Capitolo 25

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É sera.
Le ragazze e io ci siamo intrattenuti con alcuni giochi da tavola che avevo buttati nell'armadio, vecchi ma ancora in buono stato, abbiamo persino cenato e della madre di ella non si vede neanche l'ombra all'orizzonte.
Guardo l'orologio: sono le 21:46 e credo proprio che Ella rimarrà qui per questa notte.
Guardo alla mia sinistra.
La bambina si è addormentata poggiata sul seno di Vic, che nel frattempo fissa con aria divertita la tv, accarezzando inconsciamente i riccioli castani di Ella.
Continuo ad osservare la scena ancora per qualche minuto ma poi, a malincuore, sono costretto a rompere questo adorabile quadretto.

"Victò..."

Si gira verso di me sorridendo.

"Mh?"

"Credo che sia il caso di andare a prendere qualche vestito e il materiale per lavarsi dall'appartamento di Ella."

Annuisce in assenso e, con un sospiro, scuote dolcemente la spalla della bambina.

"Ella, tesoro hai portato con te le chiavi del tuo appartamento?"

Lei, dopo aver sbadigliato, risponde con un cenno positivo del capo.

"Ti va di accompagnarci a prendere un pó delle tue cose?"

Si alza in piedi, si muove verso il suo zainetto abbandonato all'ingresso, ne estrae una chiave e ci fa cenno di seguirla.

Una volta raggiunto il portone, entriamo all'interno e la puzza di chiuso mi porta subito una sensazione spiacevole.

"Venite, la mia camera è di la."

In giro tutto è precisamente al suo posto, talmente in ordine da risultare quasi irreale e privo di vita.
Arriviamo nella stanza di Ella e qui dentro c'è subito un'altra atmosfera.
Le pareti, seppur bianche e asettiche come quelle di un ospedale, sono decorate da fogli e fogli di disegni e ritagli di giornale che danno un tocco di colore e vivacità, a terra qua e la sono sparsi qualche peluche e qualche vecchia bambola di pezza e fotografie incorniciate sono poggiate sulla scrivania, fin troppo grande e inadeguata per una bambina di quest'età.
Ella spalanca il suo armadio, insieme a Vic sceglie qualche outfit, nel caso in cui sua madre dovesse essere trattenuta ancora per molto, mentre io reperisco spazzolino, dentifricio e pigiama nei luoghi che mi vengono indicati.
Una volta che siamo d'accordo sull'aver preso tutto il necessario, infiliamo il "bottino" nel suo zainetto, non prima che El mi abbia chiesto di prendere dalla scrivania una cornice raffigurante un uomo sorridente, con occhi verdi, pelle olivastra e un cespuglio di capelli ricci e corvini sul capo con una bambina che deve essere lei a due o tre anni sulle ginocchia.
La passo a Vic affinché la metta nello zaino e anche lei si sofferma un momento a guardarla.

"È il tuo papà questo, vero?"

Le chiede incuriosita.
Ella fa cenno di si con la testa.

"Non si é più fatto vivo?"

Domando io, ricordando la conversazione che avevamo avuto il giorno in cui é caduta sulla neve.
Subito assume uno sguardo triste.

"No, la mamma mi dice che se ne é andato perché sono stata cattiva. Dice che non mi vuole più bene e che per questo se ne è andato con la sua fidanzata e adesso ha altri figli più bravi di me."

Dal tremolio della sua voce capiamo che è un argomento ancora fresco e subito Victoria la solleva tra le sue braccia poggiandole un bacio sonoro sulla guancia, al fine di distoglierla da questi pensieri.
Ci incamminiamo verso l'uscita, scendiamo le scale, ripercorriamo il pianerottolo e siamo di nuovo in casa mia.
Subito Vic accompagna Ella in bagno mentre io mi rifugio sul balcone, sigaretta tra le dita e sguardo perso nell'immensità del cielo notturno sopra di me.
Trascorrono una decina di minuti, durante i quali sono rimasto perso nei miei pensieri a fissare lo scintillare flebile delle poche, a causa dell'inquinamento luminoso, stelle visibili e ad un tratto una mano familiare si poggia sulla mia spalla.
Mi volto e istantaneamente un sorriso si stampa sulle mie labbra.

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