Capitolo 13

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Siamo tutti e quattro sul divano, noi baldi giovani seduti in maniera composta e civile, mentre la nostra fanciulla é aggraziatamente svaccata sui nostri corpi, il capo poggiato sulle mie cosce e le gambe distese sugli altri due.
La scruto dall'alto, i nostri sguardi si incrociano e leggo la tensione, l'agitazione che l'idea di condividere la sua esperienza con altri produce in lei.
Le sorrido rassicurante e dunque, dopo aver preso coraggio, torna a guardare il soffitto, espirando impercettibilmente.
Trascorre qualche secondo prima che lei avvii il suo racconto.

"È cominciato tutto tempo fa... esattamente, dopo due anni che noi ci eravamo sciolti. Era un periodo brutto, in cui mi sentivo persa, vuota, come se stessi procedendo in autopilota e tutto quello stavo facendo non era realmente controllato da me... probabilmente, é per questo che, quella sera, ho deciso di andare a ballare... la mente era sgombra, libera da qualsiasi pensiero, non ho riflettuto per nulla su tutti i pericoli che una ragazza sola, di notte a Roma, potesse correre. Ricordo che mi sentivo strana, come se stessi soffocando in mezzo a quella massa di corpi in movimento, in quel casino di musica e fumo che, fin dai tempi dell'adolescenza, era sempre stato il mio habitat naturale.
Le gambe mi avevano condotta fino al bancone e cosí ho iniziato a bere, le mani afferravano un drink dopo l'altro senza controllo e mi sono resa conto troppo tardi che stavo esagerando, che la testa mi girava tanto da farmi venire la nausea. Non capivo piú un cazzo, cosí ho tentato di raggiungere l'uscita per prendere aria e riattivare  funzionamento del mio fottuto cervello, quando un gruppo di ragazzi mi ha bloccata, ha iniziato ad infastidirmi, spingendomi e dicendomi frasi che mi vergogno solo a ripensare. Non ricordo bene cosa sia accaduto dopo, se non che un ragazzo, comparso dal nulla come nelle piú banali delle favole, mi ha presa per la vita e mi ha condotta fino a fuori. Una volta all'aria aperta, ho cominciato subito a sentirmi un pó meglio, ricordo che abbiamo iniziato a parlare seduti su una panchina e lui mi sembrava cosí intelligente, cosí simpatico che sono rimasta affascianata, ignara del fatto che, dietro ai suoi begli occhi e il suo bell'aspetto, si nascondeva una persona che, se fossi stata un pó in me quella sera, per intuito probabilmente avrei allontanato subito."

Si interrompe un momento, lo sguardo assente, come smarrita in qualcosa di lontano e doloroso. Continuo ad accarezzarle i capelli raccolti nell'elastico, nel tentativo di farle presente che la realtá non è più quella.

"Non l'ho rivisto per almeno un paio di mesi credo, ricordavo a malapena il suo volto, eppure la sensazione di felicitá che avevo provato nel parlare finalmente con qualcuno in maniera normale, come se la mia vita fosse stata completamente priva di problemi, era rimasta impressa nella mia mente e il suono della sua voce mi tormentava continuamente una volta tornata alla normalità. Pensavo che non ci saremmo più rincontrati, invece pare che il fato avesse ben altro in previsione per me..."

Sorride amara, stringendo involontariamente nel suo pugno il tessuto della mia felpa.

"Una sera Nica, mentre, come nostro solito, guardavamo un film abbuffandoci come due vacche, mi ha rivelato che ad un suo amico sarebbe interessato conoscermi. All'inizio non volevo, non me la sentivo di iniziare nulla di sentimentale ma lei insisteva, diceva che non me ne sarei pentita, che era un bravo ragazzo, gnocco oltre ogni altro confine, come lei lo aveva definito e che mi avrebbe aiutato a dimenticare tutte le mie pene.
Non ero molto convinta ma alla fine ho accettato, mi sono presentata all'appuntamento e beh, non posso negare che ritrovarmi avanti Pietro, lo stesso ragazzo della discoteca, mi avesse fatto estremamente piacere.
Da li abbiamo cominciato a frequentarci e mi sembrava un sogno... lui era l'uomo perfetto, dolce, premuroso, mi faceva sempre ridere e io non potevo credere che fosse tutto vero.
Dopo circa un anno di relazione, mi ha proposto di convivere.
Probabilmente era un passo un pó prematuro, ma io ero certa di essere innamorata di lui, mi sentivo felice quando mi era vicino, quindi ho pensato che sarebbe stato fantastico poterlo avere tutto per me ogni qual volta lo desideravo. Ho accettato, ero al settimo cielo, finché ho iniziato a notare dei piccoli cambiamenti nel suo comportamento... mi sembrava più freddo, distante, tanto che ho cominciato a pensare che si stesse stufando di me e, quando gliel'ho fatto presente, si è scusato, ha detto che era un periodo difficile e che non dovevo preoccuparmi, che tutto sarebbe passato, ed effettivamente, per un periodo successivo, le cose andarono meglio. Mi abbracciava, mi baciava in ogni occasione possibile, diceva in continuazione di amarmi e io ci credevo, inebriata e accecata dal benessere che le sue attenzioni mi procuravano. Nel giro di un mesetto, le cose però sono tornate all'origine... mi gridava spesso contro, i momenti di quella ostentata dolcezza erano diventati sempre più radi, finché, ad un tratto, erano scomparsi e basta e lui era diventato uno sconosciuto, un uomo che, ora me ne rendo conto, mi usava solamente come sfogo per le sue frustrazioni. Credevo fosse mia la colpa, tentavo di accontentarlo in tutto, nella speranza di ricevere anche un banalissimo sorriso del cazzo, senza rendermi conto del fatto che le cose non sarebbero mai cambiate, perché lui era sempre stato uno stronzo, un mostro, solo che la mia stupiditá non mi aveva permesso di rendermene conto. Un giorno poi, mentre pulivo, ho rotto un vaso e lui è andato su tutte le furie, mi ha urlato in faccia cose che mi hanno lasciata senza parole... ho tentato di rispondere, di dire che non l'avevo fatto apposta e che non era poi successo nulla di cosí grave, ma lui si è arrabbiato ancora di più..."

Si blocca per riprendere fiato.
Ah, io giuro che appena quello lo prendo gli faccio desiderare di non essere mai nato...
Per calmare i miei bollenti spiriti, continuo a passare le dita tra i suoi capelli, come se fossero il mio unico appiglio per non perdere la testa.

"Quel giorno... beh, é stata la prima volta che mi ha fatto del male. Non è successo granché, mi ha semplicemente dato uno schiaffo, ma questo suo gesto ha lasciato un segno dentro di me, perché mai nessuno, neanche i miei genitori, si era mai permesso di toccarmi in quel modo. Avevo paura, il mio temperamento gli faceva saltare spesso i nervi e lui mi picchiava per poi venire a scusarsi, a dirmi ti amo e io ogni volta ci ricadevo, ero bloccata in questo loop infinito senza neanche essere consapevole della gravità della situazione... sapete qual é la cosa peggiore peró? Che io ho permesso che mi facesse tutto ciò, non reagivo, mi sono prestata alle sue volontá per quasi un anno, ho lasciato che giocasse con me come con una marionetta, ma dopo che oggi ci hai visti Damià, dopo che ho capito che non era più un segreto solo mio quello che lui mi faceva, ho deciso di mollarlo. Ero talmente esasperata che ho mandato a quel paese le paure e gliel'ho detto. Affermare che si é incazzato é il minimo: mi ha dato della puttana, della poco di buono, della traditrice, ma a me non interessavano più i suoi insulti, ormai stavo già pregustando il sapore della libertá. Mentre facevo la valigia poi, si é gettato ai miei piedi e, piangendo, mi ha pregata di non  andare, di restare con lui, mi ha detto che avrebbe provato a cambiare per me. Sapevo benissimo che le sue erano lacrime di coccodrillo, i suoi ti amo suonavano come una cantilena nelle mie orecchie, insopportabile, ossessiva e io non vedevo l'ora di uscire da quella maledetta casa, che per ben due anni era stato il mio personale inferno. Ero davanti alla porta quando ha dato completamente di matto. Mi ha afferrata per le spalle, sbattendomi contro il muro e ha tentato di... di... beh, potete immaginarlo da soli cosa ha tentato di fare. Mi ha colpita con un pugno, nel tentativo di farmi svenire, ma ha sbagliato mira, prendendomi allo zigomo. Non riuscivo a liberarmi, teneva il corpo schiacciato contro il mio, con talmente tanta forza che a malapena riuscivo a respirare, la faccia mi faceva un male cane, ma è stato nel momento in cui ha poggiato prepotentemente la sua bocca sulla mia, mordendomi il labbro inferiore finché ho avvertito io stessa il sapore del mio sangue, che ho creduto davvero che non ne sarei uscita viva. Nella foga della disperazione poi, sono riuscita a trovare la forza di assestargli una ginocchiata li dove non batte il sole, lui ha allentato la presa e ne ho approfittato per afferrare le mie cose e scappare. Sono andata dritta da Thom, che appena mi ha vista nell stato in cui ero, mi ha trascinata fin qui e beh... il resto lo sapete anche voi."

Silenzio.
Siamo tutti rimasti senza fiato, le parole di Vic rimbombano ancora nella mia testa, facendomi battere il cuore più in fretta per la voglia di spaccare la faccia a quel gran figlio di buona donna. Non mi accorgo di stare respirando in maniera irregolare e pesante finchè Victoria si mette a sedere al mio fianco e mi prende il viso tra le mani, guardandomi seria, con gli occhi un pó lucidi.

"Tu non devi fare nulla di stupido, okay? Pietro non é una persona affidabile, sarebbe capace di qualsiasi cosa e non voglio assolutamente che voi abbiate qualcosa a che fare con lui. Hai capito Damiano? Non posso sopportare l'idea farti ancora del male, promettimi che non andrai a cercarlo e che non risponderai alle sue provocazioni, semmai ci saranno, giuramelo."

Leggo la disperazione, il terrore nei suoi occhi e non posso far altro che annuire, calmando un pó la mia irrequietezza. Dopotutto, è di Vic che mi importa, non di certo di quello stronzo.

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