Capitolo ventisei

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Stavo pensando che forse non avrei dovuto mangiare con tanta lentezza il gelato, ora sciolto nelle mie mani.
E stavo pensando anche che non avrei dovuto mandare Alex a fare la spesa in quanto aveva comprato una sapone appiccicoso che mi fece sentire le mani anche più sporche di prima.
Poi ancora, stavo pensando che il sole non doveva aggredire così la povera città, stracolma di calore e incedi,vecchietti che si sentivano male e la tanta, insopportabile, delusione. Si perchè, per raggiungere il mare, si dovevano percorrere diversi kilometri e la gente era poco propensa a fare certe distanze con la tanta umidità.
Infatti Noah a giugno mi aveva portato alla sua piscina, la seconda volta in assoluto che ci entravo.
Non avevo vergogna, il problema era che non riuscivo a godermi niente.
Fu così tutto il primo mese estivo.

Anche se Noah era tornato ufficialmente a casa sua e aveva fatto appena in tempo a diplomarsi, aveva sempre voglia di uscire, di scappare da quella fantastica vita con aria condizionata per raggiungere il suo fidanzato dalle mani sporche in una casa umida e ancora vivente solo grazie ai ventilatori.

Come quel giorno che entrò e,indovinate, pensai. Pensai che era cambiato dalla prima volta che lo avevo visto: si vedeva la riscrescita dei capelli e,durante giugno, si era abbronzato. Aveva qualche muscolo accentuato e occhiali da sole sul naso.
Pensavo molto in quel periodo, da un'azione quotidiana come mangiare il gelato ad esempio, scaturivano altri pensieri, come germogli di idee e tristezze nella testa.
Non pioveva più e,in qualche modo dovevo arrangiarmi. Dovevo cercare di non piangere ogni notte perchè insomma, era patetico.
Tutto di me era patetico.

"C-ciao" dissi solo, sentendomi in soggezione per la mia pallida pelle e il corpo scheletrico.
Io ero rimasto quello di sempre.
"Oggi andiamo a mare"
"È lontano"
"Con lo yacht"
"Mi vergogno a spogliarmi davanti la tua famiglia"
"Saremo solo noi due"
"Non ho il costume"
"Stai in mutande"
"Non starò in mutande con te presente"
"Già lo sei stato, qual'è il problema", ammiccò.
"Ma perchè questa cosa improvvisa?"
"Voglio fare colpo su di te"
"Già lo hai fatto, il primo giorno"
"Allora voglio sorprenderti"
Sospirai:"Va bene"

E quindi andommo sullo yacht che, tra parentesi, era il luogo in cui ci eravamo ufficialmente fidanzati.
Percorremmo il mare con il sole alto sopra di noi. Ci abbracciavamo di continuo, avvingati alla convinzione che non ci saremmo mai lasciati.
"Ti vedo sempre più freddo" mi disse lui ad un certo punto e sentii le sue dita accarezzarmi la pancia.
"Ho solo paura"
"Di che cosa?"
"Che tutto questo finisca"
"Anche io"
E restammo lì in silenzio, a volte a baciarci, a volte a guardare il mare.

Arrivò agosto e Alex partì per andare a trovare i sui zii.
Mi ritrovai all'improvviso da solo in casa e Noah insistette per stare lui con me.
Due settimane.
Quando Alex tornò, Noah partì per organizzarsi al collage.
Ovviamente tornava spesso, ma il tempo stringeva e mi rendevo sempre più conto che non mancava molto a settembre.
Un giorno, mi azzardai dicendogli di restare. Lui mi guardò e mi chiese di venire con lui.
Entrambi sapevamo che quelle opzioni non erano possibili.

E poi arrivò settembre e quel maledetto giorno mi rifiutai di alzarmi dal letto.
Erano le 7:00 di mattina e probabilmente Noah stava salutando i suoi.

"Ethan svegliati, tra poco Noah verrà qua" urlò Alex a mo di sveglia.
Non lo ascoltai.
Aspettai fino a quando non sentii rumori di porte e l'arrivo di Noah in camera.
Alzai la testa per guardarlo.
Avevo le lacrime agli occhi ed ero distrutto. Il grigio corse accanto a me e mi abbracciò.Saremmo stati forse venti minuti o trenta minuti o un'ora intera, così.

Tutti prima di un addio fanno discorsi strappa lascrime o almeno, lo dicono l'addio. Noi no, fummo solo avvingati l'un l'altro, le mie lacrime sulla maglia di Noah.
Non lo so perchè ero convinto che sarebbe finita male, forse avevo solo il dubbio che lui trovasse di meglio. E il meglio c'era. Era ovunque.
Poi Noah disse: "Ethan devo andare"
Annuii e mi staccai.
"Vieni con me in stazione?"
Scossi la testa. Non ce l'avrei fatta.
Gli vidi la delusione in volto ma capì e non mi disse niente. Solo "ti amo" prima dell'ultimo bacio. Chiuse la porta.

"Anche io".

Rain of feelings  -Tematica GayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora