Capitolo quattro

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"Che cosa guardi di preciso?" mi chiede Alex lanciandomi un cuscino.

Ritornato da scuola, ho mangiato della pizza surgelata con il mio migliore amico e dopo mi sono appostato in piedi davanti la finestra.

Non só perché, mi andava soltanto.

"Le nuvole" rispondo con un sospiro.
Sono ancora grige come quelle di stamattina.
Prima o poi dovrà piovere e io sarò qui per vedere le gocce che iniziavano a scendere appoggiandosi sulle macchine, gli edifici, le strade.

"Sicuro di stare bene?" continua Alex raggiungendomi.

Indossa una maglietta nera a maniche corte con un pantalone del pigiama a pois blu e gialli.

Per la millesima volta, mi chiedo come sia capace di conquistare le ragazze in discoteca.

"Si, è solo che oggi ho conosciuto questo ragazzo,si chiama Noah e..."

"Ti piace" conclude Alex con un sorriso, andando poi in cucina.

"Cosa? No! Scherzi?" esclamo correndogli dietro.

Lo trovo che sorride mentre si prepara una cioccolata calda.

Non fa molto freddo, ma Alex è sempre stato uno fuori dagli schemi.

Ama prepararsi le cioccolate calde, anche se siamo ancora a metà novembre. O indossare vestiti estivi, anche se è inverno.

"Bhe allora, perché pensavi a quel ragazzo?"

"Niente, mi ha semplicemente incuriosito. É strano, si sta per i fatti suoi, non parla con nessuno, si veste sempre di nero..." spiego portandomi i capelli all'indietro con le dita.

"Allora è come te!" esclama Alex ridendo e iniziando a bere la cioccolata.

"Idiota. Se mi facevi finire, stavo dicendo che sembra anche spavaldo, come se fosse capace di partecipare a qualsiasi rissa da un momento all'altro.Ti guarda storto, i tuoi occhi ti penetrano..."

"Potrebbe essere un vampiro"

"Finiscitela!"

"Va bene, va bene" finisce ridendo e uscendo dalla stanza.

Sbuffo e torno in soggiorno.

Guardo con la coda dell'occhio la finestra.

Ha iniziato a piovere.

Sospiro e vado verso il vetro.

Fissando il cielo, penso a quanto Noah sia simile ad una nuvola temperalesca.
E non solo per il grigio.

Lui è silenzioso,bello,misterioso, bravo a intimorire solo con uno sgaurdo, capace di scavarti dentro con gli occhi.

Chissà se dopo un po' cede, ributtando tutta la sua angoscia sugli altri, la sua pioggia di sentimenti.

Oppure scoppia e fa rumore.

Un temporale, capace di travolgere tutti.

Quanto a me, ero pronto per farmi travolgere.

Lo capii molto più tardi naturalmente, allora non ero ancora riuscito a capire l'importanza di tutto quello.

Per il momento, era insensato pensarlo visto che ci avevo scambiato solo pochissime parole.
Eppure ero lì,come tanti giorni che vennero dopo, ad immaginarlo mentre disegnava frettolosamente o camminava con il capuccio calato per le strade bagnate dalla pioggia.

Mi chiedevo, stupidamente, se anche lui guardava le nuvole.

Quella stessa sera mi addormento come un sasso e faccio un incubo.
Sogno di essere a casa mia, con i miei genitori.

Gli sto raccontando come è andata la giornata a scuola, tralasciando le battutine idiote di chi aveva capito che ero gay e i prof anziani che mi guardavano storto.

Mia madre mangia tranquillamente, ascolta il mio discorso ma non parla.
Era sempre così,preferiva vedermi riflettere per conto mio, sorridere come se stessi parlando da solo.
Forse, voleva insegnarmi qualche strana lezione sul "soli è meglio!" o forse in realtà non glie ne importava molto, chissà.

Papà guarda il telegiornale lanciandomi qualche volta sguardi perplessi.
Ogni volta pensavo che volesse che alzassi la voce, in modo da sentire anche lui il discorso.
In realtà stava soltanto incominciando a notare i miei cambiamenti.

Che poi in realtà non stavo cambiando, non stavo diventando più femminile, semplicemente stavo incominciando a piacermi, ad accettare quello che ero.
Poi è successo quello che è successo, e sono caduto di nuovo nelle mie insicurezze.

"Mamma, papà, devo dirvi una cosa" dico cercando la lora attenzione.
Loro si girano all'istante, fissandomi con i loro occhi seri e un po' stanchi.
"I-io.."

"No! Non farlo!" grido,svegliandomi di sopprasalto.
Ci metto un po' a capire dove sono e sospiro.
È mattina e devo iniziarmi a preparare.
Mi metto le mani nei capelli e sbadiglio.

Rivivo spesso quel famoso pranzo nei miei incubi e nei miei momenti di depressione.
Ogni volta, è peggio della prima.

Decido comunque di non pensarci e di alzarmi per fare colazione.
C'è la scuola e ho un vuoto di curiosità in sospeso con un ragazzo dai capelli grigi, che devo assolutamente colmare.

Rain of feelings  -Tematica GayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora