ha davvero bisogno di me ora, più che mai e io invece mi limito a pensare solo a me stesso.
Driiiiin.
Qualcuno suona al campanello.
Strano.
Fuori è buio, fa freddo, chi avrebbe il coraggio di avventurarsi così nella notte per venire qui?
Suonano ancora, più insistentemente e io sono costretto ad alzarmi, anche se avrei preferito chiudere gli occhi e fare finta di nulla.
Raggiungo scocciato l'ingresso, poggio la mano sulla maniglia e, abbassandola, apro il portone.
Mi rabbuio all'improvviso.
Ethan e Thomas sono davanti a me, i loro volti estremamente seri e le braccia incrociate al petto.

"Oh ma sei vivo allora."

La voce di Thomas spezza il silenzio.
Il suo tono duro e tagliente mi fa subito scattare sulla difensiva.

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