capitolo 22

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È mezzogiorno, abbiamo terminato di fare colazione circa tre ore e mezza fa e devo dire che non è stato uno dei momenti più belli della mia vita, anche se vedere il rossore sulle sue guance ogni volta che i nostri sguardi, nel silenzio, si incrociavano per pochi istanti è valso tutto l'imbrazzo e la tensione che sono ancora palbabili tra noi due.
In questo momento siamo entrambi in salotto, io seduto sul divano, a guardare l'ennesima, ripetitiva replica di un qualche film da quattro soldi di cui, sinceramente, non ricordo nemmeno il nome, mentre Victoria se ne sta rannicchiata sulla poltroncina poco distante, con lo sguardo assolutamente assorto e concentrato sullo schermo del suo cellulare.
Incredibilmente annoiato e stufo, spengo la tv e mi alzo in piedi, ricevendo un'occhiata scettica dalla mia nuova coinquilina.

"E quasi ora di pranzo, vado a farmi una doccia e andiamo da qualche parte a mangiare."

Scuote il capo innumerevoli volte, il respiro accelera improvvisamente mentre le sue iridi chiare si riempiono di lacrime, ancora una volta nel giro di soli due giorni.

"No, non posso uscire Damià, non potrei reggere di incontrare Pietro così presto, pensa cosa potrebbe fare o dire se mi vedesse con te in giro, Dio darebbe di matto e-e-"

Mi affretto ad avvicinarmi e inginocchiarmi davanti a lei, afferro il suo viso tra i palmi delle mie mani, guidandola affinché mi guardi negli occhi e la paura, il terrore che ci vedo dentro mi fanno venire voglia di trovare quel coglione e spaccargli la faccia. Mantengo la calma per il bene di Vic e le rivolgo un sorriso rassicurante.

"Ei, va bene, restiamo a casa, non c'é problema, ma ti prego smettila di pensare a quello che ti è successo, le cose miglioreranno con il tempo e sono sicuro che tra un paio di mesi questa ferita sarà solo una cicatrice vecchia e rimarginata."

Annuisce, con il pollice asciugo l'unica lacrima solitaria che si azzarda a solcarle la guancia sinistra mentre lei mi rivolge un piccolo sorriso di gratitudine.
Torno nuovamente in piedi, per impedirmi di fare cose di cui potrei pentirmi in futuro e dico prima di dirigermi verso il bagno nella mia camera.

"Ci vediamo tra una mezz'ora, tu nel frattempo ordina quello che vuoi, va bene qualsiasi cosa vada bene per te, non farti problemi."

Annuisce tirando un piccolo sospiro prima di riprendere tra le sue mani il telefono e comporre un numero, che so giá perfettamente di chi è.
Con un sorriso allegro sulle labbra, attraverso il corridoio per poi sparire nella mia camera.

***

Ho appena terminato di asciugare i capelli, mi sono vestito e al momento mi sto dirigendo presso la lavanderia alla fine del corridoio, per mettere i panni sporchi nell'apposito cestone.
Torno verso il salotto, avvertendo nell'aria il profumo familiare delle lasagne alla besciamella di Marco, il proprietario di un locale che eravamo soliti frequentare da ragazzini, raggiungo la cucina e vedo Vic che, tutta assorta, tenta di prendere dallo scaffale di fianco al lavandino un recipiente troppo in alto per lei.
Mi avvicino silenziosamente per poi chiedere:

"Mi spieghi che diavolo stai facendo?"

Salta di qualche passo indietro, allarmata dalla mia improvvisa comparsa e io non posso fare a meno di ridere di gusto di fronte alla sua aria irritata.

"Smettila di prendermi in giro come un perfetto idiota e piuttosto dammi una mano."

Il suo è tono aspro, non ammette repliche, cosí mi riprendo dal momento di ilarità e, senza particolari sforzi, afferro ciò a cui lei stentava ad arrivare.
Senza neanche rivolgermi un'occhiata, riempie l'utensile con quello che sarà il nostro pranzo e ci sediamo ai due estremi del tavolo, il quale e stato precedentemente apparecchiato da lei deduco.
Mangiamo in un silenzio innaturale per due persone come noi ma non ci do troppo peso, d'altronde siamo cambiati entrambi e quindi ci vorrà del tempo prima di abituarsi di nuovo alla presenza l'uno dell'altra.
Ad un tratto lei rompe la quiete con un commento improvviso e spontaneo.

"Ti ho sentito cantare mentre facevi la doccia."

Le rivolgo uno sguardo incuriosito ma lei non mi asseconda e continua a fissare con ostinazione il suo piatto ancora perfettamente pieno.

"E allora?"

Domando senza sapere che altro dire.

"La tua voce sembra diversa, è più... più graffiata, più... si, più matura."

Ancora continua a non guardarmi.
Questa situazione mi sta facendo innervosire.

"Ed è un problema?"

Per una frazione di secondo noto sulle sue labbra lo spasmo fugace di un sorriso stroncato sul nascere.

"No, mi piace di più così."

E strana la conversazione termina così.
Finiamo di mangiare ciò che abbiamo nel piatto, poi iniziamo a sparecchiare e sistemare le cose nella lavastoviglie, con le mani che di tanto in tanto si sfiorano per sbaglio, dando ogni volta al mio corpo una sorta di impulso elettrico che a stento riesco a tenere a freno.
Una volta che abbiamo terminato, con il pomeriggio intero davanti, provo a proporle qualcosa.

"Vic, ti va se ci vediamo un film insieme?"

Ancora una volta, senza neanche rivolgermi uno sguardo mi risponde con voce controllata.

"Ho un pò di mal di testa, credo sinceramente che andrò a mettermi a letto... ci vediamo più tardi."

Con passo svelto si dirige verso la stanza da letto lasciando me qui con uno stoccafisso, assolutamente confuso e interdetto, ad osservare la sua figura svanire dietro la porta.
Scrollo le spalle andando verso il divano dove Char, la mia gatta, mi sta già aspettando per le tradizionali coccole della domenica pomeriggio.
Sospiro lasciandomi cadere pesantemente sui cuscini e chiudendo gli occhi, in un tentativo di allontanare ogni nervosismo.
Dio, chi a questo mondo riesce a capirle le donne, dovrebbe scrivere un manuale per noi poveri sciagurati che invece non ne siamo in grado.

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