Capitolo ventisette

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Il giorno dopo, Alex mi lasciò davanti scuola e scesi dalla macchina barcollando.
Dovevo far pena visto da fuori: con una maglia due taglie più grande di me, un pantalone della tuta grigio e le scarpe da trekking mai usate veramente per fare sport; Occhiaie sotto agli occhi e viso pallido, rigato da precendenti lacrime.
Chi mi aveva visto durante il mio discorso per diventare rappresentante d'istituto,dove avevo dato il meglio di me per essere presentabile, non mi avrebbe riconosciuto.

Alzai lo sguardo e vidi Renè correre verso di me e afferrarmi la mano:"Tesoro come stai?"
Neanche due secondi dopo stavo singhiozzando sulla sua spalla.
Mi stostenne e si guardò con Alex da lontano.Vidi che si scambiarono una sguardo d'intesa ed immaginai fosse una specie di alleanza per non lasciarmi mai solo durante quei primi giorni difficili.
Ma ormai penso che era tutto inutile.

Noah aveva diritto a due chiamate a settimana -una con i genitori, una con me-, perchè nel college erano proibiti i telefoni, e quando parlavamo, mi facevo raccontare ogni minima cosa.
Mi piaceva sentire la sua voce, immaginarlo accanto a me sul letto o mentre mi alzavo per prendere un snack in cucina. Ed approposito, mangiavo sempre più spesso e mi sentivo sempre più in colpa.
E poi,sentirlo così poco mi creava una mancanza dentro da non avere altri pensieri che Noah,Noah,Noah ed essere stressato,paranoico.

Non avrei mai immaginato di essere quel genere di fidanzato quando una sera litigammo perchè ero convinto che mi avesse tradito. Tutto perchè mi era sembrato che nell'ultima telefonata avesse una leggera fretta. Cosa che poi, era naturale con lo studio intenso che aveva e,invece di essere contento che riservava sempre qualche minuto a noi, non avevo capito cosa stava realmente facendo.
Quella sera urlò al telefono e fu anche ripreso dal controllatore del dormitorio.
Disse:"Il mio primo 'ti amo' sei stato tu ed adesso dubiti di me? Pensi che non abbia paura anche io? Ora sei là solo, nessuno sa che sei mio"
"In ogni piccola cosa si vede che mi manchi, che ho la testa solo verso una persona,te"
"Anche io"
Non seppi rispondere e lui fu costretto a chiudere.

La settimana dopo gli chiesi perdono, piangendo, e gli raccontai di come era stata dura pensare per sette giorni che fosse arrabbiato con me. Di come tutto fosse stressante. Ovviamente, faccemmo pace.

E quindi la vita per me andava avanti così, io che facevo i compiti con Renè perchè non riuscivo più riflettere, a concentrarmi. Nè in classe nè a casa.
Lei che mi accompagnava per i corridoi mentre io fissavo dalle finestre quelle stupide, idiote, nuvole grigie autunnali. Non le odiai mai così tanto.

Un giorno scappai lettaralmente da Renè per sciaquarmi la faccia in bagno. Ovviamente, sfigato come sono, ci ritrovai Derek.
In un primo momento ebbi paura e non notai il fatto che era completamente solo, non lo seguivano manco più i suoi tirapiedi, ma poi lui se ne andó ignorandomi e probabilmente ricordandosi di Noah.
E così mi diede un altro motivo per pensare a lui e,con la testa china, raggiunsi il terzo piano.
I primissimi giorni, lo avevo cercato qui. Ricordavo ancora quando ero entrato in un giorno di pioggia solo per vederlo, rischiando di essere visto e ripreso.
Aprii lo sgabuzzino e guardai il materasso dalla molle rotte dove lui era stato a disegnare o a dormire.
Mi sdragliai lì e cercai di sentire il profumo di Noah, ma era ormai sepolto nell'odore di vecchio.
Guardai le mensole.
Si era ripreso tutto quando si era trasferito da me, a Natale.
Sorrisi, e non capitava da giorni. Sorridevo perchè ricordavo ogni minima cosa di quella sera della vigilia di Natale. E anche di come la mattina dopo era scomparso per andare alla casa dei suoi.

E lì un pensiero, un lampo a ciel sereno, mi diede la forza di alzarmi e uscire prima da scuola.
A casa, cercai ovunque, tra i cuscini, i cassetti, gli scatoloni e poi alla fine lo trovai.
L'orsachiotto che mi aveva regalato Noah, quello che aveva deciso di darmi prima che scattasse la mezzanotte.

Piansi di gioia e mancanza allo stesso tempo. Lo abbracciai e lo tenni stretto a me, come se potesse riportarmi Noah accanto, per tutte le sere dopo.
Una notte,mentre lo tenevo stretto,risognai la prima volta che il grigio era venuto a casa mia, quando aveva accarezzato tutte le copertine dei film, aveva acceso la radio e si era poggiato sul letto.
Poi il mio pensiero tornò a pochi mesi fa, quando avevamo fatto per la prima volta l'amore e poi rifatto, rifatto, rifatto.
Dopo ricordai i disegni confusi che faceva in classe, le occhiate ostili, io e Renè che cercavamo di avvicinarlo.
E poi di nuovo quell'estate, piena di bagni e serate romantiche a guardare le stelle fuori o dalla finestra di un ristorante.
Di quando gli avevo raccontato del perchè amavo tanto le nuvole.

L'ultima telefonata prima di Natale, Noah mi raccontò una cosa che non mi aveva mai detto: anche se il college era un posto innovativo e senza uniforme, non poteva uscire per ritingersi i capelli.
"Te la mando io la tinta" dissi e ridemmo. Ma alla fine capii che dovevo rinunciarci.
E anche per questo, stetti peggio.

Incominciai ad essere pigro e noioso, a lasciare i vestiti a terra e a non raccogliere più le sporcizie del mio coinquilino.
Furono mesi di sbattimento sia per Alex sia per Renè che cercavano di distrarmi portandomi anche dai miei genitori, e devo amettere che mi piaceva stare con loro, fin quando non mi chiedevano di Noah.
"Perchè non passi il Natale qui con noi?"mi chiese un giorno mia madre.
"No non penso mamma, cioè magari vengo a pranzo e poi la vigilia voglio... stare a casa"
"D'accordo tesoro, come vuoi"

Via al countdown.
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La vigilia Alex partì per passarla dagli zii e René con lui. Credo si frequentassero ma, a quel tempo, avevo troppi pensieri per la testa per accorgermene. Ero egoista, egocentrico. E solo, tremendamente solo.

Mi appoggiai alla finestra, pensando all'ultima telefonata di Noah, ricevuta una settimana prima.
E mentre ero lì, a guardare la pioggia iniziare a cadere e la città piena di luci di festa -luci che,l'anno scorso avevo tanto amato, ma che quest'anno odiavo ed evitavo come la peste- vidi una sagoma scura farsi largo verso il palazzo.
Strinsi gli occhi e la sagoma alzò lo sguardo.
Quegli occhi...come potevo non riconoscerli.

Corsi come un matto scavalcando vestiti e carte di snack, facendo lo slalom tra i mobili e scendendo sulle scale. Non chiusi nemmeno la porta di casa.
Probabilmente rischiai di rompermi un braccio un paio di volte,ma non me ne importava niente.
Sarei potuto pure cadere e ruzzolare per i gradini, mi sarei rialzato.
Arrivai fuori, senza un ombrello, ancora in tuta, col fiatone.
Le gocce di pioggia gelate mi entravano dentro e mi colpivano con fredda ferocia.
Era come se stavano cercando di impedire la mia corsa e, allo stesso tempo, dimostrarmi che non era tutto un sogno.
Mentre sentivo le gambe cedermi ammiravo la sagoma che a sua volta si stava avvicinando correndo.

Mi buttai tra le braccia di Noah e lui mi circondó i fianchi.
"Sei qui! Sei qui!" urlai piangendo di gioia, stringendolo.
"Sono qui zuccherino" disse lui dopodiché mi alzo il volto e mi baciò.
Ci baciammo per minuti interi, sotto la pioggia, senza importarcene della mezzanotte scattata o del freddo o del fatto che potevamo ammalarci o peggio morire lì, congelati.
Che poi, morire mentre Noah mi baciava, non la vedevo come una disgrazia.

Era il nostro momento.
In quel bacio c'era la promessa di amarci per sempre, e ora sapevo che sarebbe stato così. Che avremmo superato tutti i problemi, come avevamo imparato a fare. Insieme.
Eravamo lo spettacolo più bello che chiunque potesse vedere sotto un temporale. E forse, le spettatrici erano proprio le nuvole.

Era la nostra pioggia di sentimenti, che cadeva con dolcezza su di noi e ci travolgeva piano.
Non era previsto che doveva arrivare,ma fu la più bella e unica della mia vita.







Fine







Che dire... non ci sono parole.
Questo finale non è perfetto forse, ma va bene così. Non mi interessa se è troppo lungo, noioso o forse doveva avere più particolari e descrizioni. Va bene così.
É la fine del mio primo "libro"-anche se in realtà io lo considero solo un insieme di parole nate da una testa piena di dubbi e pensieri strambi- e per me è perfetto.
Non vado tanto orgogliosa dei capitoli, sono una persona che non crede mai di aver fatto bene, neanche quando ci sono tanti testimoni. Peró sono soddisfatta, ho dato tutto quello che potevo dare. E so, che non finirà qui.
Ci saranno i ringraziamenti e non voglio allungarmi troppo,restate connessi ❤️

Rain of feelings  -Tematica GayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora